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General: Le mie confessioni
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De: Merendina (Mensaje original) |
Enviado: 07/07/2012 08:17 |
Ho messo una home
che mi ha accomunato a fabry
e non so più come tirarmene fuori.
Pisolo ha scritto una cosa ripresa in phalla
sulla validità del linguaggio parlato.
Dopo faticose ricerche ho trovato qualcosa
da copiaincollare in risposta.
Speriamo che nessuno mi chieda
perché mai un libro stimola
e spesso diverte più della sua
conversione in immagini,
cioè il film che ne ricavano.
E comunque,
quello che ho copiaincollato,
mi rendo conto che può servire
per ben altro tipo di immagini
che non siano le stupidaggini
che posta fabry.
.....insomma, volevo fare
la mia porca figura
ma mi sa che per oggi
l'è andata male. |
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Ordunque: no comment sull'opera di Freedberg in quanto mi sembra che la sua opera sia praticamente un lavoro compilativo, un viaggio per l'appunto.
Sulla parte riguardante la Marziano, che mi sembra di pretese saggistiche, credo che una parola la si possa invece spendere. Leggiamo un esordio assai simile a quello del tema che noi studenti ignorantissimi e fossilizzati nella nostra ignoranza eravamo soliti scegliere, per esclusione e non per altro: quello d'attualità. E l'inizio era immancabilmente: 'Fin dai tempi antichi l'uomo...' Ma si va subito sul difficile: l'iconic turn (o pictorial turn, meno male, che sollievo!) può essere definito una sorta di formalizzazione di un concetto portante dei visual studies (be', indubbiamente) ...e blablabla: insomma, l'immagine sarebbe superiore come 'immediatezza, concretezza e chiarezza' rispetto alla capacità espressiva del linguaggio. Circostanza non vera persino nell'apparente semplicità dei dipinti 'classici', ma passiamo oltre. Subito dopo veniamo a sapere che però l'immagine non è che uno la debba guardare così, siamo matti?, ma la deve ben inserire nel contesto socio-storico-culturale che l'ha partorita, tenendo conto ovviamente (così continua il testo, giuro che non mi sto inventando nulla) di ciò che frullava nella mente del creatore dell'immagine stessa: dopo la scoperta dell'acqua calda tutto ciò mi appare quasi il massimo, un parto incredibilmente sublime dell'umano intelletto. Il concetto viene sostanzialmente ribadito nel capoverso successivo: non viene analizzato soltanto il suo significato bensì anche il contesto nel quale si articola blablabla, in sostanza insomma occorre vedere se chi osserva l'immagine è uno che è andato a scuola (e che ci ha capito qualcosa) o un testa di cazzo recidivo e incurabile. Stessa pappardella nel capoverso dopo (ma questa a chi si rivolge? Alla Nazionale di Subbuteo? O addestra pappagalli? Ci faccia capire...): insomma, se un po' hai studiato, se sei uno che si tiene informato e se non sei un imbecille totale, capisci qualcosa di più dell'immagine che stai osservando. E finalmente la tesi di fondo, già del resto, seppure involontariamente, anticipata o quanto meno ben 'subodorata' dal lettore (accidenti, viene a mancare l'effetto sorpresa - occorre informarne urgentemente la Marziano!): l'iconic turn al linguaggio scritto fa un culo così. Segue una considerazione a firma, credo, dello stesso autore della mitica frase (e di uguali valenza e originalità) 'Non ci sono più le mezze stagioni', secondo la quale qui nel terzo millennio siamo bombardati di immagini - prendo atto. Ma attenzione: il rapporto tra immagine e testo è cosa recente (forse ci si riferisce alla mancata alfabetizzazione dei secoli passati, vallo a sapere e poi è quasi ora di pranzo...). Dallo scritto in rosso, verosimilmente opera di Merendina, traggo due note che mi sembrano rilevanti: la prima, polemica, che riguarda la riconosciuta superiorità di un libro rispetto al film che se ne ricava, non tanto per gli effetti vari (che in un libro non sono presenti, quindi come fare paragoni?) quanto per la serie di sensazioni, per gli stimoli che il libro produce rispetto al film bello e servito; la seconda, credo rassegnata più che polemica, per la quale in ogni caso il discorso sul linguaggio delle immagini nel suo rapporto paritetico, prevalente o quello che volete rispetto al linguaggio testuale difficilmente può basarsi sulle fregnacce della gallina (o di suoi eventuali epigoni): in effetti sarebbe come prendere i dialoghi delle telenovelas come capisaldi letterari, su, siamo seri... In chiosa per questa Marziano: mi puzza assai che costei fosse (o che magari sia tuttora) una chattajuola che una parola-dieci emoticon, in perfetto stile atrofizzacervelli: perché in fondo la sua tesi questo è, che lo voglia o no, o almeno questo è ciò che si evince dallo scritto che ho letto, una volta sfrondatolo dai soliti orpelli. Conta, il linguaggio, conta eccome sapersi esprimere: più parole più idee, Signori. Ah, e non basta rivestire un discorso di paroloni anche stranieri: occorre anche avere qualcosa da dire, evenienza che non sembra sia toccata alla Marziano.
