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A.R.T.E.: Il ritratto nell ottocento
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De: primula46  (Mensaje original) Enviado: 04/04/2011 13:02

 

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Francisco Goya, La regina Maria Luisa, Palazzo Reale, Madrid.
In un periodo in cui è la classe borghese a essere immortalata nelle varie tele, fa eccezione l'artista spagnolo, che diventa il ritrattista ufficiale della Corte di Spagna.


La storia del ritratto moderno, dal Quattrocento in poi è strettamente legata alla crescita della classe borghese. Con l'Ottocento, questo rapporto divenne sempre più solido, tanto che mentre i ritratti della nobiltà furono l'eccezione (salvo la corte di Spagna, interpretata da Goya), quelli della borghesia finirono per essere la norma e fra questi, di certo, rappresentativo è il Ritratto di Monsieur Rivière, dipinto nel 1805 da Jean-Auguste Dominique Ingres, quando la classe borghese era tutta intenta a promuovere la propria immagine. Non per nulla, questo di Monsieur Rivière può essere considerato il manifesto della borghesia che si esibisce al mondo.

 


Due opere di Jean-Auguste Dominique Ingres conservate al Louvre, che celebrano due coniugi, autorevoli esponenti della borghesia francese: Madame Rivière (a sinistra) e Monsieur Rivière (a destra).

L’accuratezza di Ingres finisce per diventare simbolo e metafora, a cominciare dal vestito, elegante, ma sobrio, portato con disinvoltura e senza ostentazione. Anche la pettinatura è studiata: composta, sa ancora di stile Impero e già prelude al Romanticismo. Tuttavia, la vera dichiarazione d'intenti sta nell'ambientazione e negli oggetti che appaiono nel ritratto. Quelli personali, come l'orologio, che sottolinea la modernità e la voglia di progresso che sarà una delle caratteristiche della borghesia, e l'anello che mima la nobiltà senza averne titolo ma, nel contempo, esibisce una palese prosperità economica. Gli oggetti dello studio e prima di tutto lo scrittoio, sono la vera ricchezza del borghese, il santuario dove si celebra la sua capacità intellettuale e si dimostra come siano le qualità personali quelle che permettono l'ascesa sociale. Si può aspirare all'agiatezza solo se si vale, come fanno i borghesi, e non più per lignaggio e diritto divino, come vorrebbe la classe nobile. Letteratura (i libri di Rousseau), arte (una stampa con la Madonna della Seggiola di Raffaello) e musica (lo spartito di Mozart) sono le frecce all'arco del borghese proiettato verso il nuovo secolo, come monsieur Rivière che Ingres, con questo ritratto, consegna all'eternità.

I nuovi ideali

Del resto, questi ideali descritti visivamente nel quadro di Ingres, in realtà, finiscono per essere ormai del tutto condivisi anche dalla nobiltà, e se è vero che Napoleone deve essere considerato un nobile sui generis, è altrettanto vero che la sua figura e i suoi comportamenti finirono per diventare dei modelli. Sarà allora, in qualche modo, significativo che l'imperatore, accanto alle apoteosi e alle scene ufficiali o agiografiche, abbia autorizzato un ritratto come Napoleone nello studio, dipinto due anni prima del quadro di Ingres, dal suo maestro: Jacques-Louis David. Bene, gli ideali che emergono dall'opera di quest'ultimo sono gli stessi che abbiamo veduto sobriamente esibiti nella tela del suo discepolo. Tutto questo mostra come il ritratto finisca per testimoniare un cambiamento epocale, che diverrà la base della società moderna. Il che non vuoi dire, però, che non ci fossero altri aspetti colti dagli altri pittori dell'epoca, a cominciare da quelli che emergono nel ritratto elegante e spavaldo dell'ufficiale Frederick Gustavus Burnaby, mirabilmente dipinto da Jacques Joseph Tissot. Fasciato nella sua tiratissima uniforme nera, con i capelli impomatati e la sigaretta in mano, il militare incarna quell'ideale di uomo sofisticato e prestante che fu uno dei punti di riferimento della società di allora. Considerato l'uomo più forte di tutto l'esercito britannico, Burnaby scrisse le proprie avventurose memorie che furono dei veri best-sellers. Il loro successo, infatti, conferma il seguito degli ideali incarnati dal militare inglese.




James Abbott Mc Neill Whistler, Ritratto della madre dell'artista, Louvre, Parigi.
Oltre a omaggiare la propria genitrice, in quest’opera del 1871 l'artista americano mette a frutto i suoi studi su luci e ombre, toni e colori che caratterizzano la ritrattistica di quel periodo.




