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De: Enzo Claudio (Mensaje original) |
Enviado: 29/11/2009 08:44 |
Domenica 29 Novembre
San Francesco Antonio Fasani
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Lucera, 6 agosto 1681 - Lucera, 29 novembre 1742
Ancor giovane fu accolto tra i Minori Conventuali. Si distinse subito per la sua vita integerrima e fu esempio di austerità e zelo sacerdotale. Eletto Ministro Provinciale promosse le regolare disciplina in tutta la Provincia. Propagò la devozione alla Vergine Immacolata, e per circa 40 anni si rese famoso nelle Puglie per la sua ardente parola e per la grande carità verso i poveri, gli orfani e i carcerati. Fu canonizzato da Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986.
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Altri Santi del giorno
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San Francesco Saverio
Sacerdote S.J., Patrono di tutte le missioni
(memoria)
rancesco Saverio, al secolo Francisco de Javier y Jaso, ultimo di sei figli, nacque a Javier il 7 aprile 1506 in una famiglia nobile di Xavier (in Navarra) i cui beni erano stati confiscati da Ferdinando il Cattolico dopo la vittoria sugli autonomisti navarrini filofrancesi.
Per sfuggire alla sconfitta e alla miseria, Francesco si rifugiò quindi in Francia: andò a studiare teologia alla Sorbona di Parigi dove, dopo il primo triennio, divenne "Magister artium". Il titolo abilitava a dare lezioni agli studenti del collegio, e gli consentiva di sostentarsi.
Nel suo stesso collegio di S. Barbara arrivò Ignazio di Loyola che, dice l'agiografia, ne riconobbe immediatamente il temperamento combattivo ed ardente e decise di conquistarlo alla propria causa; ivi studiava anche Pierre Favre (1506-1546), futuro teologo gesuita (beatificato nel 1872, da Pp Pio IX).
Con Javier e Favre, Ignazio di Loyola fece i primi voti, da cui sarebbe poi nata la “Compagnia di Gesù”, nella chiesa di Saint Pierre di Montmartre, il 15 agosto 1534. I voti erano: povertà, castità, e pellegrinaggio in Terrasanta; se non fossero riusciti a partire sarebbero andati a Roma per mettersi a disposizione del Papa.
Non riuscendo a partire da Venezia, i nuovi gesuiti cominciarono con l'adempiere l'ultima parte dell'impegno, e Pp Paolo III (Alessandro Farnese, 1534-1539) finanziò il loro viaggio.
Qui Francesco Saverio fu ordinato prete nel 1537, e qui i primi gesuiti aggiunsero ai tre voti tradizionali di povertà castità e obbedienza, il quarto e distintivo: l'obbedienza al papa.
Nel 1540, Giovanni III del Portogallo, chiese a Pp Paolo III di inviare missionari ad evangelizzare i popoli delle nuove colonie nelle Indie orientali.
Francesco Saverio, indicato da Ignazio, partì nel marzo del 1541. Per le Indie si partiva da Lisbona, e il viaggio del nuovo missionario durò più di un anno: arrivò a Goa ( India) nel maggio dell'anno successivo, spingendosi poi fino a Taiwan. La tradizione vuole che egli abbia portato la propria attività missionaria fino alle Filippine, ma di questo viaggio mancano tracce documentali.
Nel 1545 partì per Malacca, in Malaysia, dove incontrò dei giapponesi che gli diedero l'idea di estendere l'evangelizzazione al Giappone (agosto 1549).
Ammalatosi durante il viaggio da Malacca all’isola di Sancian, morì all’alba del 3 dicembre 1552, all’età di 46 anni e 8 mesi, dopo aver più volte ripetuto: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me! O Vergine, Madre di Dio, ricordati di me!”.
Il suo continuo peregrinare per lontanissime regioni diede ad alcuni l'impressione che fosse di temperamento volubile. Come legato del papa, pioniere, superiore e provinciale dei Gesuiti, era spiegabile che egli, ardentissimo della gloria di Dio e della salvezza delle anime, sospirasse di prendere visione del suo sterminato territorio per inviarvi gli operai occorrenti. S. Ignazio avrebbe preferito che, invece di pagare di persona, fosse rimasto ad amministrare le missioni dell'India, e avesse inviato, a dissodare il terreno, altri confratelli. La lettera che gli scrisse per richiamarlo, almeno provvisoriamente, in Europa, giunse quando egli era già morto.
Francesco Saverio fu sepolto nella chiesa dei Gesuiti di Goa, ma il suo braccio destro fu inviato a Roma, dove si conserva, dal 1614, in un reliquiario della Chiesa del Gesù, chiesa madre dell'ordine. Altre parti del corpo del santo sono state asportate nel corso del tempo ad opera di fedeli interessati al possesso delle reliquie.