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sono molto d'accordo su quanto afferma Paola Marziano
poichè viviamo nela civiltà dell'immagine, possiamo ben dire che l'immagine è "per tutti", anche se l'interazione tra il creatore dell'immagine e il suo fruitore può dare dei risultati svariatissimi e sorprendenti (poichè comunque sempre commisurati alla storia personale del fruitore stesso)...
mentre la parola scritta non è "per tutti" ... insomma lo è sempre di meno
pensate al nostro mondo virtuale... quando 20 o 25 anni fa tutti i programmi giravano in DOS era indispensabile leggere i comandi, interpretarli e rispondere adoperando la TASTIERA, quindi scrivendo... poi si è passati al MOUSE, ovvero ad un clic (o doppio clic) su di una icona
è stata una grande semplificazione, ma anche una rivoluzione di portata epocale: nel senso che anche un semianalfabeta da allora in avanti è stato in grado di adoperare un pc o un telefonino di nuova generazione o un tablet, e di navigare felicemente negli oceani virtuali
non vorrei passare per snob, non lo sono affatto, ma per me è stato un po' come regredire al Medio Evo, quando una solo una esigua minoranza di "chierici" alfabetizzati poteva leggere le Sacre Scritture mentre il popolo si acculturava di religione "leggendo" gli affreschi o i mosaici in chiesa o le formelle sulle porte della stessa
abbiamo "democratizzato" il web, ok, va benissimo, tutti possono accedervi e interagire... ma a che scopo in fondo? per trasmettere cosa? avete presenti i contenuti? avete mai avuto un profilo in facebook, avete mai provato un attimo di smarrimento di fronte a tutta quella alluvione di banalità, cuoricini e "mi piace" ?
se poi un qualunque vecchio somaro imparasse ad utilizzare internet almeno per fare un pagamento, prenotare un treno, un volo o una stanza d'albergo sarei contento per lui... ma ci credo poco!
a riprova del fatto che sviluppo (economico, tecnologico) non vuol dire progresso (Pasolini ne aveva parlato 40 anni fa, ma chi ne ha sentito parlare di Pasolini?)
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Pasolini, eh? |
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De: fannie |
Enviado: 07/07/2012 12:34 |
son contenta che non sono una vecchia somara: pago tutto online, prenoto le vacanze, leggo tutti gli orari che mi servono
cazzarola, son proprio contenta, eh
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Copio-incollo dalla saggistica di Pasolini.
Non concordo su molti punti scritti dall'autore ma lo posto "vergine" di modo che si possa tranquillamente dire la propria (io lo farò senza ombra di dubbio).
"Pagine corsare" La saggistica
Pier Paolo Pasolini “Sviluppo e progresso” Inedito, ora in Walter Siti, a cura di, Pasolini. Saggi sulla politica e sulla società [Scritti corsari] ed. Meridiani Mondadori, Milano 1999
Ci sono due parole che ritornano frequentemente nei nostri discorsi: anzi, sono le parole chiave dei nostri discorsi. Queste due parole sono «sviluppo» e «progresso». Sono due sinonimi? O, se non sono due sinonimi, indicano due momenti diversi di uno stesso fenomeno? Oppure indicano due fenomeni diversi che però si integrano necessariamente fra di loro? Oppure, ancora, indicano due fenomeni solo parzialmente analoghi e sincronici? Infine; indicano due fenomeni «opposti» fra di loro, che solo apparentemente coincidono e si integrano? Bisogna assolutamente chiarire il senso di queste due parole e il loro rapporto, se vogliamo capirci in una discussione che riguarda molto da vicino la nostra vita anche quotidiana e fisica.
