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General: rimanendo
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De: Tebro (Mensaje original) |
Enviado: 09/03/2011 12:48 |
rimanendo più o meno in argomento, aggiungo che non sono per la chiusura, sono per la distruzione de tutte le bottegucce!!! Bottegucce dove in du sordi de metri quadrati,
senza, al 99%, il rispetto delle norme igenico-sanitarie, er bottegaro pretende de tiracce fora er quanto je permetta de non annà in cantiere, e ar temp'istesso arricchisse.
Quindi sono per distruggere le bottegucce e sono per disseminà, su tutto il territorio,
una miriadi di grandi supermercati!
Viva la faccia! Viva la faccia, de li supermercati! Nessuno t'arubba! Tanto compri, e tanto paghi!
non c'è er macellaro ladro,
non c'è er salumiere più ladro der macellaro, non c'è er fruttarolo più ladro de salumiere e macellaro messi assieme! non c'è er cassiere che batte un prezzo per un altro! Ma c'è, che torni a casa con la consapevolezza che hai speso esattamente quello che dovevi spenne.
infatti, ahò, Lui, capisci a me: LUI, l'ha capita in tempo, e l'ha cacciati via dar tempio!
Poi, purtroppo, credendo che la lezione aveva stroncato l'anzazzo, se n'è lavato le mano. Na specie de quello che j'è successo co l'adultera.
Pure lì credendo d'avé risorto er problema...
Invece ahò, na lira del vecchio conio, ad ogni spuntar de corna!
cerca la femmina dice er francese...
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Giovanni il Suino
Così veniva chiamato il gestore del negozio d’alimentari di via Edoardo Jenner, a Monteverde, nella parte alta, abbastanza vicino a piazza San Giovanni di Dio.
Di un paese del reatino che comunque viene comunemente considerato Abruzzo, era giustamente venuto a Roma a far fortuna, portandosi dietro la sua sapienza quasi genetica nel settore alimentare e nel ‘saperci fare’.
Giovanni non dava mai un etto di prosciutto, a meno che non gliene si chiedesse mezz’etto: ne tagliava un etto e mezzo, e la clientela, ormai sfinita, neanche protestava più: casomai, appunto, chiedeva mezz’etto per riceverne uno. Infilava inoltre nel sacchetto della spesa, per esempio, le pizzette rosse della mattina che il giorno dopo non avrebbe più potuto spacciare: una volta lo fece con me ma, di fronte alla mia minaccia di non pagargliele, le rimise a posto.
Era grassoccio, rubicondo, insomma il ‘pizzicarolo’ per antonomasia. Parlava con sufficiente pronuncia romana ma l’accento natio, burino, si percepiva.
Fu l’ultimo in Italia, credo, ad installare il registratore di cassa. ‘Cosa dice la Costituzione?’, mi disse una volta, ‘Dice che i cittadini sono tenuti a pagare le tasse in ragione delle loro possibilità. Ecco, e io pago quello che posso’. Non faceva una grinza.
Ormai saranno più di quindici anni che con l’occhietto furbetto, alzando due dita della cicciottella mano, mi disse: ‘Sto a quota due, sto...’ Intendeva miliardi di lire, e la cosa era verosimile. Giovanni, infatti, non aveva famiglia, non spendeva un soldo; ogni tanto andava con meretrici o transessuali, ma è umano; la sua un tempo nuova e lussuosa Alfa Romeo era ormai un catorcio che non aveva mai visto neanche l’apprendista di un carrozziere, e comunque andava: andava fino al supermercato, dove Giovanni spesso faceva provviste che poi rivendeva nella sua bottega priva anche di un’insegna. E pensare che quando questa era gestita dalla signorina Giuliani una parte del negozio fungeva anche da bar...
Sì, la bottega: stava, credo stia tuttora, adeguando l’impianto elettrico alle norme. Ciò significa che aveva chiamato il sor Nino, un tempo gestore di un negozio di materiale elettrico sulla stessa via e in seguito elettricista ambulante, a mettere quattro tubi sul soffitto, dimodoché, in caso di ispezione, avrebbe sempre potuto dire che stava provvedendo.
