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De: Enzo Claudio (Mensaje original) |
Enviado: 28/11/2009 16:27 |
Alda Merini
La fuga
Lasciami alle mie notti ed ai miei benefici di peccato, lasciami nell’errore se decantarmi è compito di Dio! So che mi assolverai delle mie pene: ma ora lasciami umana col cuore róso dalla mia paura. Quando sarò bassorilievo al tempo della Tua eternità, non avrò fronti contro cui capovolgere la faccia.
Alda Merini Testamento a cura di Giovanni Raboni Crocetti Editore 2002
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José Emilio Pacheco
Miseria della poesia
Mi chiedo che posso farmene di te adesso che sono passati tanti anni, sono caduti gli imperi, la piena ha travolto i giardini, si sono cancellate le foto e nei luoghi sacri dell’amore sorgono negozi e uffici (con nomi in inglese naturalmente).
Mi chiedo che posso farmene di te e faccio una pseudopoesia che tu mai leggerai – o se la leggi, invece di una fitta di nostalgia, provocherà il tuo sorrisetto critico.
Traduzione di Emilio Coco
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Beppe Salvia
Abbiamo nel cuore un solitario amore, nostra vita infinita, e negli occhi il cielo per nostro vario cammino. Le spiagge i cieli, la riva su cui sassi e rovi e il solitario equisèto, e colli erbosi grassi rioni, città dispiegate come belle bandiere, e nude prigioni. Questa è la nostra vita. Questi nostri volti vagabondi come musi di cani ci somigliano. Il vento il sole le corolle rosse e blu, i sogni mai sognati i nostri sogni. Questa è la nostra vita e nulla più.
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Ghiorgos Markòpulos
I poeti La sera i passanti Tagliano per i parchi per risparmiare strada.
Noi li vediamo. O meglio, vediamo l’estremità della loro sigaretta.
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Ivan Fedeli
Non è tempo di scrivere e io non ho che il solco della penna e sotto il foglio. Un inchiostro facile, un dire fragile tra voci che confondono, che vanno. E questo è un anno che trattiene i giorni li lega al calendario. I volti stanno lì, per caso. Ci chiedono un appiglio, lo scompiglio di un’altra primavera. Quasi non ci fossero, come se svanissero. Sistemali per poco qui, con le parole. In qualche stanza chiusa, in una nuova sera. Una nicchia, e poi fermarli, e poi imparare a dirli, a riconoscerli dagli occhi almeno. Tu, punto a capo senza corpo. Tu rimedio dell’assenza, poesia.
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Andrew Motion
Sul tavolo
Ci terrei a precisare che ho comprato questa tovaglia con il suo semplice disegno ripetitivo di fiori viola scuro non menzionati da alcun botanico perché mi ricorda quel vestito stampato che indossavi l’estate che ci siamo conosciuti (un vestito – hai sempre sostenuto – che non ti ho mai detto che mi piaceva). Be’, mi piaceva, sai. Mi piaceva. Mi piaceva un sacco, che ci fossi tu dentro oppure no.
Come è potuto uscirsene così in silenzio dalla nostra vita? Detesto (proprio detesto) l’idea di qualche altro sedere che faccia svolazzare a sinistra e a destra quelle pesanti corolle. Detesto ancor più immaginarmelo sgretolarsi in una discarica o fatto a brandelli – un pezzo qui che pulisce un’astina dell’olio un pezzo là intorno a una crepa in un tubo di piombo.è passato tanto tempo ormai, amore mio, tanto tempo, ma stanotte proprio come la nostra prima notte sono qua, la testa leggera tra le mani e il bicchiere pieno, che fisso i grossi petali sonnolenti fino a quando si mettono in moto, amandoli ma con il desiderio di sollevarli, di schiuderli, persino di farli a pezzi, se questo è quanto ci vuole per arrivare alla tua bellissima pelle, desiderosa, calda, candida come la luna.
Traduzione di Helena Sanson
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Alejandra Pizarnik
Presenza
la tua voce in questo non potersene uscire le cose dal mio sguardo mi spossessano fanno di me un vascello in un fiume di pietre se non è la tua voce pioggia sola nel mio silenzio di febbri tu mi liberi gli occhi e per favore parlami sempre.
Traduzione di Claudio Cinti
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Inge Müller
Quando ci incontrammo In una strada laterale delle nostre vie Sentivi paura della vita Sentivo paura della morte Che era vicina e vedemmo il cielo rosso Avvolgerci soffice come una coperta di lana E ci riscaldammo per un attimo
L’attimo durò sette estati. Quando levammo gli occhi Il tempo era già trascorso.
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Pierluigi Cappello
Da lontano
Qualche volta, piano piano, quando la notte si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio, e non c’è più posto per le parole, e a poco a poco si raddensa una dolcezza intorno come una perla intorno al singolo grano di sabbia, una lettera alla volta pronunciamo un nome amato per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato.
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Costantino Kavafis
Lontano
Dire vorrei questo ricordo... Ma s’è così spento... quasi nulla resta: lontano, ai primi anni d’adolescenza, posa.
Pelle di gelsomino... E la sera d’agosto (agosto fu?)... Ormai ricordo appena gli occhi: azzurri, forse... Oh, azzurri, sì! come zaffiro azzurri.