Un altro esempio di questo stile, influenzato dall'Impressionismo, è dato dal Ritratto di Zola (sopra) firmato nel 1868 da Éduard Manet, conservato all'Orsay, Parigi.

AI di là del soggetto

Multiforme ed effervescente, l'Ottocento non può certo essere racchiuso nello stereotipo di una o più formule. Accanto alla posa studiata e all'eleganza ostentata del militare Burnaby, infatti, non possiamo tacere della dimessa e disinvolta posa del filosofo, teorico dell'anarchia Proudhon, ripreso con tanto amore da Gustave Courbet, in un momento di pausa del lavoro letterario seduto accanto ai suoi figli. Rispetto e reverenza, invece, emergono dal celebre Ritratto della madre dell'artista di James Abbott McNeill Whistler, in cui l'anziana figura, in rigoroso profilo, anima la nuda parete di una stanza. La vera ragione pittorica dell'opera del pittore americano è, però, specificata da una sorta di pre-titolo, Composizione in bianco e grigio, che spiega quali siano state le intenzioni dell'autore. Quest'attenzione tonale, che è tipica di Whistler, è, però, anche un segno dei tempi perché si allinea alle ricerche degli impressionisti e, certo, il Ritratto di Zola, dipinto da Éduard Manet (1868) tre anni prima, costituisce, senza espressa dichiarazione, un'ulteriore riflessione sulla medesima gamma cromatica.




Jacques-Louis David, Napoleone nello studio, National Gallery of Art, Washington,
lavoro risalente al 1803. La lezione di David fu ripresa dal suo più grande allievo: Ingres.


Questo vuol dire che anche il ritratto subiva la sorte degli altri temi pittorici, lasciava cioè il campo a un interesse più vasto e più libero che si appuntava su luci, ombre, toni e colori, indipendentemente dal soggetto rappresentato. In altre parole, quello che si usa definire "racconto", ossia il soggetto di un'opera d'arte, diveniva sempre più l'occasione fortuita per dar sfogo ad accordi cromatici e piroette luministiche che costituivano il vero interesse dei nuovi pittori.



Due opere di Jean Renoir (a sinistra, Jeanne Samary in piedi, Ermitage, San Pietroburgo; a lato, Ritratto di Claude Monet, Orsay, Parigi),
realizzate rispettivamente nel 1878 e nel 1875, si nota come l'interesse primario del pittore francese sia l'accordo, o il contrasto, tra luci e colori. I soggetti, nel primo caso un'attrice, nel secondo il celebre collega Monet, non sono così importanti, è fondamentale l'effetto creato dall'intero lavoro.

Lo dimostrano, per esempio, due ritratti di Renoir dedicati all'amico e pittore Claude Monet e alla modella Jeanne Samary. Nel primo caso, quando l'artista francese riprende il collega davanti al cavalletto durante il suo soggiorno ad Argenteuil, si preoccupa del gioco che crea la luce posteriore e tutta l'abilità è indirizzata a mitigare questo controluce con un'appropriata illuminazione del volto. L’altra tela, invece, è tutta impostata sugli accordi cromatici della pelle, del vestito e del fondo che giocano intorno alla legge dei complementari per cui il reciproco del colore arancio è il blu o, comunque, l'azzurro che qui compare con intelligente parsimonia. In entrambi i casi, erano questi gli interessi primari di Renoir che, a ogni buon conto, avrebbe potuto sostituire Monet con una natura morta e Madame Samary con un tramonto. Tuttavia, il percorso del ritratto nell'Ottocento non si ferma qui e, invece, si avventura su strade nuove come quelle segnate da Vincent Van Gogh e, per certi versi, anche da Toulouse-Lautrec. Ad accomunare la pittura di entrambi, per quel che riguarda il ritratto, è l'elemento caricaturale che abbiamo già veduto nel Settecento, ma che mentre in Lautrec diviene graffiante, quasi sarcastico, quando non è solcato da una vena di malinconia, in Van Gogh giunge in fondo all'anima trasformandosi in un disperato grido d'aiuto.



Vincent Van Gogh, Ritratto del Dottor Cachet, Orsay, Parigi,
ultima opera dell'artista olandese, nella quale si percepisce l'angoscia e l'inquietudine esistenziale dell'autore.



È il caso del Ritratto del Dottor Gachet, l'ultima opera dell'artista olandese, sulla quale egli proietta i suoi incubi e le sue angosce. Ci troviamo qui dinanzi a una rivoluzione copernicana della pittura, non solo del genere del ritratto: non più "racconto" esteriore, ma "racconto" interiore che si proietta sulla tela e, in questo caso, investe proprio la persona che si occupa della salute del pittore, che chiede aiuto. Le linee, infatti, non indicano più soltanto dei contorni, ma sono sillabe di quell'espressione incoercibile che è l'urlo dell'anima ferita di Vincent.




