Nacque nel piccolo paese in provincia di Caserta. Già dalla metà del XVII secolo la famiglia aveva tratto profitto dall’allevamento del bestiame e dal commercio dei prodotti derivati. Suo padre, don Giovanni, locato presso la Dogana come tutti i suoi avi, è poco più che ventenne quando inizia a gestire il considerevole patrimonio di famiglia che lo porta a percorrere spesso il tratturo regio. In questi spostamenti Giovanni Caso conosce e sposa a Baranello, in Molise, Luisa Zurlo, nata nel 1793. Costei è figlia di don Biase Zurlo, personaggio di primissimo piano nelle vicende storiche molisane. Giovanni Caso e Luisa Zurlo vanno a vivere nel grande casa palatiata dei Caso a San Gregorio. Tra il 1816 ed il 1828 ebbero sei figli, cresciuti tra San Gregorio e Napoli, dove la famiglia ha una casa, condividendo modi di vivere ed insegnamenti che a loro vengono dagli Zurlo e dal loro ambiente di amici. A 45 anni, nel gennaio del 1829 proprio a Napoli muore improvvisamente don Giovanni Caso. Dopo un matrimonio di appena 15 anni, tocca a donna Luisa Zurlo allevare da sola i ragazzi: Francesco, Beniamino e Federico studiano al Real Collegio di Maddaloni e Michele, il più piccolo, è in seminario a Piedimonte. Pochi anni dopo, nel 1835, muore anche nonno Biase Zurlo. Ma i ragazzi ne hanno ormai assorbito gli ideali e sono legati d'amicizia con gli intellettuali antiborbonici del tempo. Soprattutto uno di loro, Beniamino, è attratto dalla vita politica. Liberale sincero, votato alla causa dell’unità nazionale, durante gli avvenimenti del 1848, quando fu formato il Parlamento napoletano, Beniamino Caso era studente di Medicina a Napoli, in stretto contatto con il suo compaesano Gaetano Del Giudice, deputato al Parlamento di Monteoliveto e, in quel momento, suo riferimento politico. Sicuramente visse da prim’attore i tumulti del ‘48, partecipando ai comizi ed alle barricate. Da Napoli Caso era il tramite tra i rappresentanti dell’area matesina in quel Parlamento e gli amici restati a Piedimonte, portando notizie sulle vicende che segnavano i lavori di quel consesso e giornali di opposizione al regno. E fu certamente al fianco di Silvio Spaventa e Gaetano Del Giudice, che proprio in quei giorni fondavano a Napoli il giornale Il Nazionale, in cui trovano spazio le idee del costituzionalismo liberale e della politica di unificazione nazionale. Abbandonati gli studi di medicina, si dedicò completamente all’attività politica, divenendo Sindaco di San Gregorio fino al 1853 quando venne sospeso, forse per motivi politici. Beniamino Caso, che vivendo in un clima familiare che tutto richiama ai fratelli Zurlo, raccoglie attorno a sé un gruppo di liberali del comprensorio matesino. Quando ormai le notizie dell’avvicinamento di Garibaldi, ed i segnali che giungono dalla corte napoletana lasciano intendere imminente il momento della caduta borbonica, Beniamino Caso tesse una fitta rete di rapporti con i liberali dei vari paesi dell’alto casertano, primo fra tutti Salvatore Pizzi, leader del progetto insurrezionale dell’intera Terra di Lavoro. Pertanto mette su un vero battaglione di uomini, la Legione del Matese, in buona parte finanziata da lui personalmente, pronta all’azione. Beniamino Caso è benvoluto dal popolo “soprattutto nelle campagne, dove ottenne il soprannome di amico del popolo” ed alle elezioni per la Camera dei deputati, la prima del Regno d'Italia, viene eletto contemporaneamente sia per il collegio di Caserta che per quello di Piedimonte. Decide di optare per il collegio di Caserta, ma questa sarà la sua condanna politica. Operò questa scelta per fare spazio all’amico Gaetano Del Giudice, risultato secondo eletto a Piedimonte. Per Beniamino Caso fu invece un susseguirsi di delusioni: egli si candidò sia nel 1867 che nel 1876, venendo sistematicamente sconfitto dai fratelli Del Giudice. Durante il suo unico mandato parlamentare, nell’aula torinese di Palazzo Carignano Beniamino Caso siede in una delle sezioni centrali della Camera, in alto, nell’ampio gruppo dei cosiddetti ministeriali, cioè i filogovernativi che detengono la maggioranza assoluta. All'età di 59 anni, dopo dieci ore di agonia, in seguito ad un ictus cerebrale Beniamino Caso morì nella sua casa di Piedimonte il 13 ottobre 1883. Le orazioni funebri sottolinearono soprattutto il suo impegno di patriota negli avvenimenti del ’60 con la costituzione della Legione del Matese. Più tardiva fu l'opera di riconoscimento della figura di Caso e della sua dedizione alla terra natìa ed alla patria. La prima commemorazione si tenne tre anni dopo la sua morte quando, su proposta di Angelo Scorciarini Coppola, venne apposta una lapide commemorativa della specola di monte Muto nel convento di S.Maria Occorrevole, nella quale si rammenta la figura dell'uomo “che per tenacità di onesti propositi - per amore del bene e del giusto - per civili e private virtù senza iattanza rifulse”. A 25 anni dalla scomparsa, nel 1909 il Comune di Piedimonte, sindaco il nipote Vincenzo Caso, fece apporre una lapide sulla facciata di palazzo Caso, nella piazza centrale del paese. È un tardivo riconoscimento del ruolo primario da lui svolto nella creazione della Legione del Matese e un attestato di merito al suo alto ruolo morale:
"Beniamino Caso
ardente propugnatore di libertà
formata qui nel XXV agosto MDCCCLX
la Legione del Matese
non ristette ma più animoso operò
fiso lo sguardo a la Patria ideale
libera unita forte temuta
a lui che con pochi ma eletti seguaci
preparò sostenne l’azione concorde
che pago del fine raggiunto
nulla chiese per sé tutto diè ad altri
esempio mirabile di virtù”.