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De: lore luc (Mensaje original) |
Enviado: 08/09/2011 02:51 |
Giovedì 08 Settembre 2011
LA NATIVITà BEATA VERGINE MARIA (Festa)
Natività della Beata Vergine Maria (Festa)
« La celebrazione odierna – si legge nel brano dei Discorsi di S. Andrea di Creta proclamato nell'odierno Ufficio delle Letture - onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è, l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio ».
è questo del resto il motivo per cui di Maria soltanto (oltre che di S. Giovanni Battista e naturalmente di Cristo) non si festeggia unicamente la “nascita al cielo”, come avviene per gli altri santi, ma anche la venuta in questo mondo.
In realtà, il meraviglioso di questa nascita non è in ciò che narrano con dovizia di particolari e con ingenuità gli apocrifi, ma piuttosto nel significativo passo innanzi che Dio fa nell'attuazione del suo eterno disegno d'amore. Per questo la festa odierna è stata celebrata con lodi magnifiche da molti santi Padri, che hanno attinto alla loro conoscenza della Bibbia e alla loro sensibilità e ardore poetico. Leggiamo qualche espressione del secondo Sermone sulla Natività di Maria di S. Pier Damiani: “Dio onnipotente, prima che l'uomo cadesse, previde la sua caduta e decise, prima dei secoli, l'umana redenzione. Decise dunque di incarnarsi in Maria”.
Come quasi tutte le solennità principali di Maria anche la Natività è di origine orientale. Nella Chiesa d'occidente l'ha introdotta il papa orientale san Sergio I alla fine del sec. VII. Originariamente doveva essere la festa della dedicazione dell'attuale basilica di sant'Anna in Gerusalemme.
La Tradizione, infatti, indicava quel luogo come la sede dell'umile dimora di Gioacchino ed Anna, lontani discendenti di Davide, genitori di Maria. Occorre cercare in questo culto della Natività di Maria una profonda verità: la venuta dell'uomo-Dio sulla terra fu lungamente preparata dal Padre nel corso dei secoli.
La personalità divina del Salvatore supera infinitamente tutto ciò che l'umanità poteva generare, però la storia dell'umanità fu come un lento e difficile parto delle condizioni necessarie all'Incarnazione del figlio di Dio.
La devozione cristiana ha voluto perciò venerare le persone e gli avvenimenti che hanno preparato la nascita di Cristo sul piano umano e sul piano della grazia: la sua Madre, la nascita di essa, la sua concezione, i suoi genitori e i suoi antenati (vangelo: Mt 1,1-16.18-23).
Credere nei preparativi dell'incarnazione significa credere nella realtà dell'incarnazione e riconoscere la necessità della collaborazione dell'uomo all'attuazione della salvezza del mondo.
Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) concluse la sua omelia, a Frascati l’8/09/1980, nei seguenti termini :
« O Vergine nascente, speranza e aurora di salvezza al mondo intero, / volgi benigna il tuo sguardo materno a noi tutti, / qui riuniti per celebrare e proclamare le tue glorie!
O Vergine fedele, che sei stata sempre pronta e sollecita ad accogliere, conservare e meditare la Parola di Dio, / fa’ che anche noi, in mezzo alle drammatiche vicende della storia, / sappiamo mantenere sempre intatta la nostra fede cristiana, / tesoro prezioso tramandatoci dai Padri!
O Vergine potente, che col tuo piede schiacci il capo del serpente tentatore, / fa’ che realizziamo, giorno dopo giorno, le nostre promesse battesimali, con le quali abbiamo rinunziato a Satana, alle sue opere ed alle sue seduzioni, / e sappiamo dare al mondo una lieta testimonianza della speranza cristiana.
O Vergine clemente, che hai sempre aperto il tuo cuore materno alle invocazioni dell’umanità, talvolta divisa dal disamore ed anche, purtroppo, dall’odio e dalla guerra, fa’ che sappiamo sempre crescere tutti, secondo l’insegnamento del tuo figlio, nell’unità e nella pace, per essere degni figli dell’unico Padre celeste.
Amen! »
S. Leonardo Murialdo, grande devoto della Madonna, diceva : “Maria, Madre nostra, è la più amante, la più affettuosa delle madri. è madre di Dio, quindi ottiene tutto. è madre nostra, quindi non ci nega niente. è madre di misericordia: gettiamoci nelle sue braccia”.
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13 Ottobre 1917: Ultima apparizione di Nostra Signora di Fatima -Miracolo del sole-
Il 13 ottobre Cova d’Iria traboccava di
gente, uomini giunti da tutto il Portogallo si erano recati lì per
assistere al miracolo predetto dalla Vergine. Vi erano anche parecchi
giornalisti anti-clericali decisi a dimostrare come le apparizioni
fossero soltanto una commedia escogitata dal parroco di Fatima. Era una
giornata parecchio piovosa e tutti i fedeli si coprivano con gli
ombrelli. A mezzogiorno un sacerdote si avvicinò a Lucia e l’accusò di
essere una millantatrice poiché la Madonna non era ancora apparsa, poco
dopo i presenti videro una nube circondare i pastorelli e l’elce. La
Madonna ordinò a Lucia di far costruire in quel luogo una cappella in
suo onore, dedicata alla “Vergine del Rosario”, raccomandò inoltre di
pregare molto poiché la guerra era in procinto di concludersi. Detto
questo ascese al cielo che si aprì al suo passaggio, e accadde dunque il
miracolo predetto: il sole cominciò a volteggiare, fu visibile ad
occhio nudo, dopo di che sembrò cadere sulla folla atterrita, fermarsi
di colpo e risalire al cielo.
Una copia fotostatica di una pagina
della rivista Ilustração Portuguesa del 29 ottobre 1917 ritraente la
folla che osserva il ‘miracolo del sole’.Il fenomeno fu visto anche da
osservatori increduli accorsi in gran numero, convinti di assistere allo
smascheramento della promessa di un prodigio. Tra questi vi era Avelino
de Almeida, direttore del giornale O Seculo, che era il più diffuso e
autorevole quotidiano liberale ed anticlericale portoghese di Lisbona.
Nel suo articolo, pubblicato il 15 ottobre 1917, de Almeida scrisse[12]:
Dalla strada, dove i carri erano tutti
raggruppati e dove stavano centinaia di persone che non avevano il
coraggio sufficiente per attraversare il terreno reso fangoso dalla
pioggia, vedemmo l’immensa folla girarsi verso il sole che apparve al
suo zenit, chiaro tra le nuvole. Sembrava un disco d’argento, ed era
possibile guardarlo senza problemi. Non bruciava gli occhi, non li
accecava. Come se vi fosse stata un eclisse. Poi si udì un urlo
fragoroso, e la gente più vicina cominciò a gridare – Miracolo,
miracolo! Meraviglia, meraviglia! – Davanti agli occhi estasiati delle
persone, il cui comportamento ci riportava ai tempi della Bibbia e le
quali ora contemplavano il cielo limpido, sbalordite e a testa scoperta,
il sole tremò, compì degli strani e bruschi movimenti, al di fuori di
qualsiasi logica scientifica, – il sole «danzò» – secondo la tipica
espressione dei contadini.
Testimonianza simile quella riportata dal dottore Almeida Garrett[13]:
Improvvisamente udii il clamore di
centinaia di voci e vidi che la folla si sparpagliava ai miei piedi …
voltava la schiena al luogo dove, fino a quel momento, si era
concentrata la sua attesa e guardava verso il sole dall’altro lato.
