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Respuesta  Mensaje 1 de 1557 en el tema 
De: Enzo Claudio  (Mensaje original) Enviado: 29/11/2009 08:44
Domenica 29 Novembre
San Francesco Antonio Fasani

Lucera, 6 agosto 1681 - Lucera, 29 novembre 1742

Ancor giovane fu accolto tra i Minori Conventuali. Si distinse subito per la sua vita integerrima e fu esempio di austerità e zelo sacerdotale. Eletto Ministro Provinciale promosse le regolare disciplina in tutta la Provincia. Propagò la devozione alla Vergine Immacolata, e per circa 40 anni si rese famoso nelle Puglie per la sua ardente parola e per la grande carità verso i poveri, gli orfani e i carcerati. Fu canonizzato da Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986.


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De: lore luc Enviado: 10/12/2012 04:25

Lunedì  10 Dicembre  2012

 

Respuesta  Mensaje 1499 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 10/12/2012 04:27
 

Lunedì 10 Dicembre 2012

 

Beato Marcantonio Durando

Sacerdote Vincenziano, fondatore :

Istituto Suore Nazarene

M

arcantonio nacque a Mondovì (Cuneo), il 22 mag­gio 1801, in una delle migliori famiglie della città pie­montese. La casa dei Durando si trovava a pochi passi dal collegio dei Vincenziani e dalla loro bella chiesa, detta ancora oggi “della Missione”; questa semplice vicinanza topografica influì poi nella sua pro­fonda crescita spirituale.

I genitori, l’avvocato Giuseppe Antonio e sua moglie, Angela Maria Margherita Vinaj, furono rallegrati dalla nascita di ben otto figli (5 fratelli e 3 sorelle). Tutti furono educati nella pratica religiosa dalla piissima mamma, mentre il babbo, vecchio liberale, laico ed agnostico, infuse le sue idee ai tre maschi più grandi. Essi furono, infatti, protagonisti delle vicende politiche e sociali di quegli anni, prendendo parte al movimento della Massoneria, e furono esponenti di primo piano nella realizzazione del “Risorgimento” italiano in campo laico contro la Chiesa, mentre i più religiosi figli Marcantonio, insieme con l’ultimo fratello e le sorelle, seguirono decisamente un’altra strada.

Anche nella famiglia Durando, quindi, ci fu espres­sione di quella che sembra essere una vera e propria componente “costante” del Risorgimento, ovvero la divi­sione su opposti schieramenti di membri appartenenti alla stessa famiglia illustre. Fu il dramma intestino di gran parte del clero piemontese ed italiano, accusato ingiusta­mente di ostacolare l’unità d’Italia così come era intesa nello schema proposto dal liberalismo. Basti citare come illustri esempi di questi dissensi i fratelli Cavour, i D’Azeglio, Faà di Bruno e i tre Durando: Giovanni, ovvero il Generale che disobbedì al Papa, Giacomo, che fu Gene­rale, scrittore e Ministro, ed il meno noto Giuseppe Anto­nio, causidico di provincia.

La radice della vocazione al sacerdozio di Marcantonio va ricercata proprio nella passione missionaria, che aveva contagiato gran parte del giovane clero piemontese in quegli anni. La sua scelta fu facile ed ovvia : proprio vici­no a casa sua, infatti, vi erano i Missionari di S. Vin­cenzo, con un vasto campo di apostolato in Cina. Mar­cantonio entrò così nella Congregazione della Missione.

Compì il noviziato a Genova, gli studi teologici a Sarzana, emise i voti perpetui a 18 anni e fu ordinato sacerdote il 12 giugno 1824. Per quanto riguarda le mis­sioni in Cina, a causa delle sue precarie condizioni di salute, non parve opportuno ai suoi superiori concedergli il permesso di partire. Molto più saggio e prudente apparve loro affidargli piuttosto le missioni popolari in patria. In questo ministero profuse, addirittura con ecces­sivo slancio iniziale, tutta la sua passione missionaria. Molti paesi del Piemonte lo accolsero come predicatore, confessore e direttore spirituale di anime. Sempre equi­librato tra lassismo e neogiansenismo, egli predicò anzi­tutto la misericordia di Dio. Ma il suo pensiero era fisso alle Missioni estere.

Il Signore gli diede modo di lavorare per questo scopo fin dai primi anni del suo sacerdozio, sostenendo e dif­fondendo l’opera della Propagazione della Fede, istituita a Lione nel 1822. Più tardi, divenuto Visitatore Provinciale dei Vincenziani dell’Alta Italia, permise a tanti Confratelli di raggiungere le missioni estere, senza preoccuparsi di sacrificare pur necessari incarichi nella Provincia di Torino.

Nominato Superiore della Casa di Torino nel 1831 e poi Provinciale nel 1837, il Padre Durando si vide piovere addosso numerosi e gravi impegni derivanti dagli impor­tanti incarichi. Nel suo nuovo ruolo era chiamato in primis alla difficile riorganizzazione della Provincia, per difenderla dal laicismo imperante, puntando soprattutto sulla valorizzazione delle nuove vocazioni.

Attraverso l’esperienza diretta sul campo, ebbe presto modo di constatare la carenza, nel tessuto sociale pie­montese, di quelle “api laboriose”, come sono definite le Figlie della Carità, e delle opere ad esse connesse, come le Dame della Carità e le Figlie di Maria.

