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De: Enzo Claudio (Mensaje original) |
Enviado: 28/11/2009 16:27 |
Alda Merini
La fuga
Lasciami alle mie notti ed ai miei benefici di peccato, lasciami nell’errore se decantarmi è compito di Dio! So che mi assolverai delle mie pene: ma ora lasciami umana col cuore róso dalla mia paura. Quando sarò bassorilievo al tempo della Tua eternità, non avrò fronti contro cui capovolgere la faccia.
Alda Merini Testamento a cura di Giovanni Raboni Crocetti Editore 2002
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Arthur Rimbaud
Sensazione
Nelle sere d’estate andrò per i sentieri, pizzicato dal grano, pestando i fili d’erba; ne sentirò, sognante, il fresco sotto i piedi. E al vento lascerò bagnare la mia testa.
Non dirò più parole, non farò più pensieri: ma un amore infinito mi salirà nel petto, e andrò molto lontano, sarò come uno zingaro, come una donna per i campi contento.
(trad. di Nicola Gardini)
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Edna St. Vincent Millay
L’amore non è cieco. Basta un occhio per vedere che non sei bello, oppure quante donne lo sono. Vedo tutti i tuoi difetti: gli occhi dilatati, alta la fronte. Di principi estetici sono troppo imbevuta, fin da piccola, per poter liberare la mia mente, dirti perfetto e amarti da morire. Più sottile è il potere dell’amore: ha tanta forza che dico “Non bello” come dicessi “Non qua” o “Non là” “distesa”, oppure “a scrivere una lettera”. So cos’è il bello di cui tutti parlano; ma mi chiedo se sia così importante.
Traduzione di Silvio Raffo
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Mario Luzi
Grondò il suo corruccio l’alba, a giorno fatto migrò oltre le cime il tuono, si estinse il temporale, salì sull’orizzonte il sole all’assedio delle case, all’incendio degli erbari, luce nel controluce pullularono acqua e fuoco in un unico barbaglio le sorgenti, le cascate. Raggiò, lampada, il mondo per un istante. Chi parlò, chi disse? cosa, per congettura o preghiera deve apprendere e far proprio? ora per ora, passo dopo passo della lunga camminata tra la grazia data e quella meritata.
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Donata Berra
E adesso vieni, entriamo insieme in questo inverno, sarà stagione di abbandoni e reticenze, guarda: le ombre che credevamo immaginate, o risospinte ai margini del bosco, vòltati: avanzano alle spalle.
Vieni, lascia scorrere il tuo corpo dal vento acre di resina e di muschio, lascia la scabra pelle rilevarsi alle carezze mie, come fossi lei,
quella per cui fiorisce, e sa di cielo, – dove tu solo sai, e mi conduci – il fioco fiore giallo delicriso.
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Pierluigi Cappello
In quale bosco
Il cielo era verde di freddo tra gli aghi dei pini e qui non c’è nessuno, l’umido salito dalla neve si intrama nell’odore dei vestiti bagnati hai stretto per sempre il manico dell’ascia all’altezza dell’intaglio, tre asterischi, le iniziali e una data e la dignità delle tue mani si è svenata in dolcezza adesso, tra la polvere e il dominio, dove hai incontrato te stesso in chissà quale bosco dei miei occhi quando ti sei voltato e mi hai detto, dio, quanto sole così lontano, diverso, quanto ad uno ad uno i giorni stringono il cuore e separano.
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Kriton Athanasulis
Brano dal mio testamento
Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo. Ti lascio il sole che lasciò mio padre a me. Le stelle brilleranno uguali, e uguali t’indurranno le notti a dolce sonno, il mare t’empirà di sogni. Ti lascio il mio sorriso amareggiato: fanne scialo, ma non tradirmi. Il mondo è povero oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo ed è rimasto povero. Diventa ricco tu guadagnando l’amore del mondo. Ti lascio la mia lotta incompiuta e l’arma con la canna arroventata. Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno. Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena vinta nelle battaglie del mio tempo. E ricorda. Quest’ordine ti lascio. Ricordare vuol dire non morire. Non dire mai che sono stato indegno, che disperazione m’ha portato avanti e son rimasto indietro, al di qua della trincea. Ho gridato, gridato mille e mille volte no, ma soffiava un gran vento, e pioggia, e grandine: hanno sepolto la mia voce. Ti lascio la mia storia vergata con la mano d’una qualche speranza. A te finirla. Ti lascio i simulacri degli eroi con le mani mozzate, ragazzi che non fecero a tempo ad assumere austera forma d’uomo, madri vestite di bruno, fanciulle violentate. Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz. Fa’ presto a farti grande. Nutri bene il tuo gracile cuore con la carne della pace del mondo, ragazzo, ragazzo. Impara che milioni di fratelli innocenti svanirono d’un tratto nelle nevi gelate in una tomba comune e spregiata. Si chiamano nemici: gia! i nemici dell’odio. Ti lascio l’indirizzo della tomba perché tu vada a leggere l’epigrafe. Ti lascio accampamenti d’una città con tanti prigionieri: dicono sempre sì, ma dentro loro mugghia l’imprigionato no dell’uomo libero. Anch’io sono di quelli che dicono, di fuori, il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no. Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio dolce al nostro crepuscolo amaro. Il pane è fatto pietra, l’acqua fango, la verità un uccello che non canta. è questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio d’essere fiero. Sfòrzati di vivere. Salta il fosso da solo e fatti libero. Attendo nuove. è questo che ti lascio.