Vediamo: la parola «sviluppo» ha oggi una rete di riferimenti che riguardano un contesto indubbiamente di «destra». Chi vuole infatti lo «sviluppo»? Cioè, chi lo vuole non in astratto e idealmente, ma in concreto e per ragioni di immediato interesse economico? È evidente: a volere lo «sviluppo» in tal senso è chi produce; sono cioè gli industriali. E, poiché lo «sviluppo», in Italia, è questo sviluppo, sono per l’esattezza, nella fattispecie, gli industriali che producono beni superflui. La tecnologia (l’applicazione della scienza) ha creato la possibilità di una industrializzazione praticamente illimitata, e i cui caratteri sono ormai in concreto transnazionali. I consumatori di beni superflui, sono da parte loro, irrazionalmente e inconsapevolmente d’accordo nel volere lo «sviluppo» (questo «sviluppo»). Per essi significa promozione sociale e liberazione, con conseguente abiura dei valori culturali che avevano loro fornito i modelli di «poveri», di «lavoratori», di «risparmiatori», di «soldati», di «credenti». La «massa» è dunque per lo «sviluppo»: ma vive questa sua ideologia soltanto esistenzialmente, ed esistenzialmente è portatrice dei nuovi valori del consumo. Ciò non toglie che la sua scelta sia decisiva, trionfalistica e accanita.
Chi vuole, invece, il «progresso»? Lo vogliono coloro che non hanno interessi immediati da soddisfare, appunto, attraverso il «progresso»: lo vogliono gli operai, i contadini, gli intellettuali di sinistra. Lo vuole chi lavora e chi è dunque sfruttato. Quando dico «lo vuole» lo dico in senso autentico e totale (ci può essere anche qualche «produttore» che vuole, oltre tutto, e magari sinceramente, il progresso: ma il suo caso non fa testo). Il «progresso» è dunque una nozione ideale (sociale e politica): là dove lo «sviluppo» è un fatto pragmatico ed economico.
Ora è questa dissociazione che richiede una «sincronia» tra «sviluppo» e «progresso», visto che non è concepibile (a quanto pare) un vero progresso se non si creano le premesse economiche necessarie ad attuarlo.
Qual è stata la parole d’ordine di Lenin appena vinta la Rivoluzione? È stata una parola d’ordine invitante all’immediato e grandioso «sviluppo» di un paese sottosviluppato. Soviet e industria elettrica... Vinta la grande lotta di classe per il «progresso» adesso bisognava vincere una lotta, forse più grigia ma certo non meno grandiosa, per lo «sviluppo». Vorrei aggiungere però - non senza esitazione - che questa non è una condizione obbligatoria per applicare il marxismo rivoluzionario e attuare una società comunista. L’industria e l’industrializzazione totale non l’hanno inventata né Marx né Lenin: l’ha inventata la borghesia. Industrializzare un paese comunista contadino significa entrare in competitività coi paesi borghesi già industrializzati. È ciò che, nella fattispecie, ha fatto Stalin. E del resto non aveva altra scelta.
Dunque: la Destra vuole lo «sviluppo» (per la semplice ragione che lo fa); la Sinistra vuole il «progresso».
Ma nel caso che la Sinistra vinca la lotta per il potere, ecco che anch’essa vuole - per poter realmente progredire socialmente e politicamente - lo «sviluppo». Uno «sviluppo», però, la cui figura si è ormai formata e fissata nel contesto dell’industrializzazione borghese.
Tuttavia qui in Italia, il caso è storicamente diverso. Non è stata vinta nessuna rivoluzione. Qui la Sinistra che vuole il «progresso», nel caso che accetti lo «sviluppo», deve accettare proprio questo «sviluppo»: Io sviluppo dell’espansione economica e tecnologica borghese.
È questa una contraddizione? È una scelta che pone un caso di coscienza? Probabilmente sì. Ma si tratta come minimo di un problema da porsi chiaramente: cioè senza confondere mai, neanche per un solo istante, l’idea di «progresso» con la realtà di questo «sviluppo». Per quel che riguarda la base delle Sinistre (diciamo pure la base elettorale, per parlare nell’ordine dei milioni di cittadini), la situazione è questa: un lavoratore vive nella coscienza l’ideologia marxista, e di conseguenza, tra gli altri suoi valori, vive nella coscienza l’idea di «progresso»; mentre, contemporaneamente, egli vive, nell’esistenza, l’ideologia consumistica, e di conseguenza, a fortiori, i valori dello «sviluppo». Il lavoratore è dunque dissociato. Ma non è il solo ad esserlo. Anche il potere borghese classico è in questo momento completamente dissociato: per noi italiani tale potere borghese classico (cioè praticamente fascista) è la Democrazia cristiana.