Con entusiasmo giovanile le invitò a lasciare la Francia alla volta di Torino. La sua richiesta non tardò ad essere esaudita. In pochi anni le Suore Vincenziane si moltiplicarono di numero, ed insieme i loro interventi assistenziali. Coa­diuvate dalle Dame della Carità, realizzarono una vera rete di centri di carità per i poveri della città. La mente direttrice e lo spirito animoso di questo movimento furono, naturalmente, il Padre Durando ed i suoi Mis­sionari.

Con coraggio singolare guidò le sue Suore ed i suoi Missionari anche in Crimea, per assistere i soldati feriti o ammalati sui campi di battaglia.

Tuttavia, l’Opera che meglio rappresenta l’entusiasmo di Padre Durando per le missioni è certamente costituita da quella delle Suore Nazarene, comunità, fondata proprio da lui nel 1865, per molti aspetti particolare e addi­rittura coraggiosa per la mentalità del tempo: infatti, alle Suore Nazarene era affidato anche l’incarico di offrire assistenza agli ammalati a domicilio, sia di giorno che di notte.

Prerogativa fondamentale della comunità della Suore Nazarene risulta essere una spiritualità che pone al centro Gesù Crocifisso, figura da riscoprire e servire in ogni malato, negli orfani, nei tribolati e negli ultimi della società.

Uno spirito religioso estremamente sentito e coinvol­gente, che ha presto superato i confini del loro operato e del loro territorio, per diffondersi anche nelle lontane missioni del Madagascar.

Padre Marcantonio Durando chiuse la sua ultima giornata laboriosa il 10 dicembre 1880 a 79 anni di età. I suoi resti mortali sono tumulati nel piccolo santuario della Passione annesso alla Chiesa della Visitazione in Torino, proprio nel luogo in cui si erano radunate le prime Suore Nazarene.

Padre Marcantonio Durando è stato innalzato agli onori dell'altare, il 20 ottobre 2002, dal Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005).

La sua vita esemplare e le sue opere lo collocano nella schiera dei grandi Beati e Santi piemontesi del secolo XIX.

Per approfondimenti & è Marcantonio Durando



Fonte principale : vincenziani.com (« RIV.»).

Respuesta  Mensaje 1500 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 11/12/2012 03:33
 

Martedì  11 Dicembre  2012


Respuesta  Mensaje 1501 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 11/12/2012 03:35

Martedì 11 Dicembre 2012

 

San Damaso I, Papa

(memoria facoltativa)

D

amaso I, secondo l’Annuario Pontificio stampato a Roma nel 1871, fu il 38° papa della Chiesa cattolica: regnò dal 1° ottobre 366 alla sua morte, l'11 dicembre 384.

Figlio dell'Iberico Antonio e di una certa Laurentia, nacque, intorno al 305, probabilmente, o nell'attuale Portogallo o a Roma; la cosa certa è che crebbe a Roma al servizio della chiesa di S. Lorenzo martire.

Morto Pp Liberio (352-366), il 24 settembre 366, il clero romano si divise in due fazioni: una, favorevole alla politica di Felice II, poi considerato antipapa, del tutto contraria ad ogni accordo con i sostenitori delle teorie ariane (nonostante Felice II fosse ariano), e l'altra, maggioritaria, più conciliante e favorevole ad accordi e compromessi.

In due distinte e contemporanee elezioni, i primi elessero Pp il diacono Ursino, mentre i secondi scelsero Damaso, che fu consacrato nella Basilica di S. Giovanni in Laterano il 1° ottobre 366.

In un periodo piuttosto burrascoso per il cristianesimo, Damaso difese con vigore l'ortodossia cattolica. In due sinodi romani (368 e 369) condannò fermamente l'Apollinarismo (dottrina eretica di Apollinare di Laodicea per la quale il Verbo si sarebbe unito direttamente al corpo di Gesù Cristo e non alla sua anima umana) e il Macedonianismo (prende il nome dal presbitero Macedonio di Costantinopoli: gli aderenti a questa concezione credevano che lo Spirito Santo fosse una creatura di Dio, superiore agli angeli, ma non consustanziale al Padre e al Figlio); inviò i suoi legati al Concilio di Costantinopoli (381), convocato contro le suddette eresie.

Nel sinodo romano del 369 (o del 370) scomunicò Aussenzio, il vescovo ariano di Milano che, comunque, mantenne la sede fino alla sua morte, nel 374, quando fu sostituito da Ambrogio.

Fu Damaso che invitò S. Girolamo ad intraprendere la sua famosa revisione delle antiche versioni latine della Bibbia (Vulgata). Grazie al suo impegno, la Chiesa orientale, nella persona di Basilio di Cesarea, ne implorò l'aiuto e l'incoraggiamento contro il trionfante arianesimo.

Il pontefice sostenne, inoltre, l'appello dei senatori cristiani all'imperatore Graziano per la rimozione dell'altare della Vittoria dal Senato (Ambrogio, Epistola XVII, n. 10) e sotto il suo pontificato fu emanato il famoso editto di Teodosio I, De fide Catholica (27 febbraio 380) che proclamava religione ufficiale dello Stato romano la dottrina di cui Damaso era il capo supremo (Cod. Theod., XVI, 1, 2).

Quando, nel 379, l'Illiria si staccò dall'Impero romano d'Occidente, Damaso si affrettò a salvaguardare l'autorità della Chiesa di Roma nominando un vicario apostolico nella persona di Ascolio, vescovo di Tessalonica. Questa fu l'origine dell'importante vicariato papale legato a quella sede.