E la famiglia, sì: una volta capitai dalle parti di Ponte Bianco, entrai da un suo collega e mi resi conto che era suo fratello (una dinastia, insomma!). Parlai un po’ con lui dell’amico Giovanni, e questi mi disse che suo fratello non intendeva prender moglie perché, parole dello stesso Giovanni riportate da questo suo fratello, ‘Le donne, ‘na volta che te le sposi, poi ‘se’ cambiano’. Be’, volevo rispondere che si spera bene che ogni tanto si cambino e che magari si lavino pure.
Lavarsi, poi... Quella bottega non era sporca, era peggio. A lanciarvi un’occhiata si sporcavano gli occhi. Una volta una massaia che frugava tra i pacchi di pasta trovò un topo morto.
Ma Giovanni ogni tanto effettuava le Grandi Pulizie: un giorno si servì dei ragazzi che frequentavano il bar quasi davanti, ‘Er bar disciotto’, Via Jenner 18, infatti. L’incarico era rimuovere la merce scaduta, e ce n’era, più di quella ancora valida, ma i ragazzi capirono male e dentro i sacchi neri opportunamente forniti dal Suino infilarono la merce fresca, che ovviamente non gettarono. A volte capita di fraintendere.
Ma gli volevano bene: una volta, per motivi umanitari, entrarono nel negozio e gli diedero un sacco di botte, ma amichevolmente, s’intende. Si badi a non considerarli dei delinquenti: erano davvero bravissimi ragazzi e poco e niente violenti, adesso tutti lavoratori, padri di famiglia eccetera, non si parla neanche per idea di bande minorili organizzate; però, insomma, qualcosa dovevano pur fare per combattere la noia e i suini, no? Quando mi capitò di ricordare la simpatica tenzone al Suino egli rispose che in realtà era stato lui a suonargliele; e sia. E quando gli feci presente che nel corso delle Grandi Pulizie era stata più la roba che questi adolescenti gli avevano sottratto che quella che avevano tolto di mezzo mi rispose serafico: ‘Tanto ‘e madri vengono qua a fa’ ‘a spesa...’
Era un trentuno dicembre e dal bar partivano spedizioni punitive contro il Suino, che non so perché, nonostante fosse ancora pomeriggio (pensare che Giovanni sforava immancabilmente i prescritti orari d’apertura), aveva una serranda del negozio abbassata e l’altra quasi a metà. Partiva uno, gettava un mortaretto all’interno e tornava al bar di fronte. Poi un altro, poi un altro ancora, a turno, com’era giusto che fosse. Giovanni a ogni ‘botto’ si affacciava, poi tornava alle sue occupazioni, chissà, forse, in vista del nuovo anno, stava lavando il pavimento...
Non seppi trattenermi: mi feci dare un petardo anch’io, andai davanti al negozio, lo chiamai e lui s’affacciò. ‘Eh’, dissi, ‘Ma sono proprio tremendi!’ ‘Seee, fa’ che li acchiappo e poi vedono’, rispose Giovanni mentre io accendevo il mortaretto e lo gettavo all’interno di quella specie di discarica. Ancora prima che il mortaretto esplodesse Giovanni, sconsolato: ‘Ma pure te te ce metti?’ Io, alzando gli occhi al cielo: ‘Be’, a Giova’, ma come facevo a resìst...?' ...BUUUUUUUUUM! | |
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De: Tebro |
Enviado: 09/03/2011 17:48 |
peter
Inoltre c'è un discorso sociale, umano se vogliamo: nella bottega di quartiere o di paese eri e sei tuttora una persona, in un supermercato sei un numero.
skikkio
la bottega ha un valore aggiunto in temrini di rapporto umano ke niente e nessuno al mondo potrà mai sostituire
orange
Da ragioniere, e per esperienza personale, posso garantire che spendendo il doppio nei negozietti di paese, alla fine dell'anno ho risparmiato la metà!!
Claretta
e quando arrivi a casa ti accorgi di avere fatto "provvista di scarpe" ma che ti mancano quelle che davvero ti servivano in quel momento
beh, che dire? letti i vari passaggi, mi sono commosso. e, commosso, la desolazione ha preso il sopravvento!
lacrime e desolazione derivano dal fatto che mi sono sentito solo nel sostenere una battaglia contro i bottegai ladri.