Traduzione di Filippo Maria Pontani
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Sergey Timofeev
Il boyfriend russo
Che lascia all’amico una ragazza tedesca prima di ritornare a casa? Una maglia Replay consunta, ma tremendamente amata, una bottiglietta con un resto di profumo Calvin Klein “one” (unisex). Un indirizzo: una certa strasse. Lei amava passare ai McDonald’s per prendere i frappè alla vaniglia. Sull’autobus notturno ascoltava col suo lettore cd Nick Cave e Suede. Era indipendente e non le piaceva quando la lasciavano passare avanti o la guardavano troppo fissamente. Presto lavorerà nel più grande albergo di Lipsia, dove all’inizio dovrà fare pratica al ristorante, poi alla reception. E solo tra un paio di anni passerà a studiare managment e comincerà a lavorare come amministratrice in uno degli alberghi oppure aprirà persino un suo ristorante. Il suo amico russo, evidentemente, non potrà recarsi a Lipsia, perché nei prossimi mesi lei sarà tremendamente impegnata col lavoro. Lei ha gli occhi castani con un goccio di verde, un taglio di capelli molto grazioso. “Non mi sposerò mai”, diceva lei. “Farò un bambino e lo alleverò da sola”. L’ha portata via una corriera alle 12:00 con destinazione finale Stoccarda. Scenderà a Berlino e prenderà un treno per Lipsia. Arriverà, laverà i vestiti, chiamerà le amiche. “Ho avuto un boyfriend russo per un’intera settimana”. “Ma che dici!”. La maglia Replay, il profumo Calvin Klein, l’indirizzo: una certa strasse.
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Anna Buoninsegni
(filtro il fumo smagata)
filtro il fumo smagata nel piccolo stato delle azioni degne
e l’angoscia mi sfiora appena piacevole come la gabbia del canarino che non conosce l’aria
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Olav H. Hauge
La terra azzurra
Qui sono al sicuro, qui ci sono querce intorno ai muri, qui scintilla lo stretto tra monti corrosi dal mare. Se me ne sto in piedi alla finestra le querce immense hanno una profonda tonalità oleosa come un dipinto antico, sul cielo di smalto azzurro nubi ritardatarie si rincorrono dal mare.
Querce nel sole d’autunno! Terra azzurra, terra di monti, terra di mare ed ere alle mie spalle in una festa di colori e ardore.
Oggi ci sono freddo e fiocchi di neve nell’aria, i rami nudi si protendono come artigli verso il caldo e l’ultimo ozono. Mi inoltro nella terra azzurra sotto le foglie che cadono. E un giorno sarà spoglio Yggdrasil.
Traduzione di Fulvio Ferrari
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Samšad Abdullaev
Il lago
Un bisbiglio meridionale brulica attorno: sei mio. Regge ancora il mondo, non lo lascia... Un cane corre, e una pietra rossa ha scintillato dietro. Hai detto: il Sacro cuore, quasi uscisse dalle labbra una scura pesantezza, e un libro è caduto accanto alle sedie intrecciate. Dice: nella nuda indeterminatezza si annida il caos – così il polveroso mezzogiorno riempie la camera sino al millimetro; lentamente, lentamente. Una ragnatela, uno strattone, una riva deserta.Traduzione di Paolo Galvagni
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Derek Walcott
I pezzi sono immobili sulla scacchiera come i guerrieri in terracotta a grandezza naturale, il cui giuramento di fedeltà all’imperatore, con spada scudo e briglia, fatto da una voce a questo punto spenta, aleggiava come fosse una eco in quello scavo strabiliante. Ogni soldato un voto e ciascuno pronto a morire per la causa, per la nazione e per l’imperatore, e tuttavia tuttora immobile e diritto, senza respiro, come un simulacro di se stesso che dovrà essere il silenzio a vagliare collocandolo al suo posto. Se i nostri giuramenti fossero visibili, li vedremmo al pari di questi pezzi sulla scacchiera, immutabili e fermi sotto la luce, sudditi votati per sempre a una causa che ti vede regina, vigile la notte e vittima silenziosa dell’amore e di un incantesimo a cui non può porre rimedio il fragore di nessuna battaglia ma solo la tranquillità degli scacchi, con gli alberi che fuori, sul prato, si muovono al ritmo del tempo, i giuramenti che vengono meno e che, morti, sono ancora più forti mentre un merlo, nero, fischia sui limoni.
Traduzione di Luigi Sampietro
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Antonis Fostieris
Il plenilunio
Niente, non aspetto piú niente da te, cielo, Dovunque mi aggrappi cado con fragore Dal tuo tetto d’aria colmo di conchiglie Dal mazzo arrugginito delle tue stelle; Una luna spropositata sorge in me S’ingrossa minacciosa sui miei crinali Sorgerà un plenilunio a frantumarmi.
Traduzione di Nicola Crocetti
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Ghiannis Ritsos
Addii
Grandi stanze di vecchie case avite di provincia piene di fischi di navi lontane, piene di spenti rintocchi di campane e di battiti profondi d’orologi antichissimi. Nessuno abita piú qui dentro eccetto le ombre, e un violino appeso al muro, e le banconote fuori corso sparse sulle poltrone e sul letto largo con la coperta gialla. Di notte scende la luna, passa davanti agli specchi esanimi e coi gesti piú lenti rassetta dietro i vetri i fischi d’addio delle navi affondate.
Karlòvasi, 15.VIII.1978
Traduzione di Nicola Crocetti
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Anna Buoninsegni
(dalla prima foglia)
dalla prima foglia mi separa la memoria del cosmo
un colore fu la condanna a morte del bianco?
o fu dolore d’iride lo sforzo di farsi rosa?
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