Damaso I fu il primo vescovo di Roma ad invocare il testo petrino (« E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. » Mt 16,18), secondo il quale il primato della Sede Apostolica, variamente favorito da atti imperiali ed editti dei suoi tempi, non si basa sulle delibere dei concili, ma sulle parole di Gesù Cristo. Da Damaso in poi, infatti, si nota un marcato aumento del volume e dell'importanza delle pretese di autorità e di primato da parte dei vescovi romani. Per questi motivi, il suo pontificato è anche uno dei più importanti punti di riferimento nel progresso verso il Papato vero e proprio.

Damaso I contribuì notevolmente anche all'arricchimento liturgico ed estetico delle chiese cittadine. Dopo la fine della Grande Persecuzione i cristiani tornarono a professare la loro religione in pubblico, pertanto le Catacombe di Roma iniziarono ad andare in disuso. Damaso, però, vi fece eseguire lavori di consolidamento ed ampliamento, impedendone la rovina. Man mano che rinveniva ed identificava i sepolcri dei martiri e dei vescovi, componeva epigrammi in loro onore e li faceva trascrivere dal calligrafo Furio Dionisio Filocalo sui loro sepolcri. Nella cripta dei papi del cimitero di Callisto fece scrivere: Qui io, Damaso, desidererei far seppellire i miei resti, ma temo di turbare le pie ceneri dei Santi.

Questi abbellimenti cerimoniali e l'enfasi sull'eredità romana di Pietro e Paolo portò ad un generale convincimento, presso le classi alte romane, che la vera gloria di Roma era cristiana e non pagana. Tutto ciò rese socialmente più accettabile, per le classi alte, la conversione al cristianesimo. Spesso, le donne delle famiglie nobili erano le prime ad abbandonare gli usi pagani, mentre gli uomini tendevano a mantenerli più a lungo, essendo in genere più legati ad una visione della grandezza dell'impero.

Damaso I restaurò anche la chiesa della quale era stato diacono (la basilica di S. Lorenzo in Damaso) e provvide alla corretta conservazione degli archivi della Chiesa romana. In onore del trasferimento provvisorio in quel luogo (258) dei corpi dei santi Pietro e Paolo, fece costruire nella basilica di S. Sebastiano sulla Via Appia, il monumento marmoreo, noto come Platonia, e lo fece decorare con una iscrizione.

Sulla Via Ardeatina fece costruire, tra i cimiteri di Callisto e Domitilla, una basilicula (piccola chiesa), le cui rovine furono scoperte tra il 1902 e il 1903, e che, secondo il Liber Pontificalis, conterrebbe i resti mortali del papa, di sua madre e di sua sorella. In questa occasione lo scopritore, Mons. Wilpert, trovò anche l'epitaffio della madre del papa dal quale non solo si apprese che il suo nome era Laurentia, ma anche che visse i sessanta anni della sua vedovanza al servizio di Dio, e che morì ad ottantanove anni.

Damaso I fece costruire in Vaticano un battistero in onore di S. Pietro e lo fece decorare con una delle sue artistiche iscrizioni, ancora preservata nelle cripte del Vaticano.

Papa Damaso I morì l'11 dicembre 384 ed in tale giorno ricorre la sua festa.

La tradizione vuole che il 1° settembre del 1577 il card. Alessandro Farnese il giovane fece traslare le sue spoglie, insieme a quelle di Pp Eutichiano, nella Basilica di S. Lorenzo in Damaso. La reliquia del suo cranio è conservata nella Basilica di S. Pietro in Vaticano, mentre quella di un braccio, secondo quanto scritto su una lapide del 1091, si trova nella Chiesa di S. Tommaso in Parione.

Per le sue attività nelle catacombe, S. Damaso I è il protettore degli archeologi.



Fonte principale: wikipendia.org (« RIV.»).

Respuesta  Mensaje 1502 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 11/12/2012 03:36

Martedì 11 Dicembre 2012

 

Santa María de las Maravillas de Jesús

(Pidal y Chico de Guzmán)

Carmelitana, fondatrice

M

aría de las Maravillas de Jesús (Pidal y Chico de Guzmán) nacque a Madrid il 4 novembre 1891.

Fin dall'infanzia desiderò consacrarsi a Dio e dedicò la sua gioventù all'aiuto dei bisognosi. Attratta dalla spiritualità di S. Teresa di Gesù e di S. Giovanni della Croce, e mossa dal suo amore per la Vergine Maria, entrò nel Carmelo dell'Escorial il 12 ottobre 1919.

Nel 1924 fondò un Monastero di Carmelitane Scalze nella località Cerro de los Angeles, centro geografico della penisola iberica, accanto al monumento al Cuore di Gesù, come luogo di preghiera e immolazione per la Chiesa e per la Spagna.

Durante la persecuzione religiosa Madre Maravillas brillò per il suo spirito di riparazione, la sua fortezza, serenità e fiducia nel Signore.

Nel segno della fedeltà a S. Teresa procedette alla fondazione di altri dieci conventi carmelitani, recuperando luoghi tradizionali di S. Teresa e S. Giovanni.

Priora durante lunghi anni, formò le sue consorelle con la testimonianza delle sue virtù e si distinse per la sua vita mistica, l'ardore apostolico e la bontà unita a fermezza verso coloro che la consideravano una vera madre.

Morì nel Carmelo di La Aldehuela, l'11 dicembre 1974, pronunciando le seguenti parole: "Che felicità morire carmelitana!". La sua salma riposa nella poverissima cappella del monastero di La Aldehuela.