Si, è disdicevole! E come dice peter e skikkio, non sono una persona sensibili ai rapporti umani. E non sono neanche come orange, persona che sa far di conto e che a fine anno, pur avendo subito furti a ripetizione, ritroverà nel suo dindarolo la metà di quello che j'hanno scippato.
sull'inusitata e insulsa provvista di scarpe della Claretta, che fanno il paio con i soldi raddoppiati di orange, faccio passo.
er massimo de la felicità, ogni bottegaro, nessuno escluso, la raggiunge, quanno er cliente imbocca, sceje, paga, sorride e se ne va. Artro che umani rapporti!
qui stamo in guera! e mica da mò! dar tempo de li tempi.
rapporti umani co li bottegari? ahahahaihihihihih
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...Be', però vuoi mettere? Se lanciavo un mortaretto nel negozio di Giovanni era da farcisi una risata; se lo avessi lanciato in un supermercato sarebbero arrivati Polizia, CC, Digos, Protezione Civile, Esercito della salvezza, Arci Gay e un inviato speciale di Repubblica. |
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De: ORANGE1 |
Enviado: 10/03/2011 06:06 |
Allora Tebro: se io vado da Ginomisto prendo un paro de bistecche, e al massimo una salsiccia,
Poi vado da Biel e prendo lattuga e du'mazzi de ravanelli;
Infine vado dal panettiere e prendo mezzo chilo de michette e du' bomboloni.
Ed ho finito la spesa del sabato mattina.
Se vado al supermercato riempio il carrello (oh, a prezzi buoni, neh).
Forse adesso riesci a comprendere perchè al supermercato ti danno caldo d'inverno, fresco d'estate e prezzi in inferiori. |
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Vero, vero, lo diceva sempre anche Giovanni (il Suino): 'Ar supermercato spènni deppiù!'
...E se non lo sapeva lui che scaricava quell'ormai bidone di Alfa Romeo pieno di sacchetti della GS... |
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De: Tebro |
Enviado: 10/03/2011 08:13 |
Se vado al supermercato riempio il carrello (oh, a prezzi buoni, neh).
Forse adesso riesci a comprendere perchè al supermercato ti danno caldo d'inverno, fresco d'estate e prezzi in inferiori.
ahahahahihihihi, orange, capisco e accetto le tue considerazioni. Perché? Ma perché so, che sei, un simpatico giocarellone! e come tale, puoi arrivare anche a dire quanto hai detto di sopra. Ovviamente, senza pagare dazio. I giocarelloni non lo pagano mai.
Altrimenti, se invece non scherzi, ti consiglierei di abbardarti con i panni del piromane e, nottetempo, o meglio ancora giornotempo,
(come farebbe il peter) daje foco ar tuo supermercato!
Supermercato dove un gestore carogna, tortocollo, ti obbliga a riempire il carrello di cose, cosone
e cosacce, che mai ti potranno servire.
Si, dammi retta, una latta di benzina e vualà, il gioco è fatto! E dopo. lasciami immaginare gli: hippy hippy urrà! che ti arriverebbero da tutti i compaesani, vecchiette in primis, finalmente liberati da un gestore bastardo e sanguisuga!
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De: ORANGE1 |
Enviado: 10/03/2011 08:51 |
Tebro, io lavoro nel settore: sapessi quando si apre un supermercato nuovo, quanti $$$oldi si spendono per studiare la disposizione delle merci.
E non lo fanno per pura estetica, credimi: ogni particolare, anche il più insignificante ha una sua logica.
Che poi è sempre quella: farti comprare il superfluo.
E.... occhio: non sempre i prodotti hanno prezzo conveniente! |
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...Mah, Tebruccio sembra risponderti che se vai al supermercato con una lista scritta di ciò che ti serve, e magari ti munisci di paraocchi come i cavalli delle carrozzelle di piazza San Pietro, il risparmio si avvera.
Ma sappiamo tutti che non è così: l'offerta speciale, soprattutto di un genere non soggetto a scadenza immediata, ti invoglia a comprare; poi, visto che hai comprato un barattolo di fagioli, ne prendi anche uno di lenticchie e, già che ci sei, di ceci: costa tutto talmente poco, dai, già che sei qui... E poi la carta da cucina: quella serve sempre, la metti nello sgabuzzino e non dà fastidio... eccetera eccetera... To', un pigiama a cinque euro... A quel prezzo non lo trovo in nessun negozio... |
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che dire ?? io amo le bottegucce, ma solo quelle che si son specializzate in qualità.