Anche io mi sono rivoltato verso il punto che richiamava lo sguardo di
tutti e potei vedere il sole apparire come un disco chiarissimo, con i
contorni nitidi, che splendeva senza offendere la vista. Non poteva
essere confuso con il sole visto attraverso una nebbia (che non c’era in
quel momento) perché non era né velato né attenuato. A Fatima esso
manteneva la sua luce e il suo calore e si stagliava nel cielo con i
suoi nitidi contorni, come un largo tavolo da gioco. La cosa più
stupefacente era il poter contemplare il disco solare, per lungo tempo,
brillante di luce e calore, senza ferirsi gli occhi o danneggiare la
retina. Udimmo un clamore, il grido angosciato della folla intera. Il
sole, infatti, mantenendo i suoi rapidi movimenti rotatori, sembrò
essere libero di muoversi nel firmamento, e di spingersi, rosso sangue,
verso la terra, minacciando di distruggerci con la sua enorme massa.
Furono dei secondi davvero terribili.
Parecchie furono le testimonianze anche dei fedeli lì accorsi[14]:
Il sole vibrò e tremò, sembrava una ruota infuocata (Maria da Capelinha).
Il sole si tramutò in una ruota infuocata, assumendo tutti i colori
dell’arcobaleno. Tutto assunse quegli stessi colori: le nostre facce, i
nostri vestiti, la terra stessa (Maria do Carmo). Il sole cominciò a
danzare e, ad un certo punto, sembrò staccarsi dal firmamento e correre
verso di noi, come una ruota di fuoco (Alfredo da Silva Santos). Udii
urla di gioia e di amore verso la Madonna di Fatima, da parte di quelle
migliaia di bocche . E allora credetti. Ebbi la certezza di non essere
stata vittima di una suggestione. Avevo visto il sole come non l’avrei
mai visto di nuovo (Mario Godinho, un ingegnere). Nel momento in cui uno
meno se lo sarebbe aspettato, i nostri vestiti risultarono
completamente asciutti (Maria do Carmo).
I tre pastorelli dissero di aver visto
dapprima anche la Madonna, san Giuseppe e Gesù bambino, mentre
benedicevano il mondo tracciando un ampio segno di croce,
successivamente apparvero loro la Vergine, in vesti di Addolorata,
seguita da Gesù con la croce e la corona di spine, in seguito la sola
Vergine vestita come Madonna del Carmelo. Non appena il miracolo fu
concluso, la folla si riversò entusiasta sui pastorelli, Francisco
riuscì a fuggire, Giacinta venne condotta via da un amico, Lucia invece
si ritrovò senza velo né trecce poiché alcuni fanatici gliele avevano
tagliate![15].
Il 13
ottobre 1930, col documento A Divina Providência, il vescovo di Leiria
José Alves Correia da Silva dichiarò “degne di credito le visioni dei
fanciulli nella Cova da Iria”, autorizzando ufficialmente il culto della
Madonna di Fatima col titolo di Nossa Senhora de Fátima[9]. Questo ha
portato quindi anche al riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa
cattolica della “natura soprannaturale del miracolo del sole”.
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Oggi inizia il 90 ° anniversario dell'apparizione della Vergine di Fatima
"Ave Maria, piena di grazia. Il Signore è con te. Tu sei benedetta tra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesú. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte, Amen.
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Domenica
20 Maggio 2012
L'ASCENSIONE DEL SIGNORE (solennità)
Solennità dell’Ascensione di Nostro Signore
Dall’omelia del Beato Giovanni Paolo II
(Roma, 24 maggio 1979).
Cari figli, fratelli e amici in Cristo Gesù.
In
questa solennità dell’Ascensione di nostro Signore, il Papa è felice di
offrire il sacrificio eucaristico con voi e per voi. [...] Con gioia e
nuovi propositi per il futuro, riflettiamo brevemente sul grande fatto
della liturgia di oggi. Nelle letture bibliche ci viene riassunto in
tutto il suo significato il mistero dell’Ascensione di Gesù. La
ricchezza di questo mistero è espressa in due affermazioni: “Gesù diede loro le ultime istruzioni” e poi “Gesù salì e prese il suo posto”.
Nella
provvidenza di Dio - ossia nell’eterno disegno del Padre - era arrivata
per Cristo l’ora di partire. Doveva abbandonare i suoi apostoli e
lasciarli con sua Madre Maria, però solo dopo aver dato loro le sue
disposizioni. Ora gli apostoli avevano una missione da compiere secondo
gli insegnamenti dati da Gesù, e le ultime istruzioni erano, a loro
volta, la fedele espressione della volontà del Padre.
Quelle
istruzioni indicavano, soprattutto, che gli apostoli dovevano attendere
lo Spirito Santo il dono del Padre. Fin dall’inizio era ben chiaro che
la sorgente della forza degli apostoli doveva essere lo Spirito Santo. è
lo Spirito che guida la Chiesa nella via della verità; il Vangelo viene
diffuso con la potenza di Dio, non con i mezzi della sapienza e della
forza umana.
Gli
apostoli, inoltre, erano stati istruiti per insegnare, per proclamare
la buona novella in tutto il mondo. Dovevano battezzare nel nome del
Padre e del Figlio e dello Spirito. Come Gesù, dovevano parlare
esplicitamente del regno di Dio e della salvezza; dovevano testimoniare
Cristo “fino ai confini della terra”.
La Chiesa primitiva capì subito queste indicazioni, ed ebbe inizio
l’era missionaria. E tutti sapevano che quest’era missionaria non
sarebbe finita fino quando lo stesso Gesù, che se n’era andato al cielo,
sarebbe nuovamente tornato.
Le
parole di Gesù diventarono il tesoro che la Chiesa deve conservare e
proclamare, meditare e vivere. Nello stesso tempo lo Spirito Santo
infondeva nella Chiesa un carisma apostolico per mantenere intatta
questa rivelazione. Attraverso le sue parole, Gesù viveva in tutta la
Chiesa: “Io sono con voi sempre”.
Tutta la comunità ecclesiale divenne consapevole della necessità di
essere fedele alle istruzioni di Gesù, cioè al deposito della
fede. [...]
La seconda riflessione sul significato dell’Ascensione si trova in questa frase: “Gesù prese il suo posto”.
Dopo aver sopportato l’umiliazione della sua passione e morte, Gesù
prese il suo posto alla destra di Dio; prese il suo posto con il suo
eterno Padre. Ma egli è entrato in cielo come nostro capo, per cui,
secondo l’espressione di Leone Magno (cf. S. Leone Magno, Sermo I de Ascensione Domini), “la gloria del capo” è diventata “la gloria del corpo”. Per tutta l’eternità Cristo è ora al suo posto come “il primogenito tra molti fratelli” (Rm
8,29): la nostra natura è con Dio per mezzo di Cristo. E come uomo, il
Signore Gesù vive per sempre ad intercedere per noi presso il Padre (cf.
Eb
7,25). Nello stesso tempo, dal suo trono di gloria, Gesù invia a tutta
la Chiesa un messaggio di speranza e una chiamata alla santità.
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Per
i meriti di Cristo, per la sua intercessione presso il Padre, noi
diventiamo capaci, in lui, di raggiungere la giustizia e la santità
della vita. La Chiesa può certo sperimentare difficoltà, il Vangelo può
incontrare ostacoli, ma poiché Gesù è alla destra del Padre, la Chiesa
non conoscerà mai disfatte. La vittoria di Cristo è anche la nostra. La
potenza del Cristo glorificato, Figlio diletto dell’eterno Padre, è
sovrabbondante per sostenere ciascuno e tutti noi nelle difficoltà della
nostra dedizione al regno di Dio e nella generosità del nostro
celibato. L’efficacia dell’Ascensione di Cristo tocca ciascuno e tutti
nella realtà concreta della nostra vita quotidiana. Per questo mistero,
la vocazione della Chiesa è quella “di attendere in gioiosa speranza la venuta del nostro Salvatore Gesù Cristo”.
