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De: lore luc (Mensaje original) |
Enviado: 08/09/2011 02:51 |
Giovedì 08 Settembre 2011
LA NATIVITà BEATA VERGINE MARIA (Festa)
Natività della Beata Vergine Maria (Festa)
« La celebrazione odierna – si legge nel brano dei Discorsi di S. Andrea di Creta proclamato nell'odierno Ufficio delle Letture - onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è, l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio ».
è questo del resto il motivo per cui di Maria soltanto (oltre che di S. Giovanni Battista e naturalmente di Cristo) non si festeggia unicamente la “nascita al cielo”, come avviene per gli altri santi, ma anche la venuta in questo mondo.
In realtà, il meraviglioso di questa nascita non è in ciò che narrano con dovizia di particolari e con ingenuità gli apocrifi, ma piuttosto nel significativo passo innanzi che Dio fa nell'attuazione del suo eterno disegno d'amore. Per questo la festa odierna è stata celebrata con lodi magnifiche da molti santi Padri, che hanno attinto alla loro conoscenza della Bibbia e alla loro sensibilità e ardore poetico. Leggiamo qualche espressione del secondo Sermone sulla Natività di Maria di S. Pier Damiani: “Dio onnipotente, prima che l'uomo cadesse, previde la sua caduta e decise, prima dei secoli, l'umana redenzione. Decise dunque di incarnarsi in Maria”.
Come quasi tutte le solennità principali di Maria anche la Natività è di origine orientale. Nella Chiesa d'occidente l'ha introdotta il papa orientale san Sergio I alla fine del sec. VII. Originariamente doveva essere la festa della dedicazione dell'attuale basilica di sant'Anna in Gerusalemme.
La Tradizione, infatti, indicava quel luogo come la sede dell'umile dimora di Gioacchino ed Anna, lontani discendenti di Davide, genitori di Maria. Occorre cercare in questo culto della Natività di Maria una profonda verità: la venuta dell'uomo-Dio sulla terra fu lungamente preparata dal Padre nel corso dei secoli.
La personalità divina del Salvatore supera infinitamente tutto ciò che l'umanità poteva generare, però la storia dell'umanità fu come un lento e difficile parto delle condizioni necessarie all'Incarnazione del figlio di Dio.
La devozione cristiana ha voluto perciò venerare le persone e gli avvenimenti che hanno preparato la nascita di Cristo sul piano umano e sul piano della grazia: la sua Madre, la nascita di essa, la sua concezione, i suoi genitori e i suoi antenati (vangelo: Mt 1,1-16.18-23).
Credere nei preparativi dell'incarnazione significa credere nella realtà dell'incarnazione e riconoscere la necessità della collaborazione dell'uomo all'attuazione della salvezza del mondo.
Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) concluse la sua omelia, a Frascati l’8/09/1980, nei seguenti termini :
« O Vergine nascente, speranza e aurora di salvezza al mondo intero, / volgi benigna il tuo sguardo materno a noi tutti, / qui riuniti per celebrare e proclamare le tue glorie!
O Vergine fedele, che sei stata sempre pronta e sollecita ad accogliere, conservare e meditare la Parola di Dio, / fa’ che anche noi, in mezzo alle drammatiche vicende della storia, / sappiamo mantenere sempre intatta la nostra fede cristiana, / tesoro prezioso tramandatoci dai Padri!
O Vergine potente, che col tuo piede schiacci il capo del serpente tentatore, / fa’ che realizziamo, giorno dopo giorno, le nostre promesse battesimali, con le quali abbiamo rinunziato a Satana, alle sue opere ed alle sue seduzioni, / e sappiamo dare al mondo una lieta testimonianza della speranza cristiana.
O Vergine clemente, che hai sempre aperto il tuo cuore materno alle invocazioni dell’umanità, talvolta divisa dal disamore ed anche, purtroppo, dall’odio e dalla guerra, fa’ che sappiamo sempre crescere tutti, secondo l’insegnamento del tuo figlio, nell’unità e nella pace, per essere degni figli dell’unico Padre celeste.
Amen! »
S. Leonardo Murialdo, grande devoto della Madonna, diceva : “Maria, Madre nostra, è la più amante, la più affettuosa delle madri. è madre di Dio, quindi ottiene tutto. è madre nostra, quindi non ci nega niente. è madre di misericordia: gettiamoci nelle sue braccia”.
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Lunedì 19 Marzo
2012
S. GIUSEPPE, Sposo della B.V.M. (solennità)
San Giuseppe, Sposo della B.V.M.
Patrono della Chiesa universale
(solennità)
Udienza Generale del Beato Giovanni Paolo II
(Mercoledì, 19 marzo 2003)
1. Celebriamo quest’oggi la solennità di San Giuseppe, Sposo di Maria (Mt 1,24; Lc 1,27). La liturgia ce lo addita come "padre" di Gesù (Lc 2,27.33.41.43.48), pronto a realizzare i disegni divini, anche quando sfuggono all’umana comprensione. Attraverso di lui, "figlio di David" (Mt 1,20; Lc
1,27), si sono compiute le Scritture e il Verbo Eterno si è fatto uomo,
per opera dello Spirito Santo, nel seno della Vergine Maria. San
Giuseppe viene definito nel Vangelo "uomo giusto" (Mt 1,19), ed è per tutti i credenti modello di vita nella fede.