Mi spiego: prendiamo per esempio la bottega di generi alimentari, questa come fà
a competere con i prezzi dei supermercati?? impossibile ma......
se si trasforma in "Boutique dell'alimentari" ovvero si specializza tenendo ( esempio)
salumi, formaggi nostrani o provenienti da altre regioni, che non troverai mai alla sidis
o alla coop......vendere dolci fatti a mano come la pasta fresca fatta sempre a mano...
l'agnello o il maiale casareccio, come i polli allevati a terra.....poi cè tutto il settore bio..
addirittura cè chi vende il latte appena munto o gli ortaggi a km zero.....cè sempre una
novità nel carniere della botteguccia che vende qualità !!
Poi il dixan e i piatti di plastica comprateli pure alla coop.....li costano meno !! |
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Si, però.. tutto vero, anche se condivido il Piotrpensiero sulla questione..
Ma ricordo i tempi in cui, accorgendoti che ti mancava il latte, t'infilavi il paltò e in ciabatta scendevi sottocasa da Gianni, senza nemmeno il portafoglio che tanto notava sul conto... ( poi, vabbè, magari ti veniva pure voglia di fare la torta, visto che avevi il latte; bastava comprar la farina, lo zucchero, le uova, le mele, il cacao..;O)
Vabbè che potremmo tornar indietro a quando, accorgendoti della mancanza del latte, bussavi alla porta a fianco ( senza nemmeno metterti il paltò) e grazie a buon rendere.. Ma questo è quasi un altro argomento, un'altra differenza, magari con i suoi pro e i suoi contro..
Ogni tanto, specie quando dimentico il latte e mi tocca vestirmi, prender la macchina, trovar parcheggio, far la fila alla cassa etc.etc, quei piccoli negozietti mi mancano.. |
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Dei supermercati non si sarà mai scritto abbastanza.
Eccovi una mia zia in azione.
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Mi trovavo in quel di Vicenza.
Ricordi, tanti: passavo le estati lì. Non sono tutti bei ricordi, ma pazienza.
I miei parenti, quelli con i quali almeno ho qualche rapporto, stanno tutti là: un po' di cugini, ma soprattutto un'ormai anziana zia, sposata e senza figli. La vedo sempre volentieri: da piccolo mi viziava come poche. Anche suo marito è persona più che tollerabile.
Questa mia zia, nonostante sia ormai quasi ottantenne, continua imperterrita a coltivare quello che più che un hobby definirei una sua ragione di vita. Il giardinaggio?, vi chiederete; la gastronomia? La filatelia, l'entomologia, la letteratura serbo-lusaziana?
Macché: i supermercati!
Li conosce tutti, anche quelli di Roma, visto che anche quando viene quaggiù non risparmia tempo ed energie ed ormai le sue esplorazioni possono definirsi complete e aggiornate: non c'è infatti inaugurazione che non la veda in prima fila. Se gli imprenditori del settore sapessero di questa sua, diciamolo, vocazione, come minimo la farebbero presenziare come madrina con tanto di forbici per tagliare il nastro, altro che il Sindaco e le Autorità.
Un tempo possedevo la tessera della Metro, e mi passò per la mente, come un perverso flash, il delitto perfetto: l'avrei accompagnata là e senz'altro sarebbe morta per overdose, alla vista di tutto quel ben di Dio offerto in quantità industriali. Rinunciai perché anni addietro s'era arrabbiata con me e m'aveva diseredato a vantaggio di mia sorella (salvo poi, tempo dopo, chiedermi se per caso fossi rimasto contrariato da quella sua decisione). Quindi, quale mai vantaggio avrei ottenuto da una sua prematura scomparsa da questa valle di lacrime, detersivi, shampoo, succhi di frutta, rotoli di carta da cucina consegnati a domicilio da un autotreno con rimorchio? Cui prodest?, diceva l'opposizione ai tempi del governo Prodi...