Cari
figli, siate ripieni di quella speranza che fa parte del mistero
dell’Ascensione di Gesù. Siate profondamente convinti della vittoria e
del trionfo di Cristo sul peccato e sulla morte. Credete che la forza di
Cristo è più grande della nostra debolezza, più grande della debolezza
di tutto il mondo. Provate a capire e a condividere la gioia che Maria
ha sperimentato nel sapere che suo Figlio aveva preso posto accanto al
Padre, che egli infinitamente amava. Rinnovate oggi la vostra fede nella
promessa del Signore nostro Gesù Cristo, che è andato a preparare un
posto per noi e che di là egli verrà di nuovo per prenderci con sé.
Questo è il mistero dell’Ascensione del nostro Capo. Ricordiamo sempre: “Gesù diede loro le ultime istruzioni” e poi “Gesù prese il suo posto”.
Amen.
Per & l'Omelia completa è Solennità dell'Ascensione di Nostro Signore
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Giovedì 24 Maggio 2012
LA BEATA VERGINE MARIA AUSILIATRICE
Madonna Ausiliatrice
Don Bosco scrisse: “il titolo di Auxilium Christianorum attribuito all'Augusta Madre del Salvatore non è cosa nuova nella Chiesa di Gesù Cristo. Maria fu salutata aiuto dei Cristiani fin dai primi tempi del Cristianesimo”.
Questo titolo si diffuse agevolmente specie dopo la vittoria cristiana sui turchi avvenuta nelle acque di Lepanto presso le isole Curzolari il 7 ottobre 1572, prima domenica di ottobre, sotto il pontificato di S. Pio V (Antonio Michele Ghislieri, 1566-1572), al grido di “Viva Maria!”. Il santo pontefice volle aggiungere alle litanie lauretane la bella invocazione: Auxilium Christianorum, ora pro nobis (Ausiliatrice dei Cristiani, prega per noi).
La devozione verso l'Auxilium Christianorum si rafforzò dopo la seconda grande vittoria sui turchi a Vienna, il 12 luglio 1683, ottenuta dal re di Polonia Giovanni III Sobieski, che ne dava l'annunzio al Beato Innocenzo XI (Benedetto Odescalchi, 1676-1689), con le parole : “Veni, Vidi, Maria Vicit” (Venni, Vidi, Maria Vinse). Nacque allora in Germania, a Monaco di Baviera, la prima Associazione in onore di Maria Ausiliatrice per commemorare la liberazione di Vienna.
Napoleone, dopo la sconfitta di Lipsia (19 ottobre 1813), liberò Pio VII (Barnaba Chiaramonti, 1800-1823), il 10 marzo 1814, ma diede ordine segreto che il viaggio fosse lento nella speranza di poter resistere agli alleati e quindi fermare ancora il Papa, ma Parigi si arrese il 30 marzo 1814 e il giorno dopo vi entrarono i sovrani nemici. Pio VII, in mezzo a grandi festeggiamenti, all'entusiasmo fremente ed all'immenso tripudio del popolo, rientrava a Roma e ritornava sul trono Pontificio il 24 maggio 1814 e l'anno seguente, grato per l'aiuto visibile della Madonna, istituì la festa di Maria Ausiliatrice per Roma e gli altri stati pontifici.
Ora la devozione all'Ausiliatrice è diffusa in tutto il mondo e la sua festa si celebra in molte nazioni.
Nella devozione mariana di Don Bosco, il titolo “Auxilium Christianorum”, si sovrappone, senza segnare sostituzione o attenuazione, ai titoli precedenti con cui invocava la Madonna, specie l'Immacolata che segnava gli inizi della sua Opera Provvidenziale. Se ne ha un primo ricordo in un'immaginetta del 1849, anno della fuga del Beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) da Roma a Gaeta, su cui scrisse l'invocazione: “O Vergine Immacolata, Tu che portasti vittoria di tutte le eresie, vieni ora in nostro aiuto: noi di cuore ricorriamo a Te. Auxilium Christianorum ora pro nobis”.
Fino al 1862 l'azione di Don Bosco verso l'Ausiliatrice non fu costante e generale : ne diede l'annuncio il 24 maggio 1862 nella "Buona notte", come si legge nelle Memorie Biografiche. Un sabato del mese di dicembre, forse il 6 del 1862, Don Bosco disse al chierico Albera, futuro Rettore Maggiore: “la nostra chiesa è troppo piccola .... ne fabbricheremo un'altra più bella, più grande, che sia magnifica, le daremo il titolo Chiesa di Maria Ausiliatrice”.
L'8 dicembre 1862 Don Bosco dichiara al chierico Cagliero, poi cardinale, il motivo della sua devozione alla Madonna sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: “Sinora abbiamo celebrato con solennità e pompa la festa dell'Immacolata...Ma la Madonna vuole che la onoriamo sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: i tempi sono così tristi che abbiamo bisogno che la Vergine SS. ci aiuti a conservare la fede cristiana”.
A causa del titolo “Maria Ausiliatrice” dato da Don Bosco al Tempio, le autorità municipali di Torino fecero difficoltà per l'approvazione del progetto della costruzione. Ma la chiesa ebbe il titolo di Maria SS. Ausiliatrice. Don Bosco non rinunziava a quel titolo, perché era quello voluto dalla Madonna.
Il 9 giugno 1868 fu consacrato il Tempio a Maria Ausiliatrice in Torino. Don Bosco e l'Ausiliatrice sono ormai due nomi inscindibili. L'Ausiliatrice si è servita di Don Bosco per operare numerosissimi e strepitosi miracoli, per concedere al mondo infinite grazie. Ne è piena la “vita di Don Bosco”, vi sono molti libri che narrano commoventi episodi della bontà di Maria ad ogni genere di persone, vi è il “Battesimo Salesiano”, che riporta ogni mese le grazie, i favori elargiti dall'Ausiliatrice, che dispensa i Suoi doni specialmente nel Santuario, che Ella volle a Torino, di cui aveva detto in una visione a Don Bosco: “Hic domus mea, Hinc gloria mea - Qui è la mia casa, di qui la mia gloria”.
Don Bosco non si contentò di propagare la devozione all'Ausiliatrice con la parola, la stampa, i prodigi. Ottenne da Pp Leone XIII (Gioacchino Pecci) che la “Benedizione di Maria Ausiliatrice”, che egli impartiva da tempo con efficacia, fosse approvata : con decreto della Sacra Congregazione dei Riti, il 18 maggio 1878, la formula della “benedizione” fu inserita nel Rituale romano.
Infine Don Bosco, quale Monumento di perenne riconoscenza per i singolari favori ricevuti, fondò la “Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice”. “Il ricorso a Maria Ausiliatrice - scriveva nel 1887 - va aumentando ogni dì tra il popolo fedele e porge motivo a pronunciare che tempo verrà, in cui ogni buon cristiano, insieme con la devozione al SS. Sacramento e al Sacro Cuore di Gesù, si farà un vanto di professare una devozione tenerissima a Maria Ausiliatrice”.
Interi Continenti e Nazioni hanno Maria Ausiliatrice come celeste Patrona: l’Australia cattolica dal 1844, la Cina dal 1924, l’Argentina dal 1949, la Polonia fin dai primi decenni del 1800; diffusissima e antica è la devozione nei Paesi dell’Est Europeo.