Fu beatificato il 21 ottobre 1619 da Pp Paolo V (Camillo Borghese, 1605-1621) e canonizzato, insieme con Ignazio di Loyola, da Pp Gregorio XV (Alessandro Ludovisi, 1621-1623), il 12 marzo 1622.
S. Francesco Saverio, pioniere delle missioni, è Patrono:
· dell’Oriente cristiano dal 1748,
· dell'Opera della Propagazione della Fede dal 1904,
· di tutte le missioni, con S. Teresa di Gesù Bambino, dal 1927.
Significato del nome Francesco : “uomo libero” (antico tedesco).
Per approfondimenti & è San Francesco Saverio Fonti principali : gesuiti.it; wikipendia.org («RIV.»).
Preghiera
O Dio, che con la predicazione apostolica di S. Francesco Saverio hai chiamato molti popoli dell'Oriente alla luce del vangelo, fa' che ogni comunità cristiana arda dello stesso fervore missionario, perché su tutta la terra la santa Chiesa si allieti di nuovi figli. Amen. |
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Santo(i) del giorno S. GIOVANNI DAMASCENO, Dottore della Chiesa (mf)S. GIOVANNI CALABRIA, Sacerdote, fondatoreS. Barbara (273-290), Vergine e martireS. Eracla di Alessandria, Vescovo († 247/249) S. Felice di Bologna (397?-432), Vescovo S. Ada (Adreilde) di Le Mans, Badessa († dopo il 692)S. Bernardo di Parma (cc 1060-1133), Vescovo B. Pier (Pietro) Pettinaio, Terziario francescano († Siena, 1289)BB. Francesco Galvez, Girolamo de Angelis e Simone Yempo, Martiri († 1623)B. Adolph Kolping (1813-1865), Sacerdote, cofondatore |
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Martedì 4 Dicembre 2012
Santa Barbara Martire
4 dicembre |
sec. III
Nacque a Nicomedia nel 273. Si distinse per l'impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di «barbara», cioè straniera, non romana. Tra il 286-287 Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell'imperatore Massimiano Erculeo. La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l'ira di Dioscoro. La ragazza fu così costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella cattedrale di Rieti. (Avvenire)
Patronato: Architetti, Minatori, Moribondi, Fucili e polvere da sparo, Vigili del Fuoco
Etimologia: Barbara = straniera, dal greco
Emblema: Palma, Torre
Martirologio Romano: A Nicomedia, commemorazione di santa Barbara, che fu, secondo la tradizione, vergine e martire.
Ascolta da RadioVaticana:
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Ascolta da RadioMaria:
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Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie, il cui valore storico è molto scarso, anche perché vi si riscontrano non poche divergenze. In alcune passiones, infatti, il suo martirio è posto sotto l’impero di Massimino il Trace (235 – 38) o di Massimiano (286 – 305), in altre, invece, sotto quello di Massimino Daia (308 –13). Né maggiore concordanza esiste sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia, di Nicomedia e, infine, di una località denominata “Heliopolis”, distante 12 miglia da Euchaita, città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la questione si complica maggiormente, perché per alcune di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti, nel Martirologio di Adone si legge: “In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore”. Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui culto fino all’antichità fu assai diffuso, tanto in Oriente quanto in Occidente; invece, per quanto riguarda le notizie biografiche, si possiedono scarsissimi elementi: il nome, l’origine orientale, con ogni verisimiglianza l’Egitto, e il martirio. La leggenda, poi, ha arricchito con particolari fantastici, a volte anche irreali, la vita della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un influsso sia sul culto come sull’iconografia. Il padre di Barbara, Dioscuro, fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Prima di entrare nella torre, non essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d’acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: “Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della S.ma Trinità. Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire. Nuovamente catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche, Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito. Barbara, portata ignuda per la città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l’ordine di flagellazione. Finalmente, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu il padre stesso che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal cielo e bruciò completamente il crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri. L’imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito le reliquie della martire dall’Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nella loro città e di qui furono recate nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell’occupazione bizantina nel sec. VI, e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV,89), s. Gregorio Magno, quando ancora era monaco, amava recarsi a pregare nell’oratorio di S. Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano stati costruiti oratori in onore di B., dei quali fa testimonianza il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55). Barbara è particolarmente invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda); in seguito la sua protezione fu estesa a tutte le persone che erano esposte nel loro lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori; oggi è venerata anche come protettrice dei vigili del fuoco. Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato “Santa Barbara”. La festa di Barbara è celebrata il 4 dicembre.