Sì, grandi quantità: la casa di mia zia rasenta anzi travalica i limiti del grottesco e dell'umana immaginazione. Qualsiasi cassetto, anta di mobile o di pensile, anfratto della casa o della cantina traboccano di merce. Merce acquistata quasi sempre in offerta, e approfittando in genere del fatto che arriva qualche parente con la macchina: l'auto viene immediatamente requisita per il trasporto di vari generi di primaria necessità, come ad esempio un simpatico stock (206) di zerbini da cucina in una gamma di colori che varia dal rosa fuxia al noto color 'cane che fugge', passando per tutta una lunga scala che comprende l'elegante color 'cacca di lattante colpito da salmonellosi'.
Del Veneto conosco qualche monumento, qualche località, qualcuna delle stupende ville palladiane. I supermercati, li conosco tutti. Anche quelli delle altre provincie.
L'agire di questa mia simpatica zietta è mosso, credo, da due pulsioni principali: un'atavica fame (quanto ne parla la generazione precedente alla mia, visto che ha vissuto la guerra!) e il senso del risparmio, figlio forse, questo, della prima. Infatti è indice di parsimoniosità comprare una tonnellata in flaconi di nuovo prodotto lavasgrassapavimenti soltanto perché è in offerta, mentre a casa se ne hanno già ettolitri. Intravedo peraltro l'embrione di un'intelligente filosofia aziendale: la diversificazione delle scorte.
Per esempio, mi serviva un prodotto di quelli a spruzzetto sbruff sbruff per pulire il parabrezza della mia Fiesta: ne ho preso uno da una mensola stracolma. Stavo alacremente operando quando la zietta si è presentata con almeno altri cinque spruzzetti sbruff sbruff non avara di consigli e illustrazioni sulle qualità quasi taumaturgiche di ciascuno di essi.
Valle a dire che volevo soltanto pulire il vetro... E come fai? Sarebbe stato per lei come, assai peggio anzi, di una coltellata in pieno petto. La zietta ha ottant'anni, suo marito altrettanti. Dovesse scoppiare una guerra, dovessero in ogni caso e per qualsivoglia motivo tirar giù la serranda tutti gli esercizi, loro non vivrebbero abbastanza per consumare le scorte che hanno in casa. E l'accaparramento continua... Mia sorella erediterà sì la casa, ma ben più importante e rilevante sarà il valore delle merci in essa stivate. Beata lei, cos'altro posso dire?
Insomma, la zietta mi chiede di accompagnarla in un supermercato a qualche chilometro da dove risiede. Non che non potrebbe andarci da sola, è ancora una buona pedalatrice, ma si trattava di comprare qualche chilòlitro d'acqua minerale che possiede non so quali proprietà. Forse fa fare la pipì, ma credevo che qualsiasi liquido, soprattutto se ingerito in cospicue dosi, portasse in quello stanzino che si trova di solito in fondo a destra o a sinistra, dipende, più che dall'orientamento politico del candidato allo svuotamento, da quelle che sono state le intenzioni del progettista. E sia, andiamo.
Entriamo, muniti di un carrello che presenta la simpatica caratteristica di poter essere alimentato sia a Lire che a Euro, doppia fessura o slot che dir si voglia, ah, il progresso...
Entriamo, sì, e mi telefona lei. Lei chi? Ma fatevi gli affari vostri, grazie. Lei conosce, gliene ho già parlato, questa peculiarità della mia zietta, ma mai come ora si è trovata a vivere la scena quasi di persona. Gliela sto infatti descrivendo con i toni e il trasporto di un radiocronista! Al telefonino traspare la sua emozione. Si avverte la tensione, la 'suspence'. E come le si potrebbe dar torto?
