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Confusa in una luminescenza arcaica, senza contorni, né definizioni, immersa nel liquido amniotico. - Il tuo abbandono, il mio risveglio nudo - Orfana e vedova, sfrattata. Dondolanti sfilate di funesti funerali, sfilo la fede, sfilacciando il mio anulare, cade il corpo fiacco, un fiocco al collo come cappio.
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Esco - da me - come magma. Incandescente, con la scintilla distorta e la fiamma tremula. Fluisco su pietra lavica, lì, dove pulso più forte, ritmicamente, aritmia. Come l'Etna che parla di notte, inquieta. Scosse scuotono. Ti ho negli occhi, fuoco, quando bruci l'acqua e spira vento per ingrandirti, che è forza, ira ed altri mali che mi pervadono, mi montano dentro con le eruzioni a modificarmi di continuo zolle e placche umorali. Inginòcchiati alle mie pendici a sentirmi tremare prima del boato, ché esplodo, scoppio, incenerisco. Fucina d'Efesto a domare il mio stesso demone.
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La tempesta parla del vuoto e le solitudini spirano dentro con il vento delle memorie che si portano dietro detriti sul suolo dell'anima s-battuta, in travaglio, stanotte, partoriente - dall'utero deserto - aghi di pino e scaglie liquide di fiume, ché nessun corso mi è dentro spaccato dalle crepe profonde rughe di giovane vecchiaia.
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Ma-donna profana a dispiegare piume infrante - affranta - con l'ali a croce ultimo volo dal rigurgito di demoni voyeuristi in danza tantrica trafitta dal sesso buio celebrata sposa sull'altare sacrilego mangiatoia d'agnelli a sillabare il si e suggellare l'oscura unione ed arpe tramutate in tamburi e campane a tempo - il Tempo - e che dorma accanto lo Spavento in tutte le notti di giorni recisi come fiori spampinati _Ultimo salmo.
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Ho autunni lunghi anni che non danno mai il cambio ad umori e stagioni e mi accompagnano singhiozzi di violini gotici davanti alle mie tante anime spettatrici nel mio teatro notturno. Come un'opera, m'intono, ma di voce mancante, in sussurro e bisbiglio per il timore di disturbarmi.
Non si svegli il male. |
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Ti riveli in un'apocalisse notturna trionfo fulgido testamento scritto di pugno sul mio seno inchiostro irritante opera senza misericordia furente e belligerante parole e lapilli.
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Scolami i tuoi colori come stalattiti di fuoco fissami sulle tue pupille come unico spettacolo - visione illuminata torcia incandescente luminescenza feroce -
ardo nelle tue proiezioni mentre mi attraversi i prismi di carne
rarefatta rifratta riflessa.
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C'è qualcosa che mi taglia l'aurora perché non si proclami nessun nuovo giorno e venga, anzitempo, scurito il sole che devia la vista dai firmamenti senza astri. Buio. Sgretolarsi in mosaici scendere pioggia a seppellire. Seppellirmi.
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C'è qualcosa che mi taglia il sonno sventra immagini e dall'onirico passa alle visioni sull'orlo di una psicosi che mette le paranoie alle calcagna dei sogni come fossero lupi il cui latrato è l'unico sonoro del mio scenario in dormiveglia. Ed è notte.
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