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A.R.T.E.: IUl ritratto nel seicento
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De: primula46  (Mensaje original) Enviado: 20/03/2011 18:29
 

IL RITRATTO NEL SEICENTO





Fu il verbo pittorico di Tiziano a fecondare la creatività seicentesca per il ritratto. La lezione del grande Vecellio realizzò veri e propri capisaldi della ritrattistica europea che divennero il seme per lo sviluppo del secolo successivo. Non si possono infatti immaginare le vesti papali nel Ritratto di Innocenzo X di Velazquez senza la lezione coloristica del tocco di velluto che Tiziano mise indosso a Pietro l'Aretino.



Diego Velazquez, Ritratto di Innocenzo X, Galleria Doria Pamphilj.
Realizzato nel 1650, il dipinto mostra come il pittore spagnolo abbia assimilato perfettamente la lezione di Tiziano, soprattutto per quanto riguarda il sapiente uso dei colori.


Sono i contrasti repentini di colore, tutto giocato sulla tonalità del rosso, a dare, nell'un caso e nell'altro, il senso di una stoffa che vien voglia di toccare. Del resto non è neppure possibile pensare ai capolavori di van Dyck senza passare per la lezione di Tiziano, anche se qui la relazione si fa scoperta perché il grande fiammingo era stato allievo di Pieter Paul Rubens, che al maestro veneto aveva guardato con interesse e umiltà.



Anton van Dyck, Carlo I d'Inghilterra, Louvre, Parigi.
Si tratta di una delle opere (datata 1635) dedicate al sovrano britannico dall'artista fiammingo. La scena non è dominata unicamente da Carlo I, che si trova vicino ai suoi servitori e al suo cavallo.



La lezione di Tiziano si perpetua anche nelle scelte meno appariscenti, a cominciare da quelle che aveva sperimentato nel Ritratto di Carlo V a cavallo, vero e proprio modello di riferimento tanto per Velazquez con il suo Flippo IV a cavallo, quanto per van Dyck con il suo Carlo I a cavallo, conservato alla National Gallery di Londra, dove il sovrano è in armatura come il suo modello, per così dire, veneto-spagnolo. Solo che qui, a ben guardare, c'è un particolare in più, che è la spia della vera novità: il famiglio che, timidamente, quasi nascosto, come a teatro entra in scena dalla quinta di destra per offrire al sovrano l'elmo, l'unico pezzo mancante della sua scintillante armatura.





La trovata è geniale perché giustifica senza alcuna forzatura il motivo per cui Carlo I ha il volto scoperto. Così, non lo mostra perché sta in posa (come in effetti è), ma perché il servitore ancora non gli aveva portato l'elmo. Una volta indossatolo, ecco che si può partire per la guerra o per la caccia o per una parata.

Come in un dialogo con lo spettatore

Difficile pensare a tutto questo senza Tiziano, perché è l'artista veneto, con il ritratto di Carlo V con il suo cane preferito a introdurre in quello che era ormai divenuto un vero e proprio genere pittorico, la dimensione della quotidianità e dell'immediatezza, spazzando via quel rigido stare in posa per farsi ritrarre. Lo farà anche Rubens con quel Ritratto di Giovan Carlo Doria a cavallo in cui l'artista di Anversa introduce la novità della posa frontale, del tutto inconsueta, grazie alla quale il protagonista entra in immediato contatto con lo spettatore verso il quale avanza in maniera quasi incalzante. Una lezione, questa, che non potrà sfuggire allo stesso van Dyck, allievo prediletto di Rubens, che utilizza la stessa soluzione in un altro dei numerosi ritratti di Carlo Stuart d'Inghilterra, quello conservato al museo Louvre di Parigi, che mostra Carlo I con monsieur de Saint- Antoine, lo staffiere del re. Anche qui, perciò, un momento di vita quotidiana, sebbene con i tempi e i modi di un re che, però, si atteggia a borghese. Per questo, da van Dyck, che era stato nominato suo pittore ufficiale, si fa ritrarre mentre va a caccia. Sceso da cavallo, vestito con sobrietà, mentre lo staffiere si prende cura dell'animale e un famiglio tiene il manto piegato, si avvia al diporto lanciando un'occhiata a noi poveri mortali che non potremmo mai stare al suo passo.