Nella bella basilica torinese a Lei intitolata, vi è il bellissimo e maestoso quadro, fatto eseguire dallo stesso fondatore, che rappresenta la Madonna Ausiliatrice che con lo scettro del comando e con il Bambino in braccio, è circondata dagli Apostoli ed Evangelisti ed è sospesa su una nuvola; sullo sfondo a terra, il Santuario e l’Oratorio come appariva nel 1868, anno dell’esecuzione dell’opera del pittore Tommaso Lorenzone.
Per approfondimenti & è Breve storia del Santuario
Preghiera a Maria Ausiliatrice
(composta da S. Giovanni Bosco)
O Maria,
Vergine Potente :
Tu, grande e illustre
difesa della Chiesa.
Tu, aiuto mirabile dei cristiani.
Tu, terribile
come esercito schierato
a battaglia,
Tu che hai distrutto da sola
tutte le eresie del mondo,
Tu nelle angustie, nelle lotte,
nelle necessità
difendici dal nemico
e nell’ora della morte
accoglici nel Paradiso.
Amen. |
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Domenica 27 Maggio 2012
LA PENTECOSTE (solennità)
Solennità di Pentecoste
Omelia di Papa Benedetto XVI
Sagrato della Basilica Vaticana (Domenica, 4 giugno 2006)
Cari fratelli e sorelle!
Il giorno di Pentecoste lo Spirito Santo scese con potenza sugli Apostoli; ebbe così inizio la missione della Chiesa nel mondo. Gesù stesso aveva preparato gli Undici a questa missione apparendo loro più volte dopo la sua risurrezione (cfr At 1,3). Prima dell’ascensione al Cielo, ordinò di “non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre” (cfr At 1,4-5); chiese cioè che restassero insieme per prepararsi a ricevere il dono dello Spirito Santo. Ed essi si riunirono in preghiera con Maria nel Cenacolo nell’attesa dell’evento promesso (cfr At 1,14).
Restare insieme fu la condizione posta da Gesù per accogliere il dono dello Spirito Santo; presupposto della loro concordia fu una prolungata preghiera. Troviamo in tal modo delineata una formidabile lezione per ogni comunità cristiana. Si pensa talora che l’efficacia missionaria dipenda principalmente da un’attenta programmazione e dalla successiva intelligente messa in opera mediante un impegno concreto. Certo, il Signore chiede la nostra collaborazione, ma prima di qualsiasi nostra risposta è necessaria la sua iniziativa: è il suo Spirito il vero protagonista della Chiesa. Le radici del nostro essere e del nostro agire stanno nel silenzio sapiente e provvido di Dio.
Le immagini che usa san Luca per indicare l’irrompere dello Spirito Santo - il vento e il fuoco - ricordano il Sinai, dove Dio si era rivelato al popolo di Israele e gli aveva concesso la sua alleanza (cfr Es 19,3ss). La festa del Sinai, che Israele celebrava cinquanta giorni dopo la Pasqua, era la festa del Patto. Parlando di lingue di fuoco (cfr At 2,3), san Luca vuole rappresentare la Pentecoste come un nuovo Sinai, come la festa del nuovo Patto, in cui l’Alleanza con Israele è estesa a tutti i popoli della Terra. La Chiesa è cattolica e missionaria fin dal suo nascere. L’universalità della salvezza viene significativamente evidenziata dall’elenco delle numerose etnie a cui appartengono coloro che ascoltano il primo annuncio degli Apostoli : “Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio” (At 2,9-11).
Il Popolo di Dio, che aveva trovato al Sinai la sua prima configurazione, viene quest’oggi ampliato fino a non conoscere più alcuna frontiera né di razza, né di cultura, né di spazio né di tempo. A differenza di quanto era avvenuto con la torre di Babele (cfr Gn 11,1-9), quando gli uomini, intenzionati a costruire con le loro mani una via verso il cielo, avevano finito per distruggere la loro stessa capacità di comprendersi reciprocamente, nella Pentecoste lo Spirito, con il dono delle lingue, mostra che la sua presenza unisce e trasforma la confusione in comunione. L’orgoglio e l’egoismo dell’uomo creano sempre divisioni, innalzano muri d’indifferenza, di odio e di violenza. Lo Spirito Santo, al contrario, rende i cuori capaci di comprendere le lingue di tutti, perché ristabilisce il ponte dell’autentica comunicazione fra la Terra e il Cielo. Lo Spirito Santo è l’Amore.
Ma come entrare nel mistero dello Spirito Santo, come comprendere il segreto dell’Amore? La pagina evangelica ci conduce oggi nel Cenacolo dove, terminata l’ultima Cena, un senso di smarrimento rende tristi gli Apostoli. La ragione è che le parole di Gesù suscitano interrogativi inquietanti: Egli parla dell’odio del mondo verso di Lui e verso i suoi, parla di una sua misteriosa dipartita e ci sono molte altre cose ancora da dire, ma per il momento gli Apostoli non sono in grado di portarne il peso (cfr Gv 16,12). Per confortarli spiega il significato del suo distacco: se ne andrà, ma tornerà; nel frattempo non li abbandonerà, non li lascerà orfani. Manderà il Consolatore, lo Spirito del Padre, e sarà lo Spirito a far conoscere che l’opera di Cristo è opera di amore: amore di Lui che si è offerto, amore del Padre che lo ha dato.
Questo è il mistero della Pentecoste: lo Spirito Santo illumina lo spirito umano e, rivelando Cristo crocifisso e risorto, indica la via per diventare più simili a Lui, essere cioè “espressione e strumento dell’amore che da Lui promana” (Deus caritas est, 33). Raccolta con Maria, come al suo nascere, la Chiesa quest’oggi prega: “Veni Sancte Spiritus! - Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore!”. Amen. |
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La
Pentecoste è l'evento del dono iniziale dello Spirito Santo alla Chiesa
nascente riunita a Gerusalemme nel Cenacolo, cinquanta giorni dopo la
Risurrezione di Gesù. Ebbe l'effetto di far partire il dinamismo
missionario della Chiesa: a partire dalla Pentecoste gli Apostoli, sotto
la guida di Pietro, iniziarono ad annunciare il kerigma della morte e
Risurrezione del Signore (At 2).
La parola proviene dal greco antico πεντηκοστή (ἡμὲρα), pentekostè (heméra), cioè "cinquantesimo" (giorno).
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Giovedì 31 Maggio 2012
LA VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (festa)
Visitazione Beata Vergine Maria
(festa)
Dopo l'annuncio dell'Angelo, Maria si mette in viaggio “frettolosamente”, dice l’evangelista Luca (1,39) : “In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda”, per far visita alla cugina Elisabetta e prestarle servizio.
Aggregandosi
probabilmente ad una carovana di pellegrini che si recano a
Gerusalemme, attraversa la Samaria e raggiunge Ain-Karim, in Giudea,
dove abita la famiglia di Zaccaria. è facile immaginare quali sentimenti
pervadano il suo animo alla meditazione del mistero annunciatole
dall'angelo. Sono sentimenti di umile riconoscenza verso la grandezza e
la bontà di Dio.
Maria magnifica il Signore che opera in lei: “L’anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore”
(Lc 1,46). Con queste parole Maria per prima cosa proclama i doni
speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali
Dio non cessò di provvedere al genere umano per l’eternità.
La
presenza del Verbo incarnato in Maria è causa di grazia per Elisabetta
che, ispirata, avverte i grandi misteri operanti nella giovane cugina,
la sua dignità di Madre di Dio, la sua fede nella parola divina e la
santificazione del precursore, che esulta di gioia nel seno della madre.
Maria rimane presso Elisabetta fino alla nascita di Giovanni Battista,
attendendo, probabilmente, altri otto giorni per il rito
dell’imposizione del nome.
