Il ritratto nel Settecento
Rosalba Carriera, Ritratto di Barbara Campanini. Londra, Walpole Gallery.
Il Settecento, che sul piano storico si aprì con il trionfo dell'assolutismo monarchico di Luigi XIV e terminò con la rivoluzione francese e le conquiste di Napoleone, fu un secolo di profondi mutamenti politici, sociali e culturali. In arte, per tre quarti del secolo, s'impose lo stile rococò, che interpretando in chiave raffinata e leziosa la ricerca di ritmi dinamici tipica del Barocco ne sviluppò le premesse in un linguaggio autonomo, nel quale prevalse il gusto per l'ornamento e la decorazione.
Hyacinthe Rigaud, Ritratto di Luigi XIV, Uffizi, Firenze. È uno dei vari quadri dedicati dall'artista francese, ritrattista di corte, al suo re, che propugnava l'assolutismo e voleva quindi che venisse esaltata la sua figura.
Il termine - derivato da un'alterazione scherzosa della parola francese rocalle (conglomerato di conchiglie) - indicò quel gusto per la decorazione rustica dei giardini, già nota dal Manierismo, realizzata mediante l'imitazione appunto di elementi naturali quali grotte, rocce, incrostazioni di conchiglie, stalattiti, ecc. Ma, se inizialmente fu applicata negli spazi esterni, si pensi al cinquecentesco giardino di Boboli a Firenze, gradatamente venne trasferita nella decorazione interna degli edifici, grazie anche all'uso dello stucco, che permise di creare leggeri e graziosi festoni, volute bizzarramente intrecciate, e altri suggestivi "capricci".
François Boucher, La marchesa di Pompadour, Louvre, Parigi. Il dipinto, eseguito nel 1756, è uno dei sette dedicati dall'autore a questo personaggio, con lo stile tipico del "ritratto borghese" del XVIII secolo.
Il ritratto borghese
Questa leggiadria, tipica del Rococò, si trasferì naturalmente anche nel genere del ritratto, soprattutto durante il regno di Luigi XV presso la cui corte fu François Boucher il pittore di maggior rilevanza. In particolare, fecero epoca i ritratti della marchesa di Pompadour, come, per esempio, quello del Louvre, nel quale la marchesa è ritratta in tutta la sua magnificenza, appoggiata al ricco camino di casa, con la libreria alle spalle che vuole qualificarne la statura intellettuale. Secolo complesso e tutt'altro che monocorde, anche nell'ambito della ritrattistica, vide svilupparsi poetiche diverse per soddisfare le differenti esigenze dell'epoca. Il processo di consolidamento della classe borghese, iniziato già da tempo e sviluppato, come si è visto, nel corso del Seicento, trovò compiutezza e sanguinoso suggello nella rivoluzione francese. Le arti figurative non poterono che seguirne le fasi offrendo una consistente schiera di artisti i quali produssero quello che, senza tema di smentita, possiamo definire il ritratto borghese. Fu un fenomeno generalizzato, come lo fu quello sociale della borghesia, che travalica i confini di questa o quella nazione. Così, se la Francia può fregiarsi del genio di un pittore come Jean-Baptiste Siméon Chardin, che seppe cogliere la magia del quotidiano e delle piccole cose insieme all'altro grande artista che risponde al nome di Liotard, l'Italia contribuì al genere del ritratto con nomi di pari valore. L’attenzione alla classe media, come pure a quella meno abbiente da parte di Giacomo Ceruti, meglio noto come il Pitocchetto, ebbe, oltretutto, il valore di una testimonianza diretta sugli usi e i costumi di un'epoca, fissati nell'eternità del ritratto dal pittore bresciano. Infatti, il genere abbandonò gli alti sonanti paludamenti barocchi per abbracciare uno stile sobrio, in grado d'interpretare la realtà quotidiana senza infingimenti, anche per i ritratti dei nobili.
Jean-Baptiste Siméon Chardin, Ritratto di Auguste Gebriel Godefroy, Louvre, Parigi, realizzato nel 1738.
È il caso del Ritratto del conte Giovanni Secco Suardo, che si lascia riprendere dal pittore bergamasco Vittore Ghislandi, meglio noto come Fra' Galgario, in quanto appartenente alla Congregazione dei Paolotti, in un momento, diremmo oggi, di relax, senza parrucca e con la giubba slacciata.