La causa canonica fu introdotta il 19 giugno 1980.

María de las Maravillas de Jesús è stata beatificata il 10 maggio 1998 e canonizzata, a Madrid, il 4 maggio 2003, dallo stesso Papa : il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005).

Per approfondimenti & è S. Maria Maravillas di Gesù



Fonte principale : vatican.va (« RIV.»).

Respuesta  Mensaje 1503 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 12/12/2012 03:47

Mercoledì  12 Dicembre  2012

 

 

Respuesta  Mensaje 1504 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 12/12/2012 03:49

Mercoledì 12 Dicembre 2012

 

Beato Giacomo Capocci da Viterbo

Vescovo di Benevento e Napoli

G

iacomo, discendente, forse, della nobile famiglia Capocci, nacque a Viterbo intorno al 1255, ma non si hanno notizie dei suoi anni giovanili.

Abbracciata ben presto la vita religiosa, entrò nel 1272 tra gli Eremitani di S. Agostino, di cui vestì l’abito nel convento viterbese della Santissima Trinità. Prima del 1275 fu inviato a Parigi a studiare teologia nello Studio del suo Ordine, dove frequentò le lezioni di Egidio Romano, che lo ebbe poi sempre in grande stima.

Tornato in patria nel 1281-82, ricoprì dapprima la carica di primo Definitore della provincia romana nel 1283, quindi fu Visitatore nel 1284 e poi di nuovo Definitore nel 1285, esercitando nel frattempo, con ogni probabilità, anche le funzioni di Lettore in qualche convento della medesima provincia.

Insieme, forse, con Egidio Romano, ritornò a Parigi nel 1286 per riprendervi gli studi teologici, conseguendo il Baccellierato nel 1288 e, al termine del prescritto tirocinio, il Dottorato nel 1293. Su designazione di Egidio Romano, eletto Priore Generale dell'Ordine, fu nominato nello stesso anno Maestro Reggente dello Studio parigino, rimanendo in carica sino al 1299.

Tornato in Italia nel 1300, insegnò per due anni nello Studio di Napoli, che dovette lasciare perché nominato da Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1294-1303), il 3 settembre 1302, arcivescovo di Benevento; il 6 o il 12 dicembre successivo venne trasferito alla sede di Napoli, dove, pastore veramente zelante, seppe guadagnarsi la stima e la venerazione del re Carlo II d'Angiò e del figlio Roberto, duca di Calabria, che lo aiutò nella costruzione della nuova cattedrale.

Il 13 maggio 1306 cominciò a trattare la causa di canonizzazione del santo pontefice Celestino V (Pietro Angeleri, 5 luglio/13 dicembre 1294), che gli era stata espressamente affidata da Clemente V (Bertrand de Gouth, 1305-1314) e nella quale egli pose ogni cura, tanto da recarsi personalmente a raccogliere testimonianze sui luoghi stessi dove Pietro Angeleri aveva condotto la sua vita penitente.

In tale attività seguitò sino alla morte, avvenuta a Napoli, con fama di santità, verso la fine del 1307 o all’inizio del 1308.

Considerato uno dei maggiori teologi scolastici, per l’acume del suo ingegno, meritò l’onorifico titolo di "doctor speculativus".

Le sue opere sono:

1) "De regimine christiano" (l'unica opera pubblicata per intero) sul reggimento della Cristianità a Bonifacio VIII, due libri, in cui tratta, con grande sottigliezza, della Chiesa, del potere di Cristo Re e di quello del suo Vicario.

2) Questioni sui "praedicamenta in divinis" disputate a Parigi.

3) Abbreviazione delle Sentenze di Egidio Romano.

4) Sul "Magistrum Sententiarum", 4 libri.

5) Questioni di sacra Teologia.

6) Cinquanta questioni sullo Spirito Santo.

7) Catena dei Padri nelle Epistole di S. Paolo.

8) Sermoni su argomenti diversi.

9) Altri trenta "Quodlibet".

10) Questioni sugli Angeli.

11) Spiegazioni delle Epistole di S. Paolo.

12) Esposizione del Vangelo di S. Matteo.

13) Esposizione del Vangelo di S. Luca.

14) Summa degli articoli di Fede.

15) Commento dei libri della Fisica e Metafisica.

16) Libro dei principi di natura.

17) Concordanze dei Salmi di Davide. E altri».

La memoria di Giacomo Capocci, subito circondata di venerazione, divenne ben presto oggetto di culto pubblico, confermato ufficialmente da S. Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, 1903-1914) solo nel 1911.

La memoria liturgica ricorre il 12 dicembre.

Significato del nome Giacomo : "che segue Dio" (ebraico).

Per approfondimenti & è Il Beato Giacomo da Viterbo



Fonte principale : P. Bruno Silvestrini O.S.A. (« RIV.»).

Respuesta  Mensaje 1505 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 13/12/2012 04:33
 

Giovedì  13 Dicembre  2012


Respuesta  Mensaje 1506 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 13/12/2012 04:35

Giovedì 13 Dicembre 2012

 

Santa Lucia

Vergine e martire (memoria)

L

ucia nacque intorno all’anno 283 d.C., a Siracusa, da una nobile famiglia cristiana. Il padre di Lucia, che forse si chiamava Lucio, morì quando lei era ancora molto piccola, così fu allevata da mamma Eutichia dalla quale apprese le verità del cristianesimo e il messaggio di amore di Gesù. Fu così che Lucia conobbe le storie dei primi cristiani, il loro martirio per amore di Gesù e, così crescendo, in cuor suo, decise di consacrarsi con voto perpetuo della verginità.