Accettando
questo computo del periodo trascorso presso la cugina Elisabetta, la
festa della Visitazione, di origine francescana (i frati minori la
celebravano già nel 1263), veniva celebrata il 2 luglio, cioè al termine
della visita di Maria. Sarebbe stato più logico collocarne la memoria
dopo il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, ma si volle evitare che
cadesse nel periodo quaresimale.
Fu poi Urbano VI (Bartolomeo Prignano,
1378-1389) ad estendere la festa a tutta la Chiesa latina per
propiziare, con l’intercessione di Maria, la pace e l’unità dei
cristiani divisi dal grande scisma d’Occidente.
Il
sinodo di Basilea, nella sessione del 10 luglio 1441, confermò la
festività della Visitazione, dapprima non accettata dagli Stati che
parteggiavano per l’antipapa.
L’attuale
calendario liturgico, non tenendo conto della cronologia suggerita
dall’episodio evangelico, ha abbandonato la data tradizionale del 2
luglio (anticamente la Visitazione veniva commemorata anche in altre
date) per fissarne la memoria all’ultimo giorno di maggio, quale
coronamento del mese che la devozione popolare consacra al culto
particolare della Vergine.
“Nell’incarnazione – commentava S. Francesco di Sales –
Maria si umilia confessando di essere la serva del Signore...Ma Maria
non si indugia ad umiliarsi davanti a Dio perché sa che carità e umiltà
non sono perfette se non passano da Dio al prossimo. Non è possibile
amare Dio che non vediamo, se non amiamo gli uomini che vediamo. Questa
parte si compie nella Visitazione”.
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Domenica
3 Giugno 2012
LA SS. TRINITà (solennità)
Santissima Trinità
(solennità)
Continua
questo periodo di grandi feste nella Liturgia ed oggi ci troviamo di
fronte alla domenica dedicata alla Santissima Trinità. Chi è mai la
Trinità? Di cosa si tratta?
Ho
fatto la prova, nei giorni scorsi, a rivolgere queste due domande a un
po’ di persone: ad alcuni sacerdoti, alle mie colleghe a scuola, ai
ragazzi in oratorio, al sacrista, ad una mia vicina di casa; la risposta
che ho ricevuto più spesso è stata questa: “La Trinità è un mistero”.
Bisogna
dire che hanno ragione: effettivamente la Trinità è un grande mistero.
Solo che dobbiamo metterci d’accordo su cosa intendiamo con questa
parola, perché spesso in italiano diciamo mistero ed intendiamo qualcosa che non capiamo, qualcosa che ci fa paura.
Ricordo una mia alunna di 9 anni che, una volta, ha usato questa immagine: “Il
mistero è come una stanza buia. Non sai cosa c’è dentro. Magari è una
bellissima sorpresa, ma siccome non si riesce a vedere, ci fa paura.”
Forse è vero che il mistero fa un po’ paura, ma quando si tratta della Trinità, non deve essere così, perché è un mistero luminoso: un Dio che è unico, ma che è in tre persone, Padre, Figlio e Spirito Santo. Non
ci presenta qualcosa di spaventoso o di preoccupante, non ci fa sentire
minacciati. Resta mistero solo perché riguarda qualcosa che è molto più
grande di noi, qualcosa che la nostra mente non riesce a contenere, ad
accogliere fino in fondo. In
effetti, facciamo molta fatica a capire quello che la teologia ci dice:
se sono tre persone, non possono essere uno solo; ma Dio è unico,
allora come possiamo chiamarlo in tre modi? Sono solo suoi nomi diversi o
sono tre persone distinte? Lo so, lo so, sembra veramente tutto molto
complicato…
Quando
frequentavo le scuole superiori, nella mia parrocchia venne un teologo
famoso e importante, uno studioso della Bibbia e della Fede. Era stato
professore del mio parroco e venne a tenere alcune serate di riflessione
partendo dal Catechismo della Chiesa Cattolica, che era stato da poco
rinnovato. Quel sacerdote era davvero molto bravo, sapeva parlare in
maniera semplice delle cose difficili, così che anche noi ragazzi
ascoltavamo volentieri e seguivamo bene i discorsi. La seconda sera
parlò anche della Trinità e io cercavo di non perdere neppure una
parola. La sera seguente, cominciando il terzo e ultimo incontro,
l’anziano teologo chiese se avevamo domande e io, un po’ scoraggiata,
alzai la mano e spiegai: “Ecco… veramente… io questa faccenda della Trinità non è che proprio l’ho capita…”
Lui fece un bel sorrisone, che illuminò la sua faccia piena di rughe e mi rispose: “Ragazza
mia, meno male! Mi sarei cominciato a preoccupare se mi avessi detto
che avevi capito tutto della Trinità! Ma se invece ti senti confusa, è
tutto normale! Anche noi che passiamo la vita a studiare e a riflettere
sul mistero di Dio, non riusciamo a capirlo e a spiegarlo!”
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Sono
passati parecchi anni, da allora, e molto spesso mi sono trovata
davanti a persone che mi chiedevano di “spiegare la Trinità”. Solo che
la Trinità non si spiega. O perlomeno, non si spiega come la definizione
di un vocabolario o come il procedimento di un problema di matematica.
Proprio
qui sta il punto difficile: finché guardiamo alla Trinità usando la
logica della matematica, non ne veniamo a capo, perché se è 3 non può
essere 1 e se è 1 non può essere 3! Però nella nostra vita ci sono
moltissime cose che non seguono le regole matematiche, ma usano una
logica diversa. Per esempio la gioia, che aumenta se la dividi:
quando proviamo ad essere felici da soli, non riusciamo mai a provare
la stessa immensa gioia di quando possiamo essere felici insieme agli
altri. Di solito, se divido qualcosa, per esempio una tavoletta di
cioccolata, ne andrà un pezzo per uno: un pezzo, appunto, cioè una parte
molto più piccola della tavoletta intera. Con la gioia non è affatto
così: più la condividi con gli altri, più ti senti invadere dalla gioia,
la senti che ti aumenta dentro!
Anche l’amore segue questo stesso criterio: puoi darne di continuo e non resti mai senza!
Se ti offro delle patatine dal mio sacchetto e tu ne prendi un po’, poi
ancora un po’, poi ancora un po’ e ancora un altro pochettino, prima o
poi il sacchetto si svuoterà e io resterò senza. Con l’amore le cose
vanno diversamente: posso continuamente offrire amore e non mi troverò
mai con un sacchetto vuoto in mano, non potrà mai succedere che finisca e
io resti senza.
La
logica che abita la Trinità è simile alla logica della gioia e
dell’amore: non si spiega con i numeri o con le operazioni matematiche,
ma si accoglie con fede, facendone l’esperienza, invece di cercare di
misurarla. Sarà bello il giorno in cui ci troveremo in Paradiso e saremo
faccia a faccia con il Signore Dio: tutto sarà chiaro e diremo: “Ecco! Ora finalmente capisco questo mistero della Trinità!”. Per ora, ci fidiamo di Gesù, che sa quello che ci dice, non è vero?
E proprio lui, il nostro Maestro, ci parla di un Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Possiamo
partire da qui, credo: possiamo cominciare con il fidarci di quanto il
nostro Maestro e Signore ci insegna e possiamo imparare a pregare
chiamando per nome ciascuna delle persone della Trinità. è un modo per
entrare in confidenza con questo mistero luminoso. Penso che ciascuno
possa trovare il suo modo di pregare la Trinità o di invocare il Padre,
il Figlio e lo Spirito Santo.