(trad. Filippo Maria Pontani)
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Nikos Engonòpulos
Poesia 1948 quest’età della lacerazione civile non è un’età per la poesia e simili: appena qualcosa sta per essere scritto è come se fosse scritto sul retro di necrologi
per questo anche le mie poesie sono così amare (e quando mai – del resto – non lo sono state?) e sono – soprattutto – anche così poche
(da Eleusi, 1948)
(trad. Filippomaria Pontani)
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Nikos-Alexis Aslànoglu
La poesia non ci cambia La poesia non ci cambia la vita, identica la stretta, il nodo della pioggia la bruma della città quando si fa sera
Non ferma l’avanzata marcescenza non sana i nostri antichi errori
La poesia ritarda la metamorfosi rende più difficile il nostro agire quotidiano.
(da Ospedale militare, 1972)
(trad. Filippomaria Pontani)
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Wendy Cope
Il mio amante
E ora parlerò del mio amante, che rimarrà senza nome. Perché a 49 anni sa fare il rumore di cinque diversi tipi di camion che cambiano le marce in salita. Perché a volte lo fa sulle scale del posto dove lavora. Perché poi si vergogna quando gli altri lo sentono. Perché sa anche imitare almeno tre tipi diversi di treni. Perché questi includono: la metropolitana di Londra, il treno a vapore e il trenino elettrico delle Ferrovie Meridionali. Perché tifa per il Tottenham Hotspur con gioiosa e immutabile devozione. Perché odia l’Arsenal, i cui tifosi sono rozzi e incivili. Perché spiega che gli Spurs sono magici, mentre l’Arsenal è noioso e sta sempre in difesa. Perché io non ne sapevo niente fino a sei mesi fa, e non mi curavo di saperlo. Perché ora tutto questo mi affascina. Perché lui si esibisce per gradi, dieci. Perché, primo, si presenta come una persona gentile, seria e mentalmente libera. Perché, secondo, affronta molti pranzi, discutendo a tavola della vita e dell’amore senza mai nominare il calcio. Perché, terzo, sta attento a non rivelare quanto detesti avere la peggio in una discussione. Perché, quarto, parla delle donne del suo passato, riconoscendo che in parte è stata colpa sua. Perché, quinto, è talmente ragionevole che tendi a dubitarne. Perché, sesto, si autoinvita per un drink una sera. Perché, settimo, in due vi scolate due bottiglie di vino. Perché, ottavo, si ferma per la notte. Perché, nono, non vedi l’ora di rivederlo. Perché, decimo, non si fa vivo per giorni. Perché avendo raggiunto lo scopo ritorna ai suoi interessi. Perché non salterà nemmeno un’ora del corso serale o una sola prova di coro a causa di una donna. Perché è quasi sempre fuori casa. Perché non riesci nemmeno a trovarlo al telefono. Perché è il tipo d’uomo che da generazioni fa impazzire le donne. Perché, è triste ammetterlo, questo pensiero non basta a farti rinsavire. Perché è affascinante. Perché è buono con gli animali e coi bambini. Perché la sua voce è rassicurante e sexy allo stesso tempo. Perché guida una vecchissima Vauxhall Astra station wagon. Perché va a 130 sull’autostrada. Perché quando lo supplico di rallentare dice: “Non intendo andare piú piano di cosí”. Perché è convinto di conoscere le strade meglio di chiunque altro sulla terra. Perché non insiste per avere consigli dai suoi passeggeri. Perché se mai dovesse perdersi sarebbe un bell’inferno. Perché qualche volta mi fa dormire dalla parte sbagliata del mio letto. Perché non puoi dargli ordini. Perché ha questa dote, che gli sta bene mangiare i bastoncini di pesce surgelati o il cibo cinese già pronto o prepararsi la cena da solo. Perché sa come cucino ed è realista. Perché mi prepara tazze di cacao densissimo con le bollicine. Perché beve e fuma almeno quanto me. Perché è ossessionato dal sesso. Perché non direbbe mai che è sopravvalutato. Perché è cresciuto prima della società permissiva e si ricorda della sua adolescenza. Perché non insiste nel ripetere che è sano e naturale, né mi chiede cosa vorrei che facesse. Perché ha alcune idee tutte sue. Perché non è mai stato capace di dormire a lungo e la notte parla con me fino a tardi. Perché ci logoriamo a vicenda con la nostra insonnia. Perché mi fa sentire come una lampadina che non può spegnersi da sola. Perché ispira una poesia dopo l’altra. Perché è pulito e ordinato ma non si preoccupa troppo del suo aspetto. Perché permette al barbiere di tagliargli i capelli troppo corti e per due settimane va in giro che sembra un carcerato. Perché quando metto una collana e gli chiedo se mi sta bene risponde: “Sí, se No vuol dire provarne altre tre”. Perché è rimasto scioccato quando i compagni di squadra piú giovani hanno cominciato a usare il talco negli spogliatoi. Perché la sua mascolinità vecchio stile è per me fonte di continuo divertimento. Perché la cosa lo rende perplesso.Traduzione di M. Paola Bartocci
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Donata Berra
E andando lasciava la nave sul liscio dell’acqua un nastro a ricciolo largo, allucciolato d’oro, ricolmo di liquide stelle inghiottite dall’onda e sempre riaccese, e spumiglie e fiocchi di mare emblemi di specchi ritorti sparenti e riapparsi poi sciolti in barbagli, in scaglie di luce;
e lasciava, la nave il lungo profilo del suo lento passare, e del nostro, più incerto, a memoria di mare scritta serrata, ma poi appena stretta la cima alla bitta, la nave viene solo richiesta di pronta consegna del pesce pescato ai camion del ghiaccio.
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