Autore: Gian Domenico Gordini
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Mercoledì 5 Dicembre 2012
Santo(i) del giorno B. FILIPPO RINALDI, 3° successore di Don BoscoS. Crispina di Thagara, Martire a Tebessa († 304)S. Lucido di Aquara, Monaco († 960 cc)S. Geraldo (Gerardo) di Braga, Vescovo († 1108)B. Bartolomeo Fanti (Mantova, 1428-1495), Sacerdote carmelitanoS. Giovanni Almond (1576-1612), Presbitero e martire in InghilterraB. Niels Stensen (1638-1686), Vescovo di Münster e PaderbornB. Narciso Putz (1877-1942), Presbitero e martire in GermaniaS. Pelino, Vescovo di Brindisi († sec. VII) |
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Mercoledì 5 Dicembre 2012
Beato Filippo Rinaldi
3° successore di Don Bosco
ilippo Rinaldi nasce a Lu Monferrato, in provincia di Alessandria, il 28 maggio 1856. Ottavo di nove figli, conosce, da fanciullo, don Bosco, nel suo paese, in una delle tante passeggiate che il sacerdote faceva con i suoi giovani.
A 10 anni il padre lo iscrive al collegio di Mirabello che lascerà per sua volontà pochi mesi dopo. Don Bosco gli scrive e cerca di indurlo a tornare, ma Filippo è irremovibile.
Nel 1874 don Bosco va a Lu per convincerlo a seguirlo a Torino ma senza successo. Solo tre anni dopo don Bosco riuscì, finalmente, a persuaderlo conquistando il suo cuore e Filippo, all’età di 21 anni, intraprese, a Sampierdarena, il cammino per le vocazioni adulte.
Nel 1880, dopo il noviziato, nelle mani dello stesso don Bosco, emette i voti perpetui.
Nel 1882, finalmente, Filippo risponde alla chiamata del Signore e viene ordinato sacerdote. Dopo poco tempo il santo dei giovani lo nomina direttore a Mathi, un collegio per vocazioni adulte che poi trasferirà a Torino.
A pochi giorni dalla morte di Don Bosco, Don Rinaldi volle confessarsi da lui che, prima di assolverlo, senza forze, gli disse soltanto una parola: “Meditazione”.
Nel 1889 Don Michele Rua (beatificato il 29/10/1972), 1° successore di Don Bosco, lo nominò direttore a Barcellona: “Dovrai sbrigare cose assai delicate”, gli disse. In tre anni, con la preghiera, la mansuetudine e una presenza paterna e animatrice tra i giovani e nella comunità salesiana, risollevò l’opera e venne nominato Ispettore di Spagna e Portogallo.
In nove anni, grazie anche all’aiuto economico della Venerabile Dorotea Chopitea, Don Rinaldi fondò 16 nuove case. Don Rua, dopo una visita, ne restò impressionato e, in seguito, lo nominò Prefetto generale della Congregazione. Nel nuovo incarico, Don Rinaldi continuò a lavorare con zelo, senza mai rinunciare al suo ministero sacerdotale e svolgendo il suo compito di governo con prudenza, carità e intelligenza.
Nel 1910, dopo la morte del beato Michele Rua, Filippo Rinaldi fu rieletto Prefetto e Vicario di Don Paolo Albera, 2° successore di Don Bosco.
Nel 1921 fu eletto 3° successore di don Bosco dando un enorme impulso alle missioni: fondò istituti missionari, riviste e associazioni. Durante il suo rettorato partirono più di 1800 salesiani per tutto il mondo. Compì numerosi viaggi in Italia e in Europa. Istituì l’associazione degli Ex - allievi e fondò l’Istituto secolare delle Volontarie di don Bosco. Ottenne da Pp Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939) l’indulgenza del lavoro santificato.
Maestro di vita spirituale, rianimò la vita interiore dei salesiani mostrando un’assoluta confidenza in Dio e un’illimitata fiducia nell’Ausiliatrice. Il grande salesiano don Francesia disse: “A Don Rinaldi manca solo la voce di Don Bosco”.
Il 5 dicembre 1931, a Torino, Don Filippo Rinaldi concluse santamente e silenziosamente la sua vita terrena, intento a leggere la vita di Don Rua. Il processo di canonizzazione ebbe inizio il 5 novembre 1947 e fu dichiarato “venerabile” il 3 gennaio 1987.
Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) lo ha innalzato agli onori dell'altare il 29 aprile 1990, nella piazza antistante la Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, insieme al giovane Pier Giorgio Frassati ed al Canonico Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari della Consolata.
Le spoglie mortali del Beato Filippo Rinaldi riposano nella cripta della suddetta basilica torinese.
Significato del nome Filippo : "che ama i cavalli" (greco). Fonti principali: sdb.org; santiebeati.it (« RIV.»).