Goya - La famiglia di Carlo IV 1800-1801 – Prado, Madrid
Il grande quadro, apparentemente celebrativo, risulta essere invece una velata critica all'intera corte, i cui personaggi vengono esposti da Goya sotto una luce talmente spietata che ne pone in evidenza tutti i difetti psicologici e tutte le contraddizioni politiche.


IL GRUPPO DI DESTRA verso la parete, è composto dall'infante Antonio Pascual di cui si scorge soltanto la testa e dai principi di Parma: Luigi di Borbone (che poi sarebbe stato re d'Etruria di lì a poco, nel 1801), la moglie Maria Luisa Giuseppina e il piccolo Carlo Ludovico.

È INTERESSANTE NOTARE come, con grande acume politico, Goya abbia collocato Carlo IV non al centro della composizione, ma alla sinistra della moglie. Figlio di Carlo III, gli era succeduto nel 1788. In un primo tempo cercò di seguire la politica illuminata del padre, ma presto rimase invischiato nei perversi meccanismi della corte, fatti di clientelismi e di giochi di potere.

l'ARTISTA SI COMPORTA come il regista di una pièce teatrale, e la prima cosa da notare è che il regista di questa commedia in un atto unico si pone al limitare della scena, ritraendosi nella penombra, dietro la grande tela, esattamente come aveva fatto il Velazcuez de Las meninas poco meno di un secolo e mezzo prima.

IN PRIMO PIANO a sinistra, campeggia la figura di Ferdinando principe delle Asturie, figlio di Carlo IV ed erede al trono assai sfortunato. Il padre cercò di diseredarlo e nel 1808, dopo che Carlo fu costretto ad abdicare nelle mani di Napoleone, fu esiliato in Francia. Riacquistò il trono come Ferdinando VII solo dopo il Congresso di Vienna (1814). Dietro si scorge la figura avvizzita dell'infanta Maria Josefa.

AL CENTRO DEL QUADRO, Goya colloca Maria Luisa d'Austria, moglie e cugina di Carlo IV, ma in realtà vero timoniere della monarchia spagnola dell'epoca. Un timoniere scellerato, come ben sapeva l'artista, il quale era a conoscenza di tutti i capricci della sovrana. Al centro, il piccolo Francesco di Paola Antonio, figlio della coppia regale, che allora aveva solo sei anni.




HENRI DE FANTIN-LATOUR , Un atelier al Batignolles 1870 - ORSAY, PARIGI

HENRI DE FANTIN-LATOUR, pittore figlio d'arte in quanto suo padre Théodore godeva già di meritata fama, era specializzato nei ritratti di gruppo e questo fa parte di una fortunata serie con la quale egli intese rendere omaggio ad alcuni importanti pittori dell'epoca, a cominciare da Delacroix, cui dedicò un'opera nel 1864.
L'opera riproduce lo studio di Manet sul boulevard des Batignolles, il quartiere vicino al centro di Parigi. L'atelier era in rue Guyot, oggi rue Médéric, dove si incontravano quegli artisti che, quattro anni più tardi, avrebbero dato origine al gruppo degli impressionisti.

l'UOMO CON I CAPELLI ROSSI, seduto quasi al centro della composizione, ritratto come se stesse dipingendo, è il "padrone di casa". Quell'Eduard Manet che non volle mai entrare nel gruppo degli impressionisti, ma che, di fatto, ne fu l'anticipatore, nonché il catalizzatore, grazie alle periodiche riunioni nello studio di Batignolles.



TUTTI I PERSONAGGI che compaiono nel quadro, in un modo o nell'altro, hanno contribuito alla nascita della poetica impressionista. Possiamo infatti riconoscervi Renoir, prospetticamente inquadrato dalla cornice sulla parete di fondo, uno dei due fondatori del movimento.

È DUNQUE IN QUESTO STUDIO che nacquero la pratica, la teoria e le idee della nuova pittura impressionista. Pertanto, il quadro non solo è una testimonianza, ma lo si può considerare manifesto programmatico anche dell'arte di Fantin-Latour.

UNA FIGURA che non poteva mancare era Émile Zola, il teorico degli impressionisti, che troviamo a destra di Renoir, in coincidenza della cornice sul fondo. Dietro a lui, Edmond Maìtre amico di tutti, ma soprattutto di Frédéric Bazille, pittore di grande qualità e impressionista della prim'ora, che qui sta in piedi con le braccia dietro la schiena. Quasi nascosto, all'estrema destra, sta Claude Monet, l'altro fondatore del movimento.

Fonte: I grandi temi della pittura
Ricerche e impaginazione di Grazia

continua...

 

 
 
  

 



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