A me, personalmente, viene spontaneo rivolgermi a Dio Padre
quando voglio unire la mia voce a quella di tanti fratelli e sorelle
nella fede in Cristo Gesù, quando voglio pregare per un’intenzione che
ci accomuna. Nei giorni del terremoto in Abruzzo, per esempio, il cuore
si rivolgeva spontaneamente a Dio chiamandolo Padre, di fronte alla
sofferenza di tanti fratelli e sorelle, nel desiderio di unire la mia
voce alla loro, sentendomi vicina alla paura e al pianto di ognuno.
Quando voglio invece confidare a Dio qualcosa di mio, qualcosa di personale, di intimo, mi viene più immediato rivolgermi al Figlio Gesù:
lui che è uomo esattamente come noi, conosce ogni sfumatura di quello
che passa nell’animo umano, sa perfettamente le nostre fatiche, le
nostre preoccupazioni, le nostre fragilità...Una mia alunna una volta mi
ha detto: “Se mi prendono in giro o mi fanno i dispetti, mi arrabbio e
vorrei vendicarmi. Allora prego Gesù: anche lui è stato un bambino e
anche a lui avranno fatto i dispetti, lo avranno preso in giro… Lui sì
che può capirmi!”
Al mattino, mentre cammino nel corridoio della mia scuola, prima di entrare in classe, mi rivolgo allo Spirito Santo: lo prego di accompagnarmi lungo la giornata,
di rendere le mie parole semplici e chiare per chi le ascolterà, di
aiutarmi a spiegare qualche argomento difficile, di rendere vivace la
mia fantasia, la mia creatività, per trovare ogni volta il modo più
adatto per raggiungere il cuore e la mente dei miei alunni. Con loro,
poi, prima di iniziare la lezione, preghiamo insieme lo Spirito Santo
perché renda l’intelligenza ben sveglia e pronta, tenga lontane le
distrazioni, dia il coraggio di fare domande quando qualcosa non è
chiaro. C’è poi un’altra occasione in cui mi viene spontaneo pregare lo
Spirito di Dio: quando sento tutta la fatica di vivere da cristiana.
Quando mi pesa perdonare, quando non ho voglia di condividere e aiutare,
quando ho paura dei commenti delle persone se dico che prego tutti i
giorni… Sono tante le piccole occasioni in cui essere testimoni di Gesù
ci costa, diventa faticoso, impegnativo, e ci sentiamo deboli, insicuri:
invocare lo Spirito Santo è il modo più facile per avere accanto tutta
la forza d’amore di Dio!
Fermiamoci allora un istante, prima di proseguire nella celebrazione. Ognuno, nel silenzio del cuore, rivolga un saluto, un pensiero, un ringraziamento alla Trinità, a Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo.
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Domenica
10 Giugno 2012
IL CORPUS DOMINI (solennità)
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
(solennità)
Dall'omelia di Papa Benedetto XVI
(15 giugno 2006)
Cari fratelli e sorelle,
nella
vigilia della sua passione, durante la Cena pasquale, il Signore prese
il pane nelle sue mani - così abbiamo sentito poco fa nel Vangelo - e,
pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse “ Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti”
(Mc 14,22-24). Tutta la storia di Dio con gli uomini è riassunta in
queste parole. Non è soltanto raccolto ed interpretato il passato, ma
anticipato il futuro - la venuta del Regno di Dio nel mondo. Ciò che
dice Gesù, non sono semplicemente parole. Ciò che Egli dice, è
avvenimento, l'avvenimento centrale della storia del mondo e della
nostra vita personale.
Queste
parole sono inesauribili. Vorrei meditare con voi soltanto un unico
aspetto. Gesù, come segno della sua presenza, ha scelto pane e vino. Con
ognuno dei due segni si dona interamente, non solo una parte di sé. Il
Risorto non è diviso. Egli è una persona che, mediante i segni, si
avvicina a noi e si unisce a noi. I segni però rappresentano, a modo
loro, ciascuno un aspetto particolare del mistero di Lui e, con il loro
tipico manifestarsi, vogliono parlare a noi, affinché noi impariamo a
comprendere un po' di più del mistero di Gesù Cristo. Durante la
processione e nell'adorazione noi guardiamo l'Ostia consacrata – il tipo
più semplice di pane e di nutrimento, fatto soltanto di un po' di
farina e acqua. Così esso appare come il cibo dei poveri, ai quali in
primo luogo il Signore ha destinato la sua vicinanza. La preghiera con
la quale la Chiesa durante la liturgia della Messa consegna questo pane
al Signore, lo qualifica come frutto della terra e del lavoro dell'uomo.
In esso è racchiusa la fatica umana, il lavoro quotidiano di chi
coltiva la terra, semina e raccoglie e finalmente prepara il pane.
Tuttavia il pane non è semplicemente e soltanto il prodotto nostro, una
cosa fatta da noi; è frutto della terra e quindi anche dono. Perché il
fatto che la terra porti frutto, non è un merito nostro; solo il
Creatore poteva conferirle la fertilità. E ora possiamo anche allargare
ancora un po' questa preghiera della Chiesa, dicendo: il pane è frutto
della terra e insieme del cielo. Presuppone la sinergia delle forze
della terra e dei doni dall'alto, cioè del sole e della pioggia. E anche
l'acqua, di cui abbiamo bisogno per preparare il pane, non possiamo
produrla da noi. In un periodo, in cui si parla della desertificazione e
sentiamo sempre di nuovo denunciare il pericolo che uomini e bestie
muoiano di sete in queste regioni senz'acqua – in un tale periodo ci
rendiamo nuovamente conto della grandezza del dono anche dell'acqua e
quanto siamo incapaci di procurarcelo da soli. Allora, guardando più da
vicino, questo piccolo pezzo di Ostia bianca, questo pane dei poveri, ci
appare come una sintesi della creazione. Cielo e terra come anche
attività e spirito dell'uomo concorrono. La sinergia delle forze che
rende possibile sul nostro povero pianeta il mistero della vita e
l'esistenza dell'uomo, ci viene incontro in tutta la sua meravigliosa
grandezza. Così cominciamo a capire perché il Signore sceglie questo
pezzo di pane come suo segno. [...]
In
modo molto simile ci parla anche il segno del vino. Mentre però il pane
rimanda alla quotidianità, alla semplicità e al pellegrinaggio, il vino
esprime la squisitezza della creazione: la festa di gioia che Dio vuole
offrirci alla fine dei tempi e che già ora sempre di nuovo anticipa a
modo di accenno mediante questo segno. Ma anche il vino parla della
Passione: la vite deve essere potata ripetutamente per essere così
purificata; l'uva deve maturare sotto il sole e la pioggia e deve essere
pigiata: solo attraverso tale passione matura un vino pregiato.
Nella festa del Corpus Domini
guardiamo soprattutto il segno del pane. Esso ci ricorda anche il
pellegrinaggio di Israele durante i quarant'anni nel deserto. L'Ostia è
la nostra manna con la quale il Signore ci nutre – è veramente il pane
dal cielo, mediante il quale Egli dona se stesso.
Nella
processione noi seguiamo questo segno e così seguiamo Lui stesso. E lo
preghiamo: Guidaci sulle strade di questa nostra storia! Mostra alla
Chiesa e ai suoi Pastori sempre di nuovo il giusto cammino! Guarda
l'umanità che soffre, che vaga insicura tra tanti interrogativi; guarda
la fame fisica e psichica che la tormenta! Dà agli uomini pane per il
corpo e per l'anima! Dà loro lavoro! Dà loro luce! Dà loro te stesso!
Purifica e santifica tutti noi! Facci comprendere che solo mediante la
partecipazione alla tua Passione, mediante il "sì" alla croce, alla
rinuncia, alle purificazioni che tu ci imponi, la nostra vita può
maturare e raggiungere il suo vero compimento. Radunaci da tutti i
confini della terra. Unisci la tua Chiesa, unisci l'umanità lacerata!