La scena comincia quasi in sottotono: la zietta prende qualcosa e la posa all'interno del carrello double-face, double-sold, va', è meglio. Si va avanti, avanti verso l'ignoto. Eccolo: il banco di formaggi salumi e tanta, tanta felicità. Il contenitore dei numeretti, gli eliminacode. Ah! Qui c'è qualcosa che non va! Qualcuno ha tirato fuori tantissimi bigliettini senza strapparli, si è così formato un nastro che arriva quasi a terra. La zietta vede (o non vede?) il sacrilegio e, come chiunque possieda un pizzico di sale in zucca e di buon senso, evita con un deciso scarto degno di Ronaldo l'infernale aggeggio e si rivolge ad un'innocente ignara commessa. Questa le fa notare che deve attendere il suo turno (in altri tempi una simile sfrontatezza le sarebbe costata come minimo il taglio della lingua, ma lasciamo perdere), e la Regina, The Supermarket Queen, deve quindi assoggettarsi all'umiliante rito dello strappo di un numeretto (o quanto meno non può più far finta che l'aggeggio distributore sia fuori uso). Tocca a me farle notare che i numeri ci sono, anche se il primo sta in basso, quasi a terra. La zietta si munisce del numero. Un vero peccato: s'era diretta verso il banco con la velocità e la destrezza di un'olimpionica. Be', olimpionica proprio, magari no, la specialità di corsa con carrello non è stata ancora inventata, o riconosciuta, ecco, diciamola meglio. Destrezza, sì: avete mai visto i centometristi che all'atto di tagliare il traguardo danno un colpo di reni per tagliarlo una frazione di secondo prima? Tale è la zietta, una vitalità insospettabile in un'ottuagenaria, frutto comunque, mi sembra chiaro, di anni e anni di duro allenamento.
Maledetti! Me la bloccano così, un po' come una sosta forzata di penalità al Gran Premio. O come un giro su sé stessi obbligatorio, sempre come penalità, durante una regata. Comunque, il bigliettino è preso e la zietta si rivolge di nuovo alla sfrontata commessa. Questa, perseverando nel suo impertinente e tracotante atteggiamento, le dice che in ogni caso deve attendere il proprio turno e con un gesto del capo le indica il display. La zietta freme. Comprensibilmente, del resto.
Ed è qui, in questo che altrimenti dovrei riconoscere come un tempo morto, che lei (lei chi? Ma fatevi gli affari vostri, grazie) mi accenna una questione che accresce la mia autoconsapevolezza, la convince di ciò di cui s'era mostrata scettica per ben un anno, rafforza quindi la conoscenza e la fiducia reciproche nonché, di conseguenza, il nostro rapporto, e, ultimo e non ultimo, ci dà il diritto di partecipare al mitico (non stitico) concorso 'Una purga per te', organizzato dai reduci delle SS bosniache, da ex membri del KGB, e patrocinato da Don Ignazio alla Nocciola, discendente del ben più famoso S. Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù (i Gesuiti, 'gnoranti!) e al tempo, parlo della Santa Inquisizione, veramente all'avanguardia nelle tecniche di interrogatorio. Sponsor: COOP.
Parlando di una persona che conosco solo di nome, un suo collega, mi dice infatti che costui, che appartiene più o meno alla mia generazione, le ha raccontato che ai suoi tempi, quindi anche ai miei, era invalsa l'usanza di purgare i pargoli non appena questi, come si diceva e tuttora si dice, 'cambiassero aria'.
Come dicevo all'inizio, trascorrevo le mie estati in Veneto (ciò!). All'arrivo al paesello venivo tosto nutrito con quella che sembrava un'innocente caramella gommosa spruzzata di leggiadri cristalli di zucchero, ma che in realtà era il potente lassativo RIM. E al mio ritorno a Roma (faccio notare che l'Urbe, nella maggioranza delle lingue slave, viene chiamata per l'appunto Rim), giù un'altra ingannevole caramella. E giù i miei calzoncini corti, nella disperata corsa al 'casòto', che si trovava, nella casa veneta dei nonni, tra il 'punaro' delle 'gaìne' e la 'tèsa', la legnaia con sotto piccola stalla per max. maiali due et stia per conigli. Al 'casòto' o al bagno; a Roma (Rim), soltanto al bagno. Ah, l'alienazione conseguente alla vita di città! Ah, il soffocamento degli afflati creativi (e d'altro genere, mi sembra ovvio), quando non si possono sfogare le proprie tensioni intestinal-poetiche altro che in un bagno cittadino maiolicato bianco, mentre invece 'el casòto' faceva tanto bucolico (mai aggettivo fu più appropriato) e, nelle fantasie di un occasionale lettore di Tex qual'ero, tanto Far West...