Preghiere Dio, Padre infinitamente buono, Tu hai chiamato il Beato Filippo Rinaldi, Terzo Successore di San Giovanni Bosco, ad ereditarne spirito ed opere: ottienici di imitarne la paterna bontà, l’intraprendenza apostolica, l’operosità instancabile santificata dall’unione con Dio. Concedi a noi le grazie che affidiamo alla sua intercessione. Per Cristo nostro Signore. Amen.
oppure:
Padre d'infinita bontà, tu hai fatto risplendere nel beato Filippo Rinaldi un modello di vita evangelica gioiosamente donata: concedi a noi di imitarne l'illuminata iniziativa apostolica, perché, nella quotidiana fedeltà al nostro lavoro, portiamo a pienezza il tuo progetto d'amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen. |
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San Nicola di Myra (o di Bari)
Vescovo
(memoria facoltativa)
icola nacque probabilmente a Pàtara di Licia, in Asia Minore (attuale Turchia), tra il 260 e il 280, da Epifanio e Giovanna che erano cristiani e benestanti. Fu cresciuto cristianamente, quindi, ma perse prematuramente i genitori a causa della peste. Divenne così erede di un ricco patrimonio che impiegò per aiutare i bisognosi. Si narra che Nicola, venuto a conoscenza di un ricco uomo decaduto che voleva avviare le sue tre figlie alla prostituzione perché non poteva degnamente maritarle, abbia preso una buona quantità di denaro, lo abbia avvolto in un panno e, di notte, l'abbia gettato nella casa dell'uomo, che così poté onestamente sposare le figlie.
In seguito lasciò la sua città natale e si trasferì a Myra dove venne ordinato sacerdote. Alla morte del vescovo metropolita di Myra, venne acclamato dal popolo come nuovo vescovo.
Un'altra leggenda non fa riferimento alle figlie del ricco decaduto, ma narra che Nicola, già vescovo, resuscitò tre bambini che un macellaio malvagio aveva ucciso e messo sotto sale per venderne la carne. Anche per questo episodio S. Nicola è venerato come protettore dei bambini.
Imprigionato ed esiliato nel 305 da Diocleziano, fu poi liberato da Costantino nel 313 e riprese l'attività apostolica. Non è certo che sia davvero stato uno dei 318 partecipanti al Concilio di Nicea del 325, durante il quale avrebbe condannato duramente l'arianesimo, difendendo la verità cattolica, ma la leggenda ci tramanda che in un momento d'impeto prese a schiaffi Ario. Gli scritti di S. Andrea di Creta e di S. Giovanni Damasceno ci confermano l'ortodossa fede di Nicola.
Nicola si occupò anche del bene dei suoi concittadini, ottenne dei rifornimenti durante una carestia e ottenne la riduzione delle imposte dall'Imperatore.
Morì a Myra il 6 dicembre, presumibilmente nell'anno 343, forse nel monastero di Sion, e già allora si diceva compisse miracoli; tale convinzione si consolidò dopo la sua morte, con il gran numero di leggende che si diffusero ampiamente in Oriente, a Roma e nell'Italia meridionale.
Le sue spoglie furono conservate con grande devozione di popolo, nella cattedrale di Myra fino al 1087. Grande è la venerazione a lui tributata dai cristiani ortodossi.
Quando Myra cadde in mano musulmana, Bari (al tempo dominio bizantino) e Venezia, che erano dirette rivali nei traffici marittimi con l'Oriente, entrarono in competizione per il trafugamento in Occidente delle reliquie del santo. Una spedizione barese di 62 marinai, tra i quali i sacerdoti Lupo e Grimoldo, partita con tre navi di proprietà degli armatori Dottula, raggiunse Myra e si impadronì delle spoglie di Nicola che giunsero a Bari il 9 maggio 1087 : Nicola di Myra diventa, così, Nicola di Bari. Dopo la collocazione provvisoria in una chiesa cittadina, il 29 settembre 1089, le spoglie di Nicola trovano sistemazione definitiva nella cripta, già pronta, della basilica che si sta innalzando in suo onore. È il Papa in persona, Beato Urbano II (Ottone di Lagery, 1088-1099), a deporle sotto l’altare della cripta.
Da allora S. Nicola divenne patrono di Bari e le date del 6 dicembre (giorno della morte del santo) e 9 maggio (giorno dell'arrivo delle reliquie) furono dichiarate festive per la città.
S. Nicola è famoso anche al di fuori del mondo cristiano perché la sua figura ha dato origine al mito di Santa Claus (o Klaus), conosciuto in Italia come Babbo Natale.