Lucia, preoccupata per l’aggravarsi della malattia che aveva colpito la mamma, una emorragia ritenuta incurabile, suggerì il pellegrinaggio presso il sepolcro della martire sant’Agata, a Catania, perché la fama della gloriosa santa si era sparsa ovunque grazie ai miracoli da lei operati; in cuor suo Lucia era certa che avrebbe giovato anche alla sua cara mamma.

Eutichia accettò piena di speranza l’esortazione di Lucia e così stabilirono di partire in pellegrinaggio per raggiungere Catania, dove arrivarono proprio nel giorno della festa di sant’Agata: era il 5 Febbraio del 301. Durante la celebrazione sentirono il passo del Vangelo di Matteo riguardante il racconto della donna che soffriva di emorragia e guarita per aver toccato il mantello di Gesù. Lucia, illuminata, propose alla mamma di toccare il sepolcro di sant’Agata convinta della potente intercessione della Santa.

Mentre Eutichia toccava il sepolcro, a Lucia apparve in visione S. Agata che le disse Lucia, sorella mia, perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi ottenere per tua madre? Ecco, tua madre è già guarita per la tua fede. Lucia disse alla mamma: Per l’intercessione di S. Agata, Gesù ti ha guarita e, pensando che quello era il momento giusto, rivelò alla sua mamma l’intenzione di consacrarsi a Gesù, e di voler donare la sua ricca dote nuziale ai poveri: Eutichia acconsentì anche se forzata.

Un giovane pagano della sua città, innamorato di Lucia, deluso per il mancato matrimonio, in quanto Lucia le aveva spiegato che lei si era consacrata a Gesù, si vendicò con rabbia, denunciandola, come seguace di Cristo, al terribile prefetto romano Pascasio. L’imperatore Diocleziano aveva emesso un editto che prevedeva una feroce repressione contro i cristiani.

Lucia fu arrestata e condotta dinanzi al prefetto Pascasio, che le ordinò di fare sacrifici agli dei pagani per rinnegare la propria fede cristiana, ma Lucia oppose un fermo rifiuto. Pascasio si rese conto che non avrebbe ottenuto nulla ed allora ordinò che la ragazza fosse portata nei peggiori bassifondi della città affinché le fosse usata violenza. I soldati l’afferrarono per portarla via, ma, benché legata mani e piedi e tirata da 6 uomini e 6 buoi, non riuscivano a spostarla; inspiegabilmente Lucia rimaneva salda come un masso.

Pascasio pensò che tale prodigio fosse opera di magia ed, infuriatosi, ordinò che fosse trattata come una strega: fu quindi cosparsa di resina e pece e data a fuoco ma le fiamme non la bruciavano. Lucia disse a Pascasio : Ho pregato il mio Signore Gesù Cristo affinché questo fuoco non mi molestasse per dare ai credenti il coraggio del martirio...

Pascasio furente la condannò alla decapitazione. Lucia, prima dell’esecuzione, preannunciò la morte di Diocleziano, avvenuta dopo pochi anni, e la fine delle persecuzioni, terminate nel 313 d.C. con l’editto di Costantino.

Lucia venne uccisa il 13 Dicembre del 304 ed ebbe sepoltura nello stesso luogo dove nel 313 fu costruito un santuario a lei dedicato.

Nel 1039 il generale bizantino Giorgio Maniace trasferì il corpo di S. Lucia da Siracusa a Costantinopoli, per sottrarla al pericolo di invasione della città di Siracusa da parte dei Saraceni.

Nel 1204, durante la quarta crociata, il doge di Venezia, Enrico Dandolo, trova a Costantinopoli le spoglie della Santa, le porta a Venezia nel monastero di San Giorgio e nel 1280 le fa trasferire nella chiesa a lei dedicata a Venezia.

Le sacre spoglie della santa siracusana tornarono eccezionalmente a Siracusa per 7 giorni nel dicembre 2004 in occasione del 17° centenario del suo martirio; l'arrivo e la partenza delle spoglie furono salutati da una incredibile folla di siracusani che sperano in un ritorno definitivo.

S. Lucia ha salvato tante volte Siracusa nei suoi momenti più drammatici come carestie, terremoti, guerre; è intervenuta anche in altre città come Brescia che, grazie alla sua intercessione, fu liberata da una grave carestia.

S. Gregorio I Magno (590-604), inserì S. Lucia nel canone della messa romana. Alcune citazioni si ritrovano nella Summa Teologica di S. Tommaso d’Aquino.

Dante ne fa il simbolo della Grazia illuminante e si definisce suo fedele. La reputava protettrice della vista e, come racconta nel Convivio, si rivolse spesso a Lei per guarire dai disturbi agli occhi.

La leggenda popolare narra, che alla Santa furono strappati gli occhi dalle orbite, per questo alcune iconografie raffigurano la Santa con un vassoio in mano su cui sono posti gli occhi.

La vita di S. Lucia, come spesso accade per i santi dei primi secoli del cristianesimo, è intessuta di elementi leggendari; questi stanno a testimoniare l’enorme venerazione di cui la santa ha goduto e gode sia in Italia che nel mondo.

S. Lucia è Patrona di Siracusa e di molte altre città in Italia e nel mondo: è considerata la protettrice degli occhi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini e viene spesso invocata nelle malattie degli occhi.