Jan Vermeer, Ragazza con l'orecchino di perla, Mauritshuis, L’Aja.
Realizzato intorno al 1665, il quadro, dallo stile fortemente innovativo, colpisce per l'intensità e la sensualità dell'espressione della ragazza.


Un nuovo pubblico

Fin qui abbiamo visto come la grande pittura di allora sapesse ammorbidire l'idea stessa del ritratto ufficiale, facendone un esercizio intelligente in grado di raccontare abitudini, preferenze, pregi e qualità del sovrano o del potente di turno, contribuendo a renderne l'immagine più familiare. Tuttavia, nel Seicento, il processo che era iniziato con il Rinascimento si era andato consolidando, sicché la classe mercantile e borghese si era fatta largo nella struttura sociale acquisendo larghe fette di potere che un sovrano attento e lungimirante come Luigi XIV aveva prontamente concesso, ottenendo in un colpo solo due risultati: circondarsi di persone competenti e preparate e limitare la sete di potere della nobiltà che doveva, nella gabbia dorata di Versailles, preoccuparsi soltanto del proprio sovrano, dei suoi capricci e del suo guardaroba. Per questo il genere del ritratto si estese a un pubblico considerevolmente ampio e, a maggior ragione, in un Paese come l'Olanda che nella classe mercantile e borghese trovava la propria pietra angolare. Si capisce allora perché un pittore come Rembrandt aveva fatto una scelta diversa rispetto a quella dei suoi due illustri conterranei, Rubens e van Dyck, che viaggiarono per mezza Europa: rimanere nella propria terra.



Frans Hals, Ritratto di Nicolas Hasselaer, Rijksmuseum, Amsterdam, dipinto tra il 1630 e il 1635.

Gli aggiornamenti che venivano dall'Italia gli giungevano ugualmente attraverso stampe e altri artisti, come per esempio Frans Hals, che si era formato ad Anversa in ambiente manierista e che, dopo aver guardato a Rubens, si stabilì ad Haarlem proprio per soddisfare il mercato del ritratto borghese. Si può infatti dire che quella fiamminga e olandese, nel Seicento, fosse una civiltà del ritratto che fece di questo genere artistico il fulcro intorno al quale ruotava la creatività degli artisti.



Diego Velàzquez, Ritratto dell'infanta Maria Margherita, Louvre, Parigi,
effettuato quando la bambina aveva tre anni.



Il ritratto, infatti, nell'Olanda del Seicento fu il genere che meglio soddisfaceva le aspettative dei singoli e dei gruppi economici e militari. Non c'era compagnia militare che non commissionasse il suo bravo ritratto di gruppo, con tanto di bandiere e tavola imbandita. Frans Hals ne divenne specialista e fu sicuramente il pittore più richiesto fin quando non irruppe sulla scena il Rembrandt maturo.

Il ritratto di gruppo

Hals, infatti, fu il promotore del ritratto di gruppo che coinvolge tutti i personaggi, mettendoli in posa come in una foto di gruppo ante litteram. Si pensi al Banchetto degli ufficiali della guardia civica di San Giorgio ad Haarlem del 1627.