A questo punto voglio però abbandonare la terminologia che io (artista!) uso un po’ a braccio e scendere a un’esemplificazione vivace. La dissociazione che spacca ormai in due il vecchio potere clerico-fascista, può essere rappresentato da due simboli opposti, e, appunto, inconciliabili: «Jesus» (nella fattispecie il Gesù del Vaticano) da una parte, e i «blue-jeans Jesus» dall’altra. Due forme di potere l’una di fronte all’altra: di qua il grande stuolo dei preti, dei soldati, dei benpensanti e dei sicari; di là gli «industriali» produttori di beni superflui e le grandi masse del consumo, laiche e, magari idiotamente, irreligiose. Tra l’«Jesus» del Vaticano e l’«Jesus» dei blue-jeans, c’è stata una lotta. Nel Vaticano - all’apparire di questo prodotto e dei suoi manifesti - si son levati alti lamenti. Alti lamenti a cui per solito seguiva l’azione della mano secolare che provvedeva a eliminare i nemici che la Chiesa magari non nominava, limitandosi appunto ai lamenti. Ma stavolta ai lamenti non è seguito niente. La longa manus è rimasta inesplicabilmente inerte. L’Italia è tappezzata di manifesti rappresentanti sederi con la scritta «chi mi ama mi segua» e rivestiti per l’appunto dei blue-jeans Jesus. Il Gesù del Vaticano ha perso.
Ora il potere democristiano clerico-fascista, si trova dilaniato tra questi due «Jesus»: la vecchia forma di potere e la nuova realtà del potere...
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Io credo che si possa essere d'accordo con la Marziano se la Marziano dice qualcosa che sta... sulla Terra. Ma siccome non ha detto un cazzo, scusa tanto, sei d'accordo con un cazzo?
Tradotto in termini 'normali' il suo discorso significa quello che, vabbe', con un pizzico di ironia, ho scritto io: la sagra dell'ovvio. Ce lo doveva dire lei che siamo ingolfati di immagini, che queste talvolta sostituiscono il testo, e che la loro interpretazione varia a seconda del loro fruitore. Novella Messia.
Le immagini servono, certo, sono anche insostituibili se vogliamo: vorremmo forse scrivere un papello al posto di un segnale di 'stop'? E sia anche per il computer: adesso non è necessario parlare il DOS per collegarsi.
La democratizzazione del tutto, comunque, ha causato effetti come quelli da te descritti se non peggiori, sì... a proposito di immagini (ma qui c'è un mix col testo) scrivevo proprio l'altro giorno della nuova moda in FB, cioè quelle insulse cartoline con frasi roboanti.
E torno a ripetere: questa tipa mi sa che chatta mettendo mille emoticon ogni tre parole... |
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Ma comunque, o Peppe Gioacchin, tieni anche conto che 'sta roba è stata pubblicata altrove per contestare sia Pisolo (Vaccabestia) che Petr(One), quando difendevano il primato del saper comunicare per iscritto. E' il solito copiaincolla trovato a caso e magari nemmeno letto. |
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Merendina non credo di avere capito...
...hai copiaincollato qui quell'articolo dopo averlo postato in una discussione dove nessuno dei destinatari l'ha letto?
(o forse ho capito: mi hai detto di farmi i c.miei ???? ) |
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interessante il binomio progresso sviluppo
trattato da Pasolini.
Non mi sono mai soffermato a dare una etichetta politica ai due termini
Sviluppo di destra
progresso di sinistra
Si vede che mi mancano le basi elementari per essere un comunista del menga.
Ma..
c'è un ma..
Il buon Pasolini dice; lo sviluppo è di destra perchè lo sviluppo lo si ottiene mediante la produzione industriale di beni e merci superflue, in modo che gli industriali accumulino ricchezza.
Ok, e fin li lo comprendo, anche se mi sembra una schematizzazione un po tirata per i capelli, ma è ovviamente un esercizio intellettuale e gli schemi servono per rendere chiara una immagine.
Ma...
e se la produzione,
ancorchè essere di beni e merci superflue
fosse di beni e merci essenziali?
sarebbe ancora di destra o.. diventerebbe di sinistra?
Potrebbe essere una domanda del cazzo perchè l'ho elaborata io, ma son mica tanto sicuro che sia del cazzo eh
Perchè se lo sviluppo è di beni essenziali per la collettivita ( popolo)
diventa funzionale per il progresso ( del popolo)
e quindi per proprieta transitiva, dovrebbe diventare di sinistra.
Mah..
lascio a chi è piu intelligente di me una analisi da altro punto di vista |
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Warhol e Rauschenberg, non pizza e fichi
contemporanei del Pasolini di Pagine Corsare,
gli inventori di FB potrebbero essere loro figli
o nipoti
e comunque il poeta Pasolini ha perseguito in
ugual misura sia lo sviluppo che il progresso
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