Fonti principali: digilander.libero.it; wikipendia.org (« RIV.»).


Preghiera


O gloriosa Santa Lucia, che alla professione della fede, associasti la gloria del martirio, ottienici di professare apertamente le verità del Vangelo e di camminare con fedeltà secondo gli insegnamenti del Salvatore.


O Vergine Siracusana, sii luce alla nostra vita e modello di ogni nostra azione, cosicché, dopo averti imitato qui in terra, possiamo, assieme a te godere della visione del Signore. Amen.


Composta da Angelo Giuseppe Roncalli al tempo di Patriarca di Venezia; divenne poi Pp Giovanni XXIII (1958-1963); beatificato il 3 settembre 2000.


Respuesta  Mensaje 1507 de 1557 en el tema 
De: sempreverde Enviado: 13/12/2012 12:06

Respuesta  Mensaje 1508 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 14/12/2012 03:52

Venerdì  14  Dicembre  2012

 

Respuesta  Mensaje 1509 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 14/12/2012 03:53
 

Venerdì 14 Dicembre 2012

 


San Giovanni della Croce

Sacerdote e Dottore della Chiesa

Fondatore dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi

G

iovanni della Croce, al secolo Juan de Yepes Álvarez, nacque a Fontiveros, un borgo della Vecchia Castiglia, in Spagna; il padre Gonzalo de Yepes, nobile toledano, fu cacciato di casa e diseredato per aver sposato una povera tessitrice di seta, Catalina Álvarez.

Egli manifesta fin da piccolo inclinazione alla carità verso i poveri e ancora di più verso la preghiera contemplativa.

Nel periodo tra il 1551 e il 1559 ha una formazione culturale ed artigiana nel Colegio de los doctrinos di Medina del Campo (Valladolid), dove si è trasferita la famiglia.

Successivamente fa il falegname, il sarto, il pittore e l'intagliatore, l'accolito della Chiesa della Maddalena, il commesso e l'aiutante infermiere nell'Ospedale della Concezione.

Nel 1563 entra nell'Ordine Carmelitano e tra il 1564 e il 1568 compie gli studi all'Università di Salamanca.

Nel 1567 è ordinato sacerdote e tra settembre e ottobre dello stesso anno incontra Teresa d'Avila, da cui è conquistato in vista dell'inizio della riforma dell'ordine dei Carmelitani.

Il 9 agosto 1568, dopo numerosi colloqui con Teresa, va a Valladolid per la fondazione del primo convento di Carmelitane Scalze e vi rimane fino ad ottobre, informandosi dettagliatamente sulla nuova vita riformata; all'inizio di ottobre va a Duruelo (Segovia), adattandovi un cascinale a primo convento dei Carmelitani Scalzi; il 28 novembre, I domenica d'Avvento, vi inaugura la vita riformata.

Tra le varie sofferenze, fisiche e spirituali, che deve sperimentare a seguito della sua adesione alla riforma, spicca in particolare l'imprigionamento, il 2 dicembre 1577, nel carcere del convento dei Carmelitani Calzati. Qui resta rinchiuso per più di otto mesi : è sottoposto a maltrattamenti e torture fisiche, psicologiche e spirituali, trovando peraltro l'ispirazione per comporre alcuni dei suoi poemi mistici più noti e riuscendo, alla fine, a fuggire, tra le 2 e le 3 del mattino del 17 agosto 1578, in modo assai avventuroso.

Nel 1584 termina a Granada la prima redazione del "Cantico Spirituale", mentre in questi anni redige e perfeziona i suoi principali trattati spirituali: i suoi scritti verranno pubblicati per la prima volta nel 1618.

Il 28 settembre 1591 parte ammalato per Úbeda (Jaén), dove trascorre gli ultimi mesi di vita.

Alle ore 12 della notte tra il venerdì 13 e il sabato 14 dicembre 1591 muore a Úbeda, in Spagna, a 49 anni di età.

Fu beatificato nel 1675 da Pp Clemente X (Emilio Altieri, 1670-1676); canonizzato da Pp Benedetto XIII (Pietro Francesco Orsini, 1724-1730) il 27 dicembre 1726; dichiarato Dottore della Chiesa da Pp Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939) nel 1926.

S. Giovanni della Croce fu poeta (considerato tra i maggiori in lingua spagnola) e teologo: autore di svariati trattati, riguardanti soprattutto la preghiera, e del cammino spirituale dell’anima verso Dio e in Dio.

La sua dottrina vuole che l'uomo, attraverso il passaggio nelle tre fasi (“purgativa, illuminativa e unitiva”) si liberi progressivamente da ogni attaccamento e da ogni senso del possesso per essere del tutto puro e libero di unirsi alla divinità (“luce tenebrosa e tenebra luminosa”). Porta il paragone per cui, se si fissa di fronte e senza schermo il sole, per la troppa luminosità, l'occhio avrà l'impressione di vedere una macchia nera.

S. Giovanni della Croce scrisse, fra l’altro, tre trattati di teologia mistica che gli valsero il soprannome di Doctor Mysticus”:

1. Cantico spirituale

2. Notte oscura dell’anima

3. Ascesa al Monte Carmelo.

Queste tre opere, insieme ai suoi Pensieri sull'amore e sulla pace e agli scritti di S. Teresa d’Avila, sono considerate tra le più importanti opere mistiche in lingua spagnola, ed hanno influenzato molti scrittori spirituali successivi e filosofi.

Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) fu fortemente influenzato in gioventù dagli scritti di S. Giovanni della Croce, fino a valutare un'eventuale ingresso nell'ordine carmelitano.

Significato del nome Giovanni : "Il Signore è benefico, dono del Signore" (ebraico).

Per approfondimenti & è San Giovanni della Croce



Fonte principale: wikipendia.org (« RIV.»).


Preghiera


O San Giovanni della Croce, che imparasti ad amare Dio soprattutto nella sofferenza e facesti l’esperienza del "tutto" solo in Lui praticando il "nulla" per le cose create, ottienici l’amore a Gesù Crocefisso e la forza di abbracciare le nostre croci quotidiane sperimentando anche noi che "Dio solo basta".


Respuesta  Mensaje 1510 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 14/12/2012 03:55
 
 

Venerdì 14 Dicembre 2012


San Nimatullah Kassab Al-Hardini

Sacerdote dell'Ordine libanese maronita

N

imatullah, al secolo Youssef, Kassab Al-Hardini nasce nel 1808 ad Hardin, nel Nord del Libano. Youssef avvertì fin dall'infanzia l'influsso della tradizione monastica della sua Chiesa, nutrita della tradizione siriaca del Patriarcato di Antiochia. Apparteneva ad una famiglia maronita, composta da sei figli. Suo padre, Girgis Kassab di Hardin e sua madre, Mariam Raad di Tannourin, educarono i loro figli a una viva devozione verso Dio e la sua Chiesa.

Ad Hardin, il giovane Youssef trascorse i primi anni dell'infanzia fra i monasteri e gli eremi del suo villaggio: San Doumit, San Giorgio...

Quattro figli della sua famiglia adottarono la vita monastica o sacerdotale come via per concretizzare il loro Battesimo:

- Tanios divenne parroco;

- Eliseo entrò nell'Ordine Libanese Maronita nel quale restò come eremita per 44 anni;

- Msihieh abbracciò la vita claustrale nel monastero di S. Giovanni Battista di Hrasch;

- Youssef, all'età di 20 anni, entrò nel monastero di S. Antonio a Kozhaya dove scelse di farsi chiamare Nimatullah ("Grazia di Dio").

Dopo la professione monastica, il 14 novembre 1830, fu inviato al monastero dei Santi Cipriano e Giustino a Kfifan per studiare la filosofia e la teologia, partecipando contemporaneamente all'Ufficio nel coro e lavorando nei campi. Egli era conosciuto, inoltre, per l'abilità nel rilegare i manoscritti ed i libri, un mestiere che aveva imparato durante il noviziato a Qozhaya. In quel periodo, a causa del suo ascetismo e dell'intensa applicazione negli studi, si ammalò. Ma questo non gli impedì di perseverare nel manifestare la fedeltà al suo impegno. Per evitargli, tuttavia, la fatica enorme del lavoro nei campi il suo superiore lo destinò al guardaroba e divenne, così, il sarto della comunità.

Il 25 dicembre 1833, al termine dei suoi studi filosofici e teologici, fu ordinato sacerdote a Kfitane. La sua giornata era, abitualmente, divisa in due parti: la prima metà per prepararsi alla celebrazione eucaristica e l'altra metà per il ringraziamento. Era solito, infatti, pregare per ore nella cappella del monastero dinanzi al SS. Sacramento, inginocchiato, con le braccia aperte a croce e lo sguardo fisso, rivolto al tabernacolo. Nutriva, altresì, una tenera devozione nei riguardi della Madre di Dio. Per questo, oltre alla recita quotidiana del Rosario e dopo la celebrazione della messa, aveva molta familiarità con le "Glorie di Maria" di S. Alfonso M. de' Liguori, grande maestro di teologia morale. Questa dimensione contemplativa era vissuta nella realtà pratica con l'amore per i fratelli e per la cultura.

Egli fondò a Kfifan e, più tardi, a Bhersaf la scuola chiamata, secondo la tradizione, "Scuola sotto la quercia" per istruire gratuitamente la gioventù.

Uomo di grande cultura, nel 1845, ricevette la nomina ad assistente generale dell’ordine; ricoprì, per obbedienza, tale carica ritenendosene sempre indegno.

Ciononostante svolse tale mandato complessivamente tre volte (dal 1845 al 1848; dal 1850 al 1853 e dal 1856 al 1858). Si rifiutò sempre e fermamente, però, di ricoprire la carica di abate generale, declinandone le responsabilità, in quanto la Vergine glielo avrebbe proibito. Durante l’espletamento dei tre mandati fu costretto a vivere presso il monastero di Nostra Signora di Tamish, dove era la casa generalizia dell’ordine maronita. Ciò lo obbligava a spostarsi di frequente a Kfifane, dove insegnava teologia al seminario maggiore; tra i suoi allievi ci fu anche Charbel Makhluf (canonizzato il 9 ottobre 1977).

Nel mese di dicembre Padre Nimatullah si trovava al monastero di Kfifan per insegnare, quando fu colpito da una polmonite causata dal freddo glaciale dell'inverno di quella regione. La sua malattia andò aggravandosi di giorno in giorno ed egli domandò a uno dei monaci di trasportarlo in una cella vicino alla chiesa per sentire il canto dell'Ufficio. Dopo dieci giorni d'agonia, ricevette l'Unzione degli infermi tenendo l'icona della Vergine Maria fra le mani e invocandola: O Maria, vi affido la mia anima.

