All'età di nove anni si trasferì a Bologna, dove il padre Dario lavorava già da qualche anno. L'idea di diventare giornalista nacque in lui dopo aver letto Martin Eden di Jack London. Frequentò l'istituto tecnico, dove con altri compagni diede vita ad una piccola rivista studentesca. Il Picchio fu soppresso dopo qualche mese dal regime fascista e da allora nacque in Biagi una forte indole antifascista. Nel 1937, all'età di diciassette anni, scrisse il suo primo articolo, pubblicato sul quotidiano L'Avvenire d'Italia. Cominciò così la propria collaborazione con l'Avvenire, occupandosi di cronacae di piccole interviste a cantanti. Nel 1940 fu assunto in pianta tabile dal Carlino Sera, come estensore di notizie. Nel 1942 fu chiamato alle armi ma non partì mai per il fronte a causa di problemi cardiaci che lo accompagneranno per tutta la vita. Si sposò con Lucia Ghetti, maestra elementare, il 18/12/1943. Poco dopo fu costretto a rifugiarsi sulle montagne, dove aderì alla Resistenza combattendo nelle brigate Giustizia e Libertà legate al Partito d'Azione. Il suo comandante, gli diede compiti di staffetta, poi gli affidò la stesura di un giornale partigiano "Patrioti", di cui Biagi era in pratica l'unico redattore e con il quale informava la gente sul reale andamento della guerra lungo la Linea Gotica. Del giornale uscirono appena quattro numeri, in seguito la sua tipografia fu distrutta dai tedeschi. Terminata la guerra, entrò con le truppe alleate a Bologna e fu proprio lui ad annunciare alla radio locale l'avvenuta liberazione. Poco dopo fu assunto al Resto del Carlino.In seguito ai suoi articoli Mondadori lo chiama a lavorare come caporedattore al settimanale Epoca. Biagi e la sua famiglia (erano già nate due figlie, Bice e Carla; nel 1956 arriverà Anna) lasceranno quindi l'amata Bologna per Milano. In seguito Biagi diventerà direttore di Epoca e s'impone nel panorama delle grandi riviste italiane surclassando la storica concorrenza dell'Espresso e dell'Europeo. Nel 1960 lascia Epoca e viene assunto dalla Stampa come inviato speciale. Il 1º ottobre 1961 Biagi diventa direttore del Telegiornale. Fa assumere in Rai grandi giornalisti come Giorgio Bocca e Indro Montanelli,ma anche giovani come Enzo Bettiza. Nel novembre del 1961 arrivarono inevitabili le prime polemiche: il democristiano Guido Gonella accusò Enzo Biagi di essere fazioso e di non essere allineato all'ufficialità. Un'intervista in prima serata al leader comunista Palmiro Togliatti gli procura un duro attacco da parte dei giornali di destra che iniziano una campagna aggressiva contro di lui. Nel marzo del 1962 lancia il primo rotocalco televisivo della televisione italiana: RT Rotocalco Televisivo. Ma a Roma Biagi si sente con le mani legate. Le pressioni politiche sono all'ordine del giorno. Nel 1963 decide di dimettersi e di tornare a Milano dove diventa inviato e collaboratore del Corriere della Sera, de La Stampa e del settimanale L'Europeo. Nel 1968, si legò alla tv di Stato per la realizzazione di programmi di approfondimento giornalistico. Tra i più seguiti e innovativi: "Dicono di lei" (1969), "Terza B, facciamo l'appello" (1971). Nel 1971 fu nominato direttore del Resto del Carlino con l'obiettivo di trasformarlo in un quotidiano nazionale. Dopo aver firmato un'intervista alla madre di Don Lorenzo Milani, sarà l'origine dell'uscita di Biagi dalla redazione del quotidiano bolognese. Il 30 giugno 1971 firma il suo addio ai lettori e torna quindi al Corriere della Sera. Nel 1975, pur senza lasciare il Corriere, collaborò con l'amico Indro Montanelli alla creazione del Giornale. Dal 1977 al 1980, ritornò a collaborare