Significato del nome Nicola : “vincitore del popolo” (greco). Fonte principale: wikipendia.org (« RIV.»). |
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János (Giovanni) Scheffler
Vescovo romeno
martire del comunismo
ános Scheffler, secondogenito di dieci figli, nasce il 29 ottobre 1887 a Kalmánd, villaggio di pescatori ungherese, al momento della sua nascita, che la storia trasformò in cittadina romena con il nome di Cămin, da una famiglia di agricoltori cattolici.
Nel 1898 fu iscritto al Liceo Maggiore Cattolico Reale di Satu Mare e venne poi accolto nel convitto vescovile retto dai Gesuiti.
Avendo manifestato, fin dall’età di dieci anni, una forte inclinazione per il Sacerdozio, terminati gli studi liceali, nel 1905, fu ammesso al Seminario di Satu Mare. Dal 1906 al 1910 frequentò la Facoltà di Teologia dell’Università delle Scienze "Pétér Pázmány" di Budapest e, dopo aver ricevuto gli ordini minori, fu ordinato sacerdote il 6 luglio 1910 e nominato cappellano a Csomaköz dal vescovo diocesano Tibor Boromissza.
Per le sue spiccate doti intellettuali, fu inviato a Roma dove completò gli studi in Diritto Canonico, laureandosi "summa cum laude" presso l’Università Gregoriana, il 19 giugno 1912.
Tornato in patria, ricoprì diversi incarichi: fu protocollista e cancelliere presso la sede vescovile, cappellano a Ungvár, prefetto del seminario. Nel novembre 1915 ricevette il dottorato in Scienze Teologiche, assumendo successivamente diversi incarichi accademici e pastorali: professore al liceo cattolico di Satu Mare, predicatore della Cattedrale, promotore di giustizia del tribunale ecclesiastico diocesano, docente di Diritto Canonico, di Storia della Chiesa e di Teologia.
Al termine della Prima Guerra Mondiale, la mutata situazione politica e la cessione della Transilvania alla Romania, indussero padre János Scheffler ad apprendere la lingua romena per poter predicare e confessare. La sua esperienza pastorale ebbe modo di ampliarsi ulteriormente con la nomina, nel 1923, a parroco di Nagymajtény (Moftinu Mare), un incarico durante il quale diede forte impulso alle opere di apostolato, organizzò pellegrinaggi, scrisse manuali di catechesi per gli studenti delle scuole medie, adoperandosi in vario modo per la sussistenza della scuola cattolica.
Alcuni anni più tardi partecipò a Chicago, dal 20 al 24 giugno 1926, al XXVIII Congresso Eucaristico Internazionale, un evento ecclesiale di grande rilievo al quale padre János Scheffler volle dedicare un suo libro dal titolo "Da Satu Mare a Chicago". Seguirono nuovi e importanti incarichi a Satu Mare, come direttore spirituale del Seminario, e nella diocesi di rito latino di Oradea, dove insegnò Diritto Canonico e Storia della Chiesa presso la Facoltà di Teologia.
Il 26 marzo 1942 fu nominato Vescovo della diocesi di Satu Mare, il cui territorio era passato nuovamente all’Ungheria, e amministratore apostolico di Oradea; ricevette la consacrazione episcopale il 17 maggio dello stesso anno nella cattedrale di Satu Mare.
Si dimostrò pastore prudente, zelante e paterno, instancabile nell’esercizio del ministero episcopale, nella predicazione, nell’amministrazione dei sacramenti, nelle visite alle parrocchie, nella cura dei sacerdoti e dei seminaristi. Erano gli anni del secondo conflitto mondiale e per l’Europa orientale si stavano profilando profondi mutamenti politici.
Nel settembre 1944 la diocesi di Satu Mare venne invasa dall’Armata Rossa e la Transilvania settentrionale fu assoggettata dai sovietici. Terminata la guerra, la persecuzione contro la Chiesa si fece più aspra. Venne annullato il Concordato e il 1° ottobre 1948 fu dichiarato lo scioglimento della Chiesa cattolica di rito orientale: il regime intendeva rompere ogni rapporto con la Santa Sede, obbligando i fedeli a convertirsi all’ortodossia per creare una Chiesa senza Papa.
Poiché Mons. Scheffler non volle piegarsi alle pretese del regime, fu arrestato dalla "Securitate" il 23 maggio 1950 e costretto agli arresti domiciliari presso il convento francescano di Körösbánya.
Nel 1952 venne trasferito nel carcere di Bucarest e poi in quello sotterraneo di Jilava, dove trascorse gi ultimi due mesi di vita in condizioni disumane, che incisero profondamente sulle sue già precarie condizioni di salute. Si spense, a conseguenza delle privazioni e dei maltrattamenti subiti, al mattino del 6 dicembre 1952.