Tuttavia, la sensazione che si prova entrando al Rijksmuseum di Amsterdam, quando si è costretti (visto che ci si passa davanti) a paragonare le opere di altri artisti secenteschi che riprendevano i componenti delle varie compagnie militari con la Ronda di notte di Rembrandt è questa: è come se si avvicinassero delle foto realizzate in studio con tanto di fondale e di riflettori, con una bellissima istantanea, Il capolavoro di Rembrandt pulsa di vita: i bambini corrono, gli archibugieri sbirciano in lontananza, i soldati vociano, la gente guarda incuriosita e il capitano Frans Banning Cocq sta lì piantato in mezzo, col braccio teso, a presentare la compagnia che il suo luogotenente Willem van Ruytemburg, con il bianco cappello piumato e la splendida gorgiera decorata, è pregato di mettere in riga.



Rembrandt , Harmenszoon van Rijn, Ronda di notte- Rijksmuseum, Arnsterdam, del 1642.

Le altre opere paiono immagini smorte di persone che quasi non hanno anima, tanto è evidente l'artificio della posa e la sua premeditazione, Rembrandt, infatti, rivoluzionò l'idea del ritratto di gruppo restituendo a ciascuno il suo ruolo reale senza mortificarlo dietro un tavolo con le bandiere per il momento solenne del brindisi. Eppure anche Rembrandt ha affrontato il tema delle persone collocate intorno a un tavolo, ma - come al solito - la soluzione proposta è di ben diverso livello. Si pensi ai Sindaci dell'arte della lana che vollero farsi ritrarre dall'artista affinché la loro gilda, quella dei drappieri, che di norma documentava le fattezze dei propri amministratori, con questa commissione dimostrasse il proprio prestigio. Bene, cosa avrebbe fatto qualsiasi altro pittore, se non mettere i sindaci seduti uno accanto all'altro e ritrarli con le insegne adatte e qualche scritta per definire ruoli e competenze? Rembrandt, invece, affida alle mosse e agli atteggiamenti il compito di svelare rispettivamente i ruoli, senza bisogno di didascalie. L’artista ci fa entrare nel bel mezzo di una riunione di lavoro. I sindaci, nella loro ricca sede, il Saalhof della Staalstraat, stanno discutendo del controllo dei tessuti. Così, procedono all'esame dei campioni di stoffa tenuti in mano, forse da Jacob van Loon, seduto all'estrema destra del gruppo. Sul tavolo, è aperto il libro delle valutazioni e tutti sono intenti a discutere, e poi arriviamo noi, …a disturbare. Sono cose delicate e non si entra senza bussare…Allora tutti si fermano, anzi qualcuno si alza e, un po' indispettito, fa per venirci incontro con aria inquisitoria. Si crea un tempo sospeso che è quello di un'istantanea fotografica che ha colto tutti di sorpresa.
La genialità di Rembrandt, in questo caso, è tutta qui e non è poco perché, voltandoci indietro, non facciamo fatica a vedere quanta strada sia stata percorsa dalle rigidità del primo Rinascimento. Adesso gli uomini dei ritratti, per poco, non escono dai quadri…



Harrnenszoon van Rijn - Rembrandt, Sindaci dell'arte della lana, Rijksmuseum, Amsterdam.
Il pittore olandese, che realizza quest' opera nel 1662, ci fornisce una sorta di istantanea dei soggetti in questione, ritratti in una riunione di lavoro. Sembra quasi che lo spettatore interrompa improvvisamente il loro dialogo.




Banchetto degli ufficiali 1616 FRANS HALS MUSEUUM, HAARLEM

IL MOMENTO è conviviale e l'atmosfera che si respira è quella dei vecchi compagni d'arme che si sono messi in posa per lasciarsi ritrarre intorno a una bella tavola imbandita dove, fino a un attimo prima, si stava gozzovigliando allegramente. Il titolo completo dell'opera è Banchetto degli ufficiali della Milizia civica di San Giorgio ad Haarlem.

LA RICERCA dell'ufficialità è testimoniata dall'abbigliamento, che è certamente quello delle occasioni importanti, se non proprio di gala. Bandiere, cappelli piumati e fasce trasverse che cingono il petto la dicono lunga sul desiderio di presentarsi in pompa magna per questo eccellente ritratto collettivo.