stabilmente alla Rai, conducendo "Proibito" che trattava temi d'attualità. Nel 1981, dopo lo scandalo della P2 lasciò il Corriere della Sera, dichiarando di non essere disposto a lavorare in un giornale controllato dalla massoneria come sembrava emergere dalle inchieste della magistratura. Come lui stesso ha rivelato, il leader della P2 Licio Gelli aveva chiesto all'allora direttore del quotidiano, Franco Di Bella di cacciare Biagi o di mandarlo in Argentina. Di Bella, però si rifiutò. Diventò quindi editorialista de la Repubblica, quotidiano che lasciò nel 1988 per ritornare a quello di via Solferino. Nel 1982 condusse la prima serie di "Film Dossier", un programma che, attraverso film mirati, puntava a coinvolgere lo spettatore; nel 1983, dopo un programma su Rai Tre dedicato ad episodi della seconda guerra mondiale (La guerra e dintorni), iniziò a condurre su Rai Uno "Linea Diretta", uno dei suoi programmi più seguiti, venne trasmesso fino al 1985. Appena un anno dopo, nel 1986, sempre su Rai Uno, fu la volta di "Spot". Nel 1989 riaprì i battenti per un anno "Linea Diretta". Nei primi anni novanta, realizzò soprattutto trasmissioni tematiche, di grande spessore. Nel 1995 iniziò la trasmissione Il Fatto, un programma di approfondimento dopo il Tg1. Nel 2004 "Il Fatto" è stato proclamato da una giuria di critici televisivi come il miglior programma giornalistico realizzato nei primi cinquant'anni della RAI. Nel luglio del 2000, la Rai dedicò a Biagi uno speciale in occasione del suo ottantesimo compleanno titolato "Buon compleanno signor Biagi! Ottant'anni scritti bene". Nel 2002 La più dura critica arrivò però dal deputato di Alleanza Nazionale e futuro ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri che auspicò in un'emittente lombarda l'allontanamento dalla Rai dello stesso Biagi. Biagi fu quindi denunciato all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per "violazione della par condicio" ma fu poi assolto con formula piena. Biagi, sentendosi preso in giro dai vertici della RAI e credendo che non gli sarebbe mai stata affidata alcuna trasmissione, decide a settembre di non rinnovare il suo contratto con la televisione pubblica che fu risolto dopo 41 anni di collaborazione. In questo stesso periodo, Biagi fu colpito da due gravi lutti: la morte della moglie Lucia il 24 febbraio 2002 e della figlia Anna il 28 maggio 2003, cui era legatissimo, scomparsa improvvisamente per un arresto cardiaco. Continuò a criticare aspramente il governo Berlusconi, dalle colonne del Corriere della Sera. Tornò in televisione, dopo due anni di silenzio, alla trasmissione Che tempo che fa, intervistato per una ventina di minuti da Fabio Fazio. Biagi intervenne anche al Tg3 e in altri programmi della Rai. Invitato anche da Adriano Celentano nel suo Rockpolitik, in onda su Rai 1. Negli ultimi anni scrisse anche col settimanale L'Espresso e le riviste Oggi e TV Sorrisi e Canzoni. Il 22 aprile 2007 tornò in televisione con RT Rotocalco Televisivo, Essendo alla vigilia della festa del 25 aprile, l'argomento della puntata fu la resistenza, sia in senso moderno, come di chi resiste alla camorra, fino alla Resistenza storica, con interviste a chi l'ha vissuta in prima persona. Non pochi anni prima, nel 1979, era stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico durante il quale gli erano stati innestati quattro bypass cardiaci (ai quali gliene furono aggiunti altri due, rispettivamente nel 1991 e nel 1993) .Ricoverato per oltre dieci giorni in una clinica milanese, a causa di un edema polmonare e di sopraggiunti problemi renali e cardiaci, morì all'età di 87 anni la mattina del 6 novembre 2007.