Donaci la tua salvezza! Amen.
Per & l'Omelia completa è Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
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Venerdì 15
Giugno 2012
IL SACRATISSIMO CUORE DI GESÚ (solennità)
Sacratissimo Cuore di Gesù
(solennità)
I
primi impulsi alla devozione del Sacro Cuore di Gesù provengono dalla
mistica tedesca del tardo medioevo, in modo particolare da Matilde di
Magdeburgo (1207-1282), Matilde di Hachenborn (1241-1299), Gertrude di
Helfta (ca. 1256-1302) ed Enrico Suso (1295-1366).
Tuttavia la grande fioritura della devozione si ebbe nel corso del XVII sec., prima ad opera di Giovanni Eudes (1601-1680), poi dopo
una serie di visioni avute da S. Margherita Maria Alacoque a
Paray-le-Monial (F), nel corso delle quali Gesù le chiese il suo impegno
per l’istituzione di una festa dedicata al Sacro Cuore.
Queste apparizioni ebbero luogo tra gli anni 1673 e 1675 :
1) La prima visione avvenne il 27 dicembre 1673, festa di S. Giovanni Evangelista. Gesù le apparve e Margherita si sentì “tutta investita della divina presenza”; la invitò a prendere il posto che S. Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena e le disse: “Il
mio divino Cuore è così appassionato d’amore per gli uomini, che non
potendo più racchiudere in sé le fiamme della sua ardente carità,
bisogna che le spanda. Io ti ho scelta per adempiere a questo grande
disegno, affinché tutto sia fatto da me”.
2) Una
seconda visione le apparve agli inizi del 1674, forse un venerdì; il
divin Cuore si manifestò su un trono di fiamme, più raggiante del sole e
trasparente come cristallo, circondato da una corona di spine
simboleggianti le ferite inferte dai nostri peccati e sormontato da una
croce.
3) Sempre
nel 1674 le apparve la terza visione, anche questa volta un venerdì
dopo la festa del Corpus Domini; Gesù si presentò alla santa tutto
sfolgorante di gloria, con le sue cinque piaghe, brillanti come soli e
da quella sacra umanità uscivano fiamme da ogni parte, ma soprattutto
dal suo mirabile petto che rassomigliava ad una fornace e essendosi
aperto, ella scoprì l’amabile e amante Cuore, la vera sorgente di quelle
fiamme.
Poi
Gesù, lamentando l’ingratitudine degli uomini e la noncuranza rispetto
ai suoi sforzi per far loro del bene, le chiese di supplire a questo.
Gesù la sollecitò a fare la Comunione al primo venerdì di ogni mese e di
prosternarsi con la faccia a terra dalle undici a mezzanotte, nella
notte tra il giovedì e il venerdì.
Vennero così indicate le due principali devozioni, la Comunione al primo venerdì di ogni mese e l’ora santa di adorazione.
4) La
quarta rivelazione più meravigliosa e decisiva, ebbe luogo il 16 giugno
1675 durante l’ottava del Corpus Domini. Nostro Signore le disse che si
sentiva ferito dalle irriverenze dei fedeli e dai sacrilegi degli empi,
aggiungendo: “Ciò che mi è ancor più sensibile è che sono i cuori a me consacrati che fanno questo”.
Gesù
chiese ancora che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini, fosse
dedicato ad una festa particolare per onorare il suo Cuore e con
Comunioni per riparare alle offese da lui ricevute. Inoltre indicò come
esecutore della diffusione di questa devozione, il padre spirituale di
Margherita, il gesuita Claude de la Colombiere (canonizzato il
31/05/1992), superiore della vicina Casa dei Gesuiti di Paray-le-Monial.
Un secolo dopo, nel 1765, la Santa Sede autorizzò l’episcopato polacco e l’arciconfraternita Roma del Sacro Cuore a celebrare questa Festa. Tuttavia solo nel 1856 il Beato Pp Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) stabilì il culto universale di questa Festa, estendendola a tutta la Chiesa cattolica.
Cento anni dopo, il 15 maggio 1956, il Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958), nel promuovere il culto al Cuore di Gesù con l’enciclica « Haurietis aquas » [ “Voi attingerete con gaudio le acque dalle fonti del Salvatore” (Is 12,3) sono le parole del profeta che aprono l’Enciclica] , esortava i credenti ad aprirsi al mistero di Dio e del suo amore, lasciandosi da esso trasformare.
Certamente
la devozione al Cuore di Gesù non è la celebrazione del culto di una
parte anatomica del suo corpo; si tratta della devozione e del culto
dello stesso Cristo Gesù e alla sua Persona, al suo essere il Figlio di
Dio, il Redentore dell’uomo che con “cuore”
infinitamente grande ha tanto amato i suoi da dare la vita per loro
fino a morire in croce. Sulla croce quel cuore fu trafitto dalla lancia
di un soldato e subito ne uscì sangue ed acqua, come ricordano i Santi
Evangeli. L’oggetto, dunque, della nostra adorazione è il Figlio
Unigenito del Padre, Gesù Salvatore e Redentore. Parlare del Cuore di Gesù è parlare dell’amore di Dio per gli uomini.
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La domenica 1° giugno 2008 (Angelus, 1 giugno 2008) Pp Benedetto XVI, spiegando il senso di questa devozione, ha detto : « dall'orizzonte
infinito del suo amore, infatti, Dio ha voluto entrare nei limiti della
storia e della condizione umana, ha preso un corpo e un cuore; così che
noi possiamo contemplare e incontrare l'infinito nel finito, il Mistero
invisibile e ineffabile nel Cuore umano di Gesù, il Nazareno ».
Le dodici promesse di Gesù ai devoti del suo Sacro Cuore
(Gesù a S. Margherita Maria Alacoque)
1. Darò loro tutte le grazie necessarie al loro stato.
2. Metterò la pace nelle loro famiglie.
3. Li consolerò in tutte le loro pene.
4. Sarò loro rifugio sicuro durante la vita e soprattutto alla loro morte.
5. Spargerò abbondanti benedizioni su tutte le loro imprese.
6. I peccatori troveranno nel mio Cuore la fonte e l'oceano infinito della misericordia.
7. Le anime tiepide diventeranno ferventi.
8. Le anime ferventi si eleveranno a grande perfezione.
9. Benedirò le case dove l'immagine del mio Sacro Cuore sarà esposta e onorata.
10. Darò ai sacerdoti il dono di toccare i cuori più induriti.
11. Le persone che propagheranno questa devozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore, dove non sarà mai cancellato.
12.
Io prometto nell'eccesso della misericordia del mio Cuore che il mio
amore onnipotente concederà a tutti quelli che si comunicheranno il
primo venerdì del mese per nove mesi consecutivi la grazia della
penitenza finale. Essi non moriranno in mia disgrazia, né senza ricevere
i Sacramenti, e il mio Cuore sarà loro rifugio sicuro in quell'ora
estrema.
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Sabato 16
Giugno 2012
IL CUORE IMMACOLATO della B.V.M. (memoria)
Cuore Immacolato B.M.V.
(memoria)
“Affinché
la devozione all’augustissimo Cuore di Gesù produca i più copiosi
frutti nella famiglia cristiana e perfino nell’intera umanità - ha insegnato il Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) nell’enciclica « Haurietis Aquas » -, i fedeli abbiano cura di unirvi strettamente la devozione al Cuore Immacolato della Madre di Dio” (§ 84).
Nella Sacra Scrittura, il vocabolo “cuore”
è alla base del rapporto religioso-morale dell’uomo con Dio. Il cuore è
al centro di tutta la vita spirituale dell’uomo; è principio di vita,
memoria, pensiero, volontà, interiorità: il cuore è inteso come sede
dell’incontro con Dio.