L'IDENTIFICAZIONE dei personaggi è lasciata alla documentazione del periodo fra il 1612 e il 1616, quando anche l'artista faceva parte della medesima compagnia. Non tutte le identificazioni sono certe, ma alcune sono affidabili, come quelle degli alfieri, i militari con la bandiera, che sono tre: Jacob Corneilszoon Schout, sullo sfondo, mentre Gerrit Corneilszoon Vlasman e Boudewijn van Offenberg sono le persone sulla destra.
Ritratti di questo tipo, con le bandiere della compagnia e tutto quanto potesse rendere facilmente riconoscibile il contesto e i singoli personaggi, venivano commissionati per la memoria della Milizia civica e avevano il valore delle attuali foto ricordo.



Ritratto della regina Maria Enrichetta 1632 ca.
MUSEI CIVICI DEL CASTELLO SFORZESCO, MILANO


È uno dei numerosi ritratti che, per volontà di Carlo I d'Inghilterra, van Dyck, divenuto praticamente pittore ufficiale del sovrano inglese, dedicò alla di lui consorte Maria Enrichetta. Era questa la figlia del re di Francia, sposata a Canterbury il 13 giugno 1625.

QUESTO RITRATTO a figura intera è l'intelligente compromesso fra un'immagine ufficiale, cui allude la corona posata su un tavolo coperto da uno splendido velluto azzurro, e il ritratto colloquiale che mostra la sovrana in un atteggiamento naturale e immediato, come se qualcuno l'avesse chiamata proprio quando stava per mettersi in posa.

IL FONDO SCURO esalta tutta la figura ed evita "distrazioni": lo sguardo, infatti, viene concentrato esclusivamente sulla sovrana, la cui condizione regale è discretamente testimoniata dalla corona, quasi un soprammobile, che ritroviamo in molti altri ritratti di Maria Enrichetta realizzati da van Dyck.

NON SI PUÒ NON SOTTOLINEARE la sapiente scelta dei colori compiuta dall'artista, che si preoccupa di bilanciare il giallo ingombrante del vestito di luminosissimo raso, con la tenda del medesimo colore, con il fondo scuro e con il panno di velluto azzurro che copre il tavolo a destra.



Velazquez - LAS MENINAS, particolare 1656 – Prado, Madrid

Il titolo è in portoghese e significa "le damigelle d'onore". La scena si riferisce al momento della posa dei sovrani nello studio dell'artista e l'infanta Margarita, che ha cinque anni, viene ad assistere accompagnata dalle damigelle d'onore.


TRA I PROTAGONISTI della scena c'è sicuramente anche l'artista che, a sinistra, si sporge dalla tela per guardare Filippo IV e Marianna d'Austria. Sono loro, infatti, le persone che Velazquez è chiamato a ritrarre. l'originalità del quadro è proprio nel ribaltamento del tradizionale punto di vista: in questo dipinto, infatti, ciò che lo spettatore osserva è l'immagine vista da chi viene immortalato (i sovrani in posa), e non viceversa, come accade normalmente.

LA GRANDE TELA di Velàzquez appare come un gioco degli specchi e la sapiente commistione di ritratti che vanno da quelli di Filippo IV e consorte, riflessi nello specchio sullo sfondo, a quelli delle fanciulle protagoniste della scena. Sono queste che vengono a curiosare per vedere il pittore all'opera, mentre si accinge a ritrarre i sovrani che si trovano virtualmente al nostro posto, sull'altro lato della stanza.

Fonte: I grandi temi della pittura
Ricerche e impaginazione di Grazia


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Respuesta  Mensaje 2 de 2 en el tema 
De: Tony Kospan Enviado: 21/03/2011 10:27
Davvero bei post... questi tuoi sull'Arte...
 
Grazia...
 
Complimenti...
 
Isaac Newton
 
Ciaooooooooo
 
 


 
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