Il problema non era soltanto quello: era l'intensificarsi a livello esponenziale del trattamento. Se dapprima venivo purgato (io, ma, mi sembra ormai evidente, tutta una generazione) perché mi spostavo di più di cinquecento chilometri, la faccenda si faceva via via più assillante: ormai, criterio e parametro erano distanze sempre più ravvicinate. Che so, gita scolastica ad Ostia Antica (Km. 25 a dir tanto)? Giù una bella purga. Domenica al mare su quei trenini stracolmi, con radioline a tutto volume che trasmettevano Jimmy Fontana, già lassativo di per sé, e qui ancora, in linea d'aria, una trentina di chilometri? Rim, la panacea di tutti i mali!
Fortunatamente, almeno sotto alcuni punti di vista, si cresce, ed alle proprie funzioni fisiologiche si comincia a pensare da soli. Altrimenti ve lo dico io come sarebbe andata a finire: Visita per lavoro al di fuori della cintura del Grande Raccordo Anulare? Rim! Shopping nel Rione Prati, cinque o sei chilometri dal mio quartiere? Rim!!! Passeggiata con tentativo di abbordaggio straniere a Fontana di Trevi (stessa distanza)? Due Rim!!!
Cosa dire di tutto ciò? Capite adesso perché un'intera generazione si è poi perduta nell'estremismo politico, perché molti di noi hanno imboccato il tragico tunnel dell'alcool o della droga, perché non si sa quanti abbiano voluto un figlio a vent'anni per andarsene di casa? Perché tanti di noi, a quarant'anni suonati, devono ancora ricorrere a sedute psicoterapeutiche? Credo che ogni commento, ogni parola in più, sarebbero superflue. Chiedo un attimo di raccoglimento in memoriam delle vittime del Rim...
Ma, come Dio e tutti i Numi vogliono, giunge il suo turno. Qui la tensione cade: la zietta acquista quanto doveva e si prosegue, fieri, lieti e decisi, verso una nuova rutilante avventura.
La quale non si fa attendere: terminata l'incetta di beni d'ogni genere si è ormai in dirittura d'arrivo, le casse. Dietro mio suggerimento ci infiliamo dietro una signora che ha già quasi fatto ed ecco che il rullo di gomma si offre a noi come una danzatrice araba, come una geisha giapponese, come chi pare a voi. Lo carichiamo; in fondo, tranne un paio di cartoni di questa miracolosa acqua che è perfino umida, non è stata una spesa eccezionale, rispetto almeno agli usuali zieschi e ziettiani standard.
Mi sposto verso l'altro lato, quello dove la cassiera, dopo aver fatto esaminare il codice a barre di ciascun prodotto dall'apposito marchingegno, deposita la merce. Con un rapido calcolo stabilisco e dico: "Penso che ne ocore do' buste". Mia zia mi fa cenno di no con un'espressione che adesso, dopo un'attento riepilogo dei fatti in chiave dilettantescamente psicoanalitica, non esiterei a definire angosciata. La cassiera mi lancia un sorriso. Perché sono bello ma di un bello che non saprei dire, mi spiego soddisfatto. La verità era forse altrove, ma non lo sapremo mai. Sta di fatto che dico di nuovo che occorrerebbero due buste, ma la zietta continua, stavolta quasi seccata, a farmi cenno di no.
Sono sempre al telefono con lei (lei chi? Ma fatevi gli affari vostri, grazie). Condividiamo lo stupore per la stoica rinuncia, lo stoico e deciso diniego, per meglio dire, da parte della mia dinamica parente. Ci interroghiamo turbati: si sarà portata le buste da casa? Non sappiamo darci una risposta, è in casi come questi che anche il più consolidato dei rapporti viene messo a dura prova, ci diciamo che forse è meglio attendere, che il tempo ci darà ragione o quanto meno spiegazione. Ma è dura. E' dura, lo so, lo sappiamo.
La zietta paga. Sale il pathos. Mi ingiunge di posare la roba nel carrello. Docile, eseguo: come disobbedire alla zietta? Quanti anni dovrei espiare per annullare i sensi di colpa conseguenti a tale eventuale mio misfatto? La zietta che non solo mi versava il caffelatte (d'orzo, puah!) la mattina, ma aggiungeva lo zucchero, brandiva poi il cucchiaino e me lo mischiava!!! Come contraddirla? Soprattutto quando si trova nel semipnotico esercizio delle proprie funzioni. Sapevate che un sonnambulo non va svegliato? Ma certo che lo sapevate. Ecco, tale è la zietta quando viene immessa nel proprio habitat, il supermercato. Ma là dentro è felice. Perché turbarla?