Nel 1965 i suoi resti mortali furono traslati nella cripta della Cattedrale di Satu Mare.
Il Vescovo János Scheffler è stato dichiarato Beato il 3 luglio 2011 nel Piazzale della Cattedrale di Satu Mare (Romania). Il rito è stato concelebrato dall’arcivescovo di Esztergom-Budapest e Primate d’Ungheria, Péter Erdő, alla presenza di mons. Jenő Schönberger, Vescovo di Satu Mare, mons. György Jakubinyi, Arciv. di Alba Iulia, mons. Ioan Robu, Arciv. di Bucarest, mons. Csaba Ternyák, Arciv. di Eger, mons. Lucian Mureşan, Arciv. Maggiore di Făgăraș and Alba-Iulia e l’Arciv. Francisco Javier Lozano, Nunzio Apostolico in Romania. In rappresentanza di Papa Benedetto XVI, c'era il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Card. Angelo Amato S.D.B.. Fonti principali: vaticaninsider.lastampa.it; radiovaticana.org (« RIV.»). |
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Venerdì 7 Dicembre 2012
Sant'Ambrogio
Vescovo e dottore della Chiesa
Secondo il nuovo Calendario la memoria di Aurelio Ambrogio, meglio conosciuto come S. Ambrogio, è obbligatoria per tutta la Chiesa ed è particolarmente solenne a Milano, che in questo giorno onora il suo grande Vescovo e amatissimo Patrono.
In dialetto milanese viene chiamato sant Ambroeus (grafia classica) o sant Ambrös (entrambi pronunciati "sant'Ambrœs").
Aurelio Ambrogio, membro di due importanti famiglie senatorie romane (la famiglia Aureliana, da parte materna, la famiglia Simmaco, da parte paterna), nacque nel 339 a Treviri, dove il padre era prefetto del pretorio per la Gallia e, essendo destinato alla carriera amministrativa, frequentò le migliori scuole di Roma.
Nel 370, dopo cinque anni di magistratura a Sirmio, fu incaricato quale governatore della Liguria, poi dell'Emilia e, infine, giunse a Milano come governatore dell'Italia settentrionale. La sua abilità di funzionario nel dirimere pacificamente i forti contrasti tra ariani e cattolici, gli valse un largo apprezzamento da parte delle due fazioni.
Nel 374, alla morte del vescovo ariano Aussenzio di Milano, Ambrogio fu acclamato vescovo, a furor di popolo, anche se non aveva ancora ricevuto il battesimo. Dopo la conferma della carica da parte dell'imperatore Flavio Valentiniano, nel giro di una settimana, Ambrogio fu battezzato e ricevette il cappello episcopale.
Subito dopo la consacrazione episcopale, “Tolto dai tribunali e dall'amministrazione pubblica - dirà il nuovo Vescovo - per passare all'episcopato, ho dovuto cominciare ad insegnare quello che non avevo mai imparato”. Si diede perciò alla lettura dei Libri sacri, poi studiò i Padri della Chiesa e i Dottori. L'opera di Ambrogio fu così vasta, profonda ed importante che difficilmente può essere riassunta. Basta dire che fu considerato quasi un secondo Papa, in un'epoca nella quale certo non mancarono alla Chiesa grandi figure di Vescovi. Ambrogio, però, appariva più alto di tutti per la sua opera apostolica, benché fosse piccolo e delicato nel fisico.
Egli, che veniva dalla carriera dei dignitari imperiali, sostenne dinanzi all'Imperatore, non solo i diritti della Chiesa, ma l'autorità dei suoi pastori. “Sono i Vescovi che devono giudicare i laici, e non il contrario” diceva, e tra i laici metteva, per primo, l'imperatore Teodosio al quale impose una pubblica penitenza che dovette scontare da ottobre a Natale per essere ammesso ai Sacramenti. Un'altra massima di Ambrogio era : “L'Imperatore è nella Chiesa, non al disopra della Chiesa”.
Egli era una persona che credeva fermamente nel suo operato:
· La sua porta era sempre aperta, e si prodigava senza tregua per il bene dei cittadini affidati alle sue cure.
· Si batté strenuamente contro l'arianesimo, giungendo a colpi di mano per occupare le chiese di Milano. La corte imperiale di Milano era apertamente schierata con gli ariani.
· Introdusse il canto nella liturgia, e ancor oggi a Milano vi è l'unica scuola che tramanda nei millenni questo antico canto.
· A lui si deve la conversione di Agostino, che era venuto a Milano per insegnare retorica: Ambrogio e Agostino sono due dei quattro dottori della Chiesa cattolica antica.
· Fu fautore della supremazia del vescovo di Roma, contro altri vescovi che lo ritenevano un vescovo come un altro: da lì a poco il vescovo di Roma assumerà il titolo di Papa.