L’espressione “Cuore Immacolato”,
applicato a Maria, è divenuta di uso corrente in seguito alla
definizione del dogma dell’Immacolata Concezione (Beato Pio IX -
Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878), 8 dicembre 1854, bolla “Ineffabilis Deus”,
e raggiunse la massima diffusione negli anni 1942-1952, a motivo degli
avvenimenti di Fatima che determinarono la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato.
L’origine storica della festa è abbastanza recente, come è ricordato nell’Esortazione apostolica “Marialis Cultus”
(2 febbraio 1974) del Servo di Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini,
1963-1978 ) che annovera la memoria del Cuore Immacolato della Beata
Vergine Maria tra le “memorie o feste che esprimono orientamenti emersi nella pietà contemporanea” (MC 8).
S.
Giovanni Eudes (1601-1680) che fu padre, dottore e primo apostolo di
questa devozione, come risulta dalle dichiarazioni (1903) di Pp Leone
XIII (Vincenzo Gioacchino Pecci, 1878-1903) e, nel 1909, di S. Pio X
(Giuseppe Melchiorre Sarto, 1903-1914), non separava mai i due Cuori nei
suoi progetti liturgici.
Con
alcuni suoi discepoli, nel 1648, il santo cominciò a celebrare la festa
del Cuore di Maria, componendo i testi liturgici per la Messa; ma solo
nel 1805 Pp Pio VII (Barnaba Chiaramonti, 1800-1823) decise di
permetterne la celebrazione a tutti quelli che ne avrebbero fatto
esplicita richiesta.
Nel
1864 alcuni vescovi chiesero al Papa (Beato Pio IX) la consacrazione
del mondo al Cuore di Maria. La prima nazione che si consacrò fu
l’Italia, in occasione del Congresso Mariano di Torino del 1897.
Nel
secolo XX nuovi avvenimenti prepararono il grande trionfo liturgico
della devozione al Cuore di Maria e in particolare le apparizioni di
Fatima e le rivelazioni fatte alla mistica portoghese Alessandrina de
Balazar.
Il
31 ottobre 1942, nel venticinquesimo anniversario delle apparizioni di
Fatima, il Venerabile Pio XII consacrava la Chiesa e il genere umano al
Cuore immacolato di Maria e, con il decreto del 1944, istituiva la festa
universale del Cuore di Maria, fissando la celebrazione al giorno 22
agosto, ottava dell’Assunta, per invocare la pace.
Successivamente, la celebrazione venne fissata, come memoria, il giorno dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù.
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Domenica
24 Giugno 2012
LA NATIVITà DI S. GIOVANNI BATTISTA (solennità)
Natività di San Giovanni Battista
(solennità)
iovanni Battista è l'unico santo, insieme
a Maria, la Madre di Dio, di cui festeggiamo la nascita e non solo la
morte. è un gesto di considerazione verso colui che Gesù stesso definirà
il più grande fra i nati di donna.
Giovanni
Battista non ha compiuto nessun miracolo nel corso della sua vita
terrena, come d'altra parte Maria santissima, ma tutto nella sua storia
personale ha dello straordinario.
Già
la sua nascita esce dalla normalità delle vicende umane. Suo padre
resta muto per tutto il tempo della gravidanza della moglie già avanti
con l'età e recupera la parola solo otto giorni dopo il parto di
Elisabetta.
Zaccaria,
come tutti i discendenti di Levi, una delle dodici tribù di Israele,
apparteneva all'ordine sacerdotale. Di solito se ne stava a curare le
sue proprietà nel Sud, ma due volte l'anno, una delle quali a fine
settembre, si recava a Gerusalemme, dove con i suoi compagni della
classe di Abìa, prestava il suo servizio nel tempio.
Fra
le altre incombenze c'era quella di presentare l'offerta dell'incenso
nel pomeriggio. Non era un compito gravoso e andava estratto a sorte;
quel giorno toccò a lui. Dall'altare dove si bruciavano gli animali
offerti in sacrificio egli doveva salire i dodici gradini che
introducevano nella sala detta il "Santo"
separato dall'esterno da un velo: lì si trovava l'altare dei profumi in
legno di acacia rivestito di ori. Ma quel giorno, dopo avere compiuto
il suo rito, il sacerdote Zaccaria non esce subito dal "Santo"
e, quando finalmente si fa vedere al popolo in attesa nell'atrio, tutti
capiscono che nel tempo in cui egli se ne stava ritirato doveva essere
successo qualcosa di strano, perché l'ormai anziano Zaccaria non poteva
più parlare ed era costretto ad esprimersi a gesti.
Un
angelo gli era apparso e gli aveva dato un annuncio. La sua preghiera
insistente di avere un figlio era stata esaudita ed egli avrebbe dovuto
chiamare Giovanni il bambino che sarebbe nato. Da parte sua Giovanni
sarebbe stato grande davanti al Signore, temperante in tutto e pieno di
Spirito santo. Il suo compito sarebbe stato quello di preparare al
Messia un popolo ben disposto.
La
Chiesa con la celebrazione della natività di Giovanni il Battista vuole
indicare lo stretto nesso che intercorre fra il Salvatore e il suo
Precursore. Nel primo incontro con Gesù ancora nel grembo della madre
sua, Giovanni, anch'egli ancora nel grembo di Elisabetta, esulta di
gioia. A lui è affidato il compito di preparare gli animi all'incontro
con il Salvatore, preparare la sposa da presentare allo sposo, disporre
l'animo dei discepoli a seguire il Maestro che deve crescere mentre egli
deve diminuire. La sua testimonianza è decisa e irrevocabile : “Io non sono il Cristo...Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo”. (Gv 1,20, 26-27). Verrà il momento in cui lui stesso lo indicherà ai suoi discepoli: “Ecco l'Agnello di Dio...”. (Gv 1,29)
Il
brano del vangelo di Luca ci fa assistere con senso di stupore a questa
nascita miracolosa, al commento meravigliato della gente della Giudea
montagnosa, e alla sorpresa quando si tratta di dare il nome al
fanciullo, nel momento della circoncisione, ottavo giorno dalla nascita.
Elisabetta dice apertamente:“Giovanni è il suo nome”.
Si pensa che si tratti di demenza...Vogliono sentire il parere del
padre Zaccaria, ancora nella sua mutevolezza. Egli scrive su una
tavoletta: Il suo nome è Giovanni
- dono di Dio. Allora si verifica qualche cosa di straordinario.
Zaccaria riprende la parola e canta il suo canto di lode, lui che era
muto ora canta: “Benedetto il Signore, Dio di Israele...” (cfr Lc 1, 68-79 o & è Preghiere del mattino e della sera).
Giustamente, la gente dinanzi a queste manifestazioni della potenza dell'Altissimo, si chiede: “Che sarà mai questo bambino?”
Oggi, possiamo rispondere: Sarà la voce che invita a penitenza, sarà il
martire che paga con la sua vita la fedeltà alla missione affidatagli.
La
sua nascita, che precede di poco quella del Salvatore, è salutata con
sentimenti di gioia da tutta la Chiesa. La sua grandezza è proclamata
dal Signore. “Io vi dico: Tra i nati di donna non ce n'è uno più grande di Giovanni!” (Lc 7,28)
Ogni
illuminato dalla grazia del battesimo dovrebbe sentire come propria la
missione di preparare la via del Signore nella sua anima e in quella di
quanti incontrerà nella vita. Giovanni ci indica la via: Fedeltà ai doni
di Dio e profonda umiltà.
Significato del nome Giovanni : "il Signore è benefico, dono del Signore" (ebraico).
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