Sir Joshua Reynolds, Ritratto del Commodoro Augustus Keppel, National Maritime Museum, Greenwich, particolare. L’artista inglese, tra i massimi rappresentanti della ritrattistica anglosassone dell'epoca, si ispira spesso ai modelli classici, come in quest'opera del 1753-1754, dove il protagonista è ritratto con una posa che richiama l'Apollo del Belvedere.
Sulla stessa falsariga si esprime il pittore e incisore svizzero Jean-Étienne Liotard. Maria Adelaide di Francia vestita alla turca, Uffizi, Firenze, che nel 1753 dipinge un'opera che esalta, con grande gusto, il piacere della lettura.
Una rivoluzione oltreoceano
Tuttavia, la novità del ritratto borghese non fu appannaggio soltanto della cultura europea in senso stretto, I neonati Stati Uniti d'America, frutto di quella rivoluzione che aveva affrancato le colonie inglesi del nuovo continente dalla dipendenza della madrepatria, figli della cultura protestante, vedevano nel ritratto l'unico genere d'arte possibile, visto che lo scopo era quello di perpetuare la memoria delle persone. Naturalmente, con il tempo, questa posizione divenne più elastica, ma il ritratto rimase comunque un tema privilegiato che, accanto a quello celebrativo, dedicato ai grandi della nuova nazione come George Washington, vide lo sviluppo di quello borghese, con artisti d'eccellenza, formati nelle accademie europee, come John Singleton Copley, Benjamin West e George Catlin, che si dedicò soprattutto al ritratto dei capi indiani delle tribù pellerossa.
George Catlin
Il punto di riferimento per la gran parte di questi artisti rimaneva comunque la Gran Bretagna e, in particolare, Londra e i principi della Royal Academy, come Thomas Gainsborough e sir Joshua Reynolds.
Fra' Galgario, Ritratto del conte Giovanni Secco Suardo col servo, Accademia Carrara, Bergamo. L’opera fu realizzata intorno al 1720. Il nobile viene ritratto senza nessuna enfasi, perché quel che si vuole emerga, sono le qualità umane e morali.
La cultura inglese, con il recupero della poetica architettonica di Palladio, non ebbe una vera stagione neoclassica, che però, paradossalmente aveva finito per anticipare. Le forme palladiane, infatti, erano quelle che, prendendo le mosse dagli insegnamenti degli antichi Greci e dei Romani, meglio delle altre si prestarono a interpretare la classicità in termini moderni. Una tendenza che ritroviamo anche nel ritratto, come dimostra, per esempio, il celebre Ritratto del Commodoro Augustus Keppel che, sebbene dipinto da Sir Joshua Reynolds nel 1753-1754, ossia ben prima della fioritura neoclassica, nonostante il ricco vestito settecentesco, le polpe e il panciotto, prendeva come riferimento per la posa nientemeno che l'Apollo del Belvedere. Nella sensibilità britannica, infatti, andavano di pari passo natura e Classicismo, perfettamente integrate nel giardino cosiddetto "all'inglese", radice del pittoresco e del futuro Romanticismo, dove le bellezze naturali e i ruderi del mondo antico dialogavano insieme. Per questo, il Ritratto di John Stapies è dipinto dal lucchese Pompeo Batoni sullo sfondo di un rigoglioso paesaggio, accanto ai resti di un tempio e alla celebre statua del cosiddetto Marte Ludovisi.
William Hogarth, Venditrice di gamberi, National Gallery, Londra, del 1740.
Le numerose sfumature del ritratto
La novità del secolo fu la diffusione della caricatura, che si presentava come interpretazione originale del ritratto. Non che prima il genere non esistesse, si pensi a certi disegni di Leonardo e ai ritratti ironici e icastici di Bernini, ma adesso prendevano piede artisti, per dir così, specializzati, come l'italiano Pierleone Ghezzi, il cui inchiostro (si tratta, nella gran parte, di disegni e incisioni) non risparmiava nessuno degli esponenti della società e della nobiltà papaline. Non si creda, però, a un caso isolato perché, all'estero, emersero artisti del calibro di William Hogarth che "ritrasse" con ironia le contraddizioni della società dell'epoca, prendendo spunto da vicende reali che l'artista trasfigurava in grottesche situazioni, come quelle che coinvolgono un certo Lord Squanderfield (to squander vuoi dire "dilapidare") e sua moglie, personaggi fittizi cui dedicò la celebre serie intitolata Il matrimonio alla moda. Hogarth affronta anche il genere del "ritratto nascosto", come nel caso della Venditrice di gamberi, dove il modello scelto è reale, ma l'artista vuole fare pittura di genere, non ritratto. Infine, non si possono dimenticare Angelika Kauffman e Rosalba Carriera.