Accanto a queste vicende storiche vi sono delle famose leggende miracolistiche, come quella secondo cui Ambrogio, camminando per Milano, trovò un fabbro che non riusciva a piegare il morso di un cavallo: in quel morso Ambrogio riconobbe uno dei chiodi con cui venne crocifisso Cristo. Dopo vari passaggi un "chiodo della crocefissione" è tutt'ora appeso nel Duomo di Milano, a grande altezza, sopra l'altare maggiore.
Ambrogio introdusse nella chiesa occidentale molti elementi tratti dalle liturgie orientali, in particolare canti e inni. Si attribuisce ad Ambrogio l'inno “Te lucis ante”, ma la questione è controversa. Le riforme liturgiche furono continuate nella diocesi di Milano anche dai successori e formarono il Rito Ambrosiano sopravvissuto alle unificazioni dei riti di Pp S. Gregorio I, Magno, 590-604) e del Concilio di Trento.
Per Rito Ambrosiano non si definisce solo la liturgia della chiesa cattolica che fa riferimento al santo, ma anche un preciso modo di cantare durante la liturgia. Esso viene indicato con il nome di canto ambrosiano ed è caratterizzato dal canto di inni, cioè di nuove composizioni poetiche in versi, distinte dai salmi, che vengono cantate da tutti i partecipanti al rito, a differenza di quanto avveniva per i salmi, solitamente cantati da un solista o da un gruppo di coristi. Esso viene invece cantato da tutti i partecipanti, in cori alternati, normalmente tra donne e uomini, ma in altri casi tra giovani e anziani o anche tra fanciulli e adulti. Alcuni di questi inni sono stati sicuramente composti da Ambrogio: la certezza viene dal fatto che a menzionarle è S. Agostino, che fu suo discepolo.
S. Ambrogio morì a Milano nella notte fra il 3 e il 4 aprile del 397.
La Chiesa Cattolica venera la memoria il 7 dicembre, giorno anniversario dell'ordinazione episcopale avvenuta nel 374, mentre la Chiesa ortodossa celebra la festa il 20 dicembre.
È patrono degli apicoltori, dei Vescovi, della Lombardia e delle città di Milano e Vigevano.
Significato del nome Ambrogio : “immortale” (greco).
Per approfondimenti & Catechesi di Papa Benedetto XVI (24 ottobre 2007)
è Sant'Ambrogio
Fonte principale: wikipendia.org (« RIV.»).
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Sabato 8 Dicembre 2012
Beato Luigi (Alojzy) Liguda
Sacerdote e martire del nazismo
lojzy Liguda nasce nel piccolo villaggio di Winow - Oppeln (Polonia) il 23 gennaio 1898, ultimo di sette figli. La famiglia è molto attiva anche nella comunità parrocchiale e offrono un esempio di famiglia credente e impegnata per gli altri.
Il bambino Alojzy si rivela subito molto capace intellettualmente ma anche molto attento all’aspetto religioso, specialmente a quello missionario. Entra a 15 anni nel piccolo seminario, ma i suoi studi vennero interrotti dall’obbligo di partecipare come artigliere alla prima guerra mondiale. La guerra rafforzò la sua vocazione sacerdotale e missionaria e subito dopo continua il suo cammino vocazionale : entrato nei missionari della “Società del Verbo Divino” (Verbiti), desiderava andare in Cina o in Nuova Guinea.
Dopo gli studi teologici svolti a San Gabriel - Vienna, fu ordinato sacerdote il 25 maggio 1927. Fu subito impegnato negli studi e poi nell’insegnamento, come professore ma anche come catechista ed evangelizzatore in molti luoghi della sua terra.
Nel 1939 fu nominato Rettore a Gorna Grupa, ma scoppiata la guerra la casa missionaria fu trasformata presto in un lager per sacerdoti e seminaristi. P. Liguda era un sostegno per tutti e sapeva tener testa anche ai soldati della SS.
Persecuzioni e uccisioni erano all’ordine del giorno e P. Liguda, ponendosi come difensore di tutti gli internati, fu molte volte battuto e umiliato. Finché giunge anche per lui l’ora di essere internato a Dacau, nonostante le richieste di liberazione, sempre rifiutata dalla gestapo.
La prigione era superaffollata e presto scoppiò all’interno anche una epidemia. P. Liguda era considerato come un leader e pertanto sempre ritenuto colpevole di tutto. Si è pure sostituito volontariamente una volta, pure essendo innocente, alle torture al posto di un compagno di prigionia.