Le casse sono tante (milioni di milioni, come informava la pubblicità del salame Negroni parlando delle stelle). Non tutte sono attive. Ecco, verso l'uscita ce ne sono diverse, una dietro l'altra, disabitate, vuote, abbandonate. Con un guizzo la zietta si avvicina a una di esse. E' un attimo: quasi non me ne rendo conto. La zietta si impadronisce di ben tre buste.
Tre!!!
Si è data una rapidissima occhiata intorno, quasi impercettibile ai più, ha eluso ogni controllo e ha colpito. Usciamo.
Lei (lei chi? Ma fatevi gli affari vostri, grazie) è ancora al telefono. Al mio racconto di quest'ultimo fatto sento che mugola: sta raggiungendo l'orgasmo. E' lo stesso anche per me. Veniamo insieme. Amore... amore mio...
E dopo, le tenerezze. Dolci lascive (non 'lassative', branco di maliziosi sordastri) carezze, anzi, dolci tenere lascive parole. Parole non mie, però, almeno non del tutto.
Io dico:
"Ostia, xìa, ma 'sa feto? Veto ciavar 'e buste?"
(Ostia - tipica interiezione veneta -, zia, ma cosa fai? Vai a fottere le buste?).
Attimo di silenzio. Lei (lei chi? Ma fatevi gli affari vostri, grazie) è stanca ed ansimante delle dolci fatiche d'amore.
Risponde la zietta, meglio, mille volte meglio, del capolavoro d'erotismo che fu il mitico brano anni '70 'Je t'aime, moi non plus' (quello che faceva papara-pa-paa, pa-ra-paa-paaaà ecc., mica ve la posso canta' tutta mo').
Risponde, tra lo stupito, il vagamente stizzito, quasi l'incredulo per l'ingenuità del mio quesito, in un tono che sembra affermare, sentenziare anzi, l'ineluttabilità della sua scelta:
"E ben!..."
Da le Alte de Montecio Magiòre, do' che i manja bisi e i caga spassaore (Da Alte di Montecchio Maggiore - Vi -, dove mangiano piselli e cacano scope, sede del supermercato spogliato ancorché defoliato dall'ottuagenaria zietta),
Peterpan
Specifico che ella è mancata all'effetto dei suoi cari ecc. ecc. nel novembre 2005, e suo marito ancora alla fine del 2002, ma che a casa sua resistono le scorte di detersivi che ella accumulò, prudentemente, in vista di un inevitabile conflitto nucleare. |
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De: Tebro |
Enviado: 10/03/2011 14:20 |
amico peteruccio, ingenuo bocconotto, puro come un praticante francescano, mentalmente vergine al pari d'un bambino d'altri tempi. ma davvero credi che qualcuno, co sto monnaccio che va a tremila, legge sti cazzo de pipponi?
No! non me dì che pensi questo che te lascio in balìa del tuo amico bazzinori.
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Be', tu intanto l'hai letto... |
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De: Tebro |
Enviado: 10/03/2011 14:27 |
ehi, tosto, vedo che il tuo scrivano finalmente è guarito. Fagli sempre i miei complimenti.
Digli: Tebro ha sempre parteggiato per te e per la tua immane abnegazione e sofferenza.
Non fare domande! non chiedere spiegazioni! tu, riferisci e torna a cuccia. Lui, sa bene cosa intendo.
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De: tosto41 |
Enviado: 10/03/2011 18:04 |
davvero...tu pensi o sommo discepolo di picaterra.......come coltivatore andavi meglio......che come poeta
lo dico sempre io......che tu sei due braccia strappate all'agricoltura comunque......sappilo che riferirò il tuo mssaggio ciao tebro....e tanta passera per te.......opsss attento che poi non passerà .......e tutto per un accento un semplice accento.... e tu vai di mano.....mano lesta certo...mano amica on lo metto in dubbio......ma sempre mano tua.......tebronzo :) |
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