Rosalba Carriera, Ritratto di Caterina Barbariga, Gemaldegalerie, Dresda, risalente al 1741 circa.
A quest'ultima si deve lo sviluppo e il successo del pastello, Ne è un bell'esempio il Ritratto di Giovinetto del 1726, che recupera un primo piano di quattrocentesca memoria. La Carriera influenzerà la ritrattistica francese e inglese che, imitandola, adotteranno la sua tecnica. La Kauffmann, vissuta a lungo in Italia, entrò a far parte dell'Accademia di San Luca e, su questo modello, contribuì alla fondazione della Royal Academy. Come ritrattista, si adoperò per la diffusione del Neoclassicismo, i cui ideali condivideva con l'amico Winckelmann.
Hogarth - Ritratto di David Garrick nei panni di Riccardo III 1747 Walker Art Gallery, Liverpool
In assenza di altre possibilità per immortalare i momenti salienti della propria carriera, gli attori di grido come Garrick erano soliti incaricare gli artisti della realizzazione di un loro ritratto nelle vesti del personaggio che aveva avuto i maggiori consensi. ATTORE, DRAMMATURGO E PRODUTTORE TEATRALE, Garrick è considerato il più grande interprete del teatro inglese del Settecento. Osannato dalla critica che ammirava una recitazione non più meramente declamatoria, ma tesa alla veritiera rappresentazione di sentimenti e stati d'animo, Garrick fu ritratto dai più grandi artisti dell'epoca, da Gainsborough a John Dixon. HOGARTH RITRAE GARRICK nella scena madre della tragedia di Shakespeare, quando cioè Riccardo III si vede circondato dagli spettri di coloro, inclusa sua moglie, che ha spietatamente ucciso per raggiungere il trono. Il Riccardo III fu il primo grande successo nella carriera teatrale di Garrick. SI NOTI LA GRANDE ABILITÀ di Hogarth nel sovrapporre in un'unica figura questo "doppio ritratto", che riesce a comunicare, da una parte, la drammaticità della scena con un Riccardo III terrorizzato prima della battaglia decisiva che lo vedrà sconfitto e, dall'altra, di riflesso, riesce a trasmettere tutta la qualità della recitazione di Garrick.
Kauffman - Ritratto del conte Joseph Johann Fries 1787 HISTORISCHES MUSEUM, VIENNA Nel suo Viaggio in Italia, Goethe scriveva: «Il conte Fries fa molti acquisti ... », e si trattava di acquisti d'arte. Appassionato collezionista, Joseph Johann Fries, nel corso della sua breve vita, divenne una delle personalità culturali di spicco dell'epoca. TUTTO IL DIPINTO è impostato come una celebrazione delle convinzioni culturali del conte, che si trova inquadrato fra il gruppo canoviano del Teseo, su cui poggia la mano, e una colonna scanalata, simbolo per eccellenza dell'antico e della classicità. A essere pignoli, però, bisogna rilevare che l'opera di Canova è alta quasi un metro e mezzo, sicché, verosimilmente, quello rappresentato è il bozzetto. SULLO SFONDO l'artista ha collocato uno degli acquisti più importanti, se non il più importante, messo a segno dal conte, quello del gruppo marmoreo di Canova dedicato al Teseo e il minotauro, oggi conservato presso il Victoria&Albert Museum di Londra. L'opera entrò a far parte della collezione del conte nell'anno in cui venne dipinto questo quadro. QUANDO ANGELIKA KAUFFMANN lo ritrasse in quest'opera, il conte aveva appena ventidue anni, ma era già alla conclusione della sua esistenza, visto che morirà l'anno dopo, nel suo castello di Voslau, lontano da quella Roma che tanto aveva amato.
Fonte: I grandi temi della pittura Ricerche e impaginazione di Grazia
continua...
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