“Nessuno mi può togliere il privilegio di essere figlio di Dio”, scrisse in quella orribile situazione. Ammalato di tubercolosi, si impegnò fino all’ultimo per i compagni, soffrendo personalmente fame e battiture per difenderli ed ottenere una maggiore umanità anche nel lager.
Uomo di straordinaria forza di fede, pieno di speranza nella resurrezione e capace di eroiche azioni di carità verso il prossimo. Morì sfinito e debilitato per una polmonite e tubercolosi l’8 dicembre 1942.
Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) ha innalzato agli onori dell'altare Alojzy Liguda, il 13 giugno 1999, a Varsavia, durante il suo settimo viaggio apostolico in Polonia.
Significato del nome Luigi : "combattente valoroso" (franco-tedesco). Fonte principale : missionariverbiti.it (« RIV.»). |
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Sabato 8 Dicembre 2012
Narcisa de Jesús Martillo Morán
Laica consacrata e vergine ecuadoriana
(Nobol, Ecuador, 29 ottobre 1832 - Lima, Perú, 8 dicembre 1869)
Beatificazione : 25 ottobre 1992 da parte del Beato Giovanni Paolo II;
Canonizzazione : 12 ottobre 2008 da parte di Benedetto XVI.
Per approfondimenti & è Biografia è Foto
gpm |
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San Juan Diego Cuauhtlatoatzin
(memoria facoltativa)
uan Diego Cuauhtlatoatzin (in azteco il suo nome significa “colui che grida come un'aquila”) nacque verso il 1474.
Contadino in un modesto villaggio della Guadalupe, convertito al cristianesimo, fu uno dei primi indios, nel 1524, a ricevere il battesimo col quale assunse il nome cristiano di Juan Diego. Con lui fu battezzata anche la moglie Malintzin, col nome di Maria Lucia, che morì nel 1528.
Juan Diego è noto per le apparizioni della Vergine Maria che avvennero tra il 9 e il 12 dicembre 1531 sulla collina di Tepeyac nei pressi di Città del Messico.
Prima apparizione : la mattina del 9 dicembre 1531, mentre sta attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la città, l’indio è attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama per nome con tenerezza. La Signora gli dice di essere “la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio” e gli ordina di recarsi dal vescovo a riferirgli che desidera le si eriga un tempio ai piedi del colle. Juan Diego corre subito dal vescovo, ma non viene creduto.
Tornando a casa la sera, incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli, dichiarandosene indegno. La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo, che, dopo avergli rivolto molte domande sul luogo e sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno. La Vergine promette di darglielo l’indomani.
Il giorno seguente, però, Juan Diego non può tornare: suo zio, Juan Bernardino, è gravemente ammalato e lui viene inviato di buon mattino a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi il moribondo.
Giunto in vista del Tepeyac decide perciò di cambiare strada per evitare l’incontro con la “Signora”. Ma la Signora è là davanti a lui e gli domanda il perché di tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le chiede perdono per non poter compiere l’incarico affidatogli presso il vescovo, a causa della malattia mortale dello zio.
La “Signora” lo rassicura, affermando che lo zio è già guarito, e lo invita a salire sulla sommità del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova sulla cima del colle dei bellissimi “fiori di Castiglia”: è il 12 dicembre. In questo periodo dell’anno, solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora vigente, né la stagione né il luogo, una desolata pietraia, sono adatti alla crescita di fiori del genere.
Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porta alla Vergine, la quale, però, gli ordina di presentarli al vescovo come prova della verità delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e, giunto al cospetto del presule, apre il suo mantello e all’istante sulla tilma si imprime e rende manifesta alla vista di tutti l’immagine della Santa Vergine. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti.
La mattina dopo Juan Diego accompagna il presule al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la Madonna ha chiesto che le sia innalzato un tempio. Nel frattempo l’immagine, collocata nella cattedrale, diventa presto oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni.
Dopo questi fatti, Juan Diego si ritirò a vivere in penitenza e orazione in una piccola casa costruita per lui presso il santuario. Qui visse per 17 anni fino alla morte avvenuta nel 1548.
Juan Diego è stato dichiarato beato il 6 maggio 1990 e proclamato santo dal Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), il 31 luglio 2002, in occasione della sua quinta visita pastorale in Messico (per approfondimenti & l'omelia è Canonizzazione del Beato Juan Diego Cuauhtlatoatzin ).
S. Juan Diego, primo Santo messicano, è chiamato ambasciatore-messaggero di Santa Maria di Guadalupe.
La sua memoria liturgica è il 9 dicembre, data della prima apparizione (mentre il 12 dicembre, giorno dell'ultima, si festeggia la Madonna di Guadalupe). Fonti principali: santiebeati.it; wikipendia.org (« RIV.»). |
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Primer
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1483 a 1497 de 1557
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