Morì il 14 dicembre 1858, all'età di 50 anni. Al momento della morte una grande luce illuminò l’umile stanza in cui si era spento, ed un soave odore aromatico si sprigionò dal suo corpo, rimanendo in quel luogo per diversi giorni dopo.

La sua fama di santità, già molto viva durante la sua esistenza, si consolidò dopo la morte, anche grazie ai molti miracoli, ottenuti per sua intercessione, che fiorirono e continuano a fiorire intorno alla sua tomba a Kfifane, dov’è conservato il suo corpo miracolosamente incorrotto.

La sua causa di Beatificazione fu presentata a Roma nel 1926, con quelle del monaco Charbel (beatificato nel 1965 e canonizzato nel 1977) e di Rafqa, monaca libanese maronita (beatificata nel 1985 e canonizzata nel 2001).

Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) dichiarò Padre Nimatullah Kassab Al-Hardini: Venerabile il 7 settembre 1989, Beato il 10 maggio 1998, Santo il 16 maggio 2004.

Per approfondimenti & è San Nimatullah Kassab Al-hardini



Fonti principali: vatican.va; wikipendia.org; santiebeati.it (« RIV.»).

Respuesta  Mensaje 1511 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 14/12/2012 03:57

San Pompeo di Pavia Vescovo

14 dicembre

Sec. IV

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Pavia, san Pompeo, vescovo, che, successore di san Siro, dopo pochi e pacifici anni passò al Signore.


Cinque giorni or sono, parlammo di San Siro, primo Vescovo di Pavia e favoloso evangelizzatore di gran parte della valle del Po. Nell'opera imponente di gettare la rete del pescatore d'uomini su quella terra piana e ferace, stesa a perdita d'occhio attorno alle torri e ai campanili di Pavia, egli ebbe come collaboratore San Pompeo.
San Pompeo che successe a San Siro quando questi - non si sa bene in quale anno, anzi in quale secolo - riposò nella meritata gloria. Non ci sarebbe perciò da aggiungere molto altro su questo Santo, secondo Vescovo dell'elenco dei pastori che la tradizione assegna a Pavia. Anche perché, sul conto di San Pompeo, si sa assai poco, per non dire quasi nulla. Bisogna ricorrere alla vita dello stesso San Siro, per sapere che l'episcopato di Pompeo fu breve e pacifico. Nient'altro.
A lui successe il Vescovo San Giovenzo; mentre San Pompeo sarebbe stato sepolto, con San Siro, in quella chiesa dei Santi Gervasio e Protasio che avrebbe dovuto essere una specie di sfida in muratura dei fedeli di Pavia nei confronti dei fedeli di Milano; dei devoti di San Siro contro i " tifosi " di Sant'Ambrogio.
Per queste scarse e precarie notizie, non sarebbe stato necessario dedicare il giorno a San Pompeo - e con questo non sarebbero state diminuite affatto le vere e grandi glorie della città di Pavia. Se lo abbiam fatto, è perché, bene o male, egli è il più celebre dei pochi Santi che portano il nome di Pompeo. Nome glorioso e famoso, come si sa, per aver designato il grande condottiero e uomo politico dell'antica Roma; compagno prima e avversario poi di Giulio Cesare, il quale, si narra, pianse quando gli fu presentata la testa dei valoroso antagonista, mozzata a tradimento, per ordine del Re egiziano Tolomeo XII, fratello e sposo di Cleopatra.
Non c'è dubbio che la diffusione del nome di Pompeo sia dovuta, non alla devozione di un Santo, ma al ricordo dell'antico condottiero romano.
Di lui si vanta la decisione con la quale liquidò i resti del partito di Mario; la risolutezza con la quale ristabilì l'ordine in Spagna; la spietatezza con la quale annientò le ultime bande degli schiavi ribelli di Spartaco;
la fulmineità con la quale liberò l'Adriatico dei pirati; l'abilità con la quale guerreggiò in Asia Minore e nel Ponto, battendo il Re Mitridate. Finalmente, l'accanimento con il quale contese a Cesare, nella sfortunata guerra civile, il dominio assoluto, cioè l'imperium, del mondo romano.
Fatti d'arme, imprese distruttive, episodi di sangue. La gloria dei condottieri si fonda sempre su questi elementi, che gettano un'ombra cruenta sui loro meriti, per grandi che siano di fronte all'impassibile e quasi disumano giudizio della Storia.
Dei Santi, invece, anche quando non si sa quasi nulla, come nel caso di San Pompeo, di una cosa si può essere sicuri: che noi li ricordiamo per aver essi compiuto, certamente e solamente, delle opere di bene.


Respuesta  Mensaje 1512 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 15/12/2012 04:03

Sabato  15 Dicembre  2012

Santo(i) del giorno

S. MARIA CROCIFISSA (Paola) Di Rosa, Vergine e fondatrice
S. VIRGINIA  Centurione Bracelli, Vedova, fondatrice
BB. MARIJA JULA Ivanišević e 4 consorelle « Martiri della Drina »
S. Valeriano, Vescovo e martire in Africa († dopo il 460)
B. Marino, Abate di Cava dei Tirreni († 1170)
B. Maria Vittoria de Fornari Strata (1562-1617), Vedova e religiosa
B. Carlo Steeb (1773-1856), Sacerdote, fondatore
B. Paolo Gracia Sanchez (1892-1936), Coadiutore salesiano e martire
B. Raimondo Eirin Mayo (1911-1936), Coadiutore salesiano e martire




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