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2. La parola "giusto"
evoca la sua rettitudine morale, il sincero attaccamento alla pratica
della legge e l’atteggiamento di totale apertura alla volontà del Padre
celeste. Anche nei momenti difficili e talora drammatici, l’umile
carpentiere di Nazaret mai arroga per sé il diritto di porre in
discussione il progetto di Dio. Attende la chiamata dall’Alto e in silenzio rispetta il mistero, lasciandosi guidare dal Signore. Una volta ricevuto il compito, lo esegue con docile responsabilità: ascolta sollecitamente l’angelo quando si tratta di prendere come sposa la Vergine di Nazaret (cfr Mt 1, 18-25), nella fuga in Egitto (cfr Mt 2, 13-15) e nel ritorno in Israele (cfr ibid.
2, 19-23). In pochi ma significativi tratti gli evangelisti lo
descrivono come custode premuroso di Gesù, sposo attento e fedele, che
esercita l’autorità familiare in un costante atteggiamento di servizio.
Null’altro di lui ci raccontano le Sacre Scritture, ma in questo
silenzio è racchiuso lo stile stesso della sua missione: una esistenza
vissuta nel grigiore della quotidianità, ma con una sicura fede nella
Provvidenza.
3. Ogni giorno San Giuseppe dovette provvedere alle necessità della famiglia con il duro lavoro manuale. Per questo giustamente la Chiesa lo addita come patrono dei lavoratori.
L’odierna
solennità costituisce pertanto un’occasione propizia per riflettere
anche sull’importanza del lavoro nell’esistenza dell'uomo, nella
famiglia e nella comunità.
L’uomo è soggetto e protagonista del lavoro e, alla luce di questa verità, si può ben percepire il nesso fondamentale esistente tra persona, lavoro e società.
L’attività umana - ricorda il Concilio Vaticano II - deriva dall’uomo
ed è ordinata all’uomo. Secondo il disegno e la volontà di Dio, essa
deve servire al vero bene dell’umanità e permettere "all'uomo come singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione" (cfr Gaudium et spes, 35).
Per portare a compimento questo compito, va coltivata una "provata spiritualità del lavoro umano" ancorata, con salde radici, al "Vangelo del lavoro"
e i credenti sono chiamati a proclamare e testimoniare il significato
cristiano del lavoro nelle loro diverse attività occupazionali (cfr Laborem exercens, 26).
4. San Giuseppe, santo così grande e così umile, sia esempio
a cui i lavoratori cristiani si ispirano, invocandolo in ogni
circostanza. Al provvido custode della Santa Famiglia di Nazaret vorrei
quest’oggi affidare i giovani che si preparano alla futura professione, i
disoccupati e coloro che soffrono i disagi delle ristrettezze
occupazionali, le famiglie e l’intero mondo del lavoro con le attese e
le sfide, i problemi e le prospettive che lo contrassegnano.
San Giuseppe, patrono universale della Chiesa, vegli sull’intera Comunità ecclesiale e, uomo di pace
qual’era, ottenga per l’intera umanità, specialmente per i popoli
minacciati dalla guerra, il prezioso dono della concordia e della pace. © Copyright 2003 - Libreria Editrice Vaticana
Sotto
la protezione di S. Giuseppe si sono posti Ordini e Congregazioni
religiose, associazioni e pie unioni, sacerdoti e laici, dotti e
ignoranti. Forse non tutti sanno che Papa Giovanni XXIII, di recente
fatto Beato, nel salire al soglio pontificio aveva accarezzato l’idea di
farsi chiamare Giuseppe, tanta era la devozione che lo legava al santo
falegname di Nazareth. Nessun pontefice aveva mai scelto questo nome,
che in verità non appartiene alla tradizione della Chiesa, ma il “papa buono”
si sarebbe fatto chiamare volentieri Giuseppe I, se fosse stato
possibile, proprio in virtù della profonda venerazione che nutriva per
questo grande Santo.
“Qualunque grazia si domanda a S. Giuseppe verrà certamente concessa, chi vuol credere faccia la prova affinché si persuada”, sosteneva S. Teresa d’Avila. “Io
presi per mio avvocato e patrono il glorioso S. Giuseppe e mi
raccomandai a lui con fervore. Questo mio padre e protettore mi aiutò
nelle necessità in cui mi trovavo e in molte altre più gravi, in cui era
in gioco il mio onore e la salute dell’anima. Ho visto che il suo aiuto
fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare...”( cfr. cap. VI dell’Autobiografia).
Difficile
dubitarne, se pensiamo che fra tutti i santi l’umile falegname di
Nazareth è quello più vicino a Gesù e Maria: lo fu sulla terra, a
maggior ragione lo è in cielo. Il Beato Giovanni Paolo II confessò di pregarlo ogni giorno. Additandolo alla devozione del popolo cristiano, in suo onore nel 1989 scrisse l’Esortazione apostolica Redemptoris Custos (15 agosto 1989) - di
cui si consiglia, con un semplice clic sul link, la lettura a quanti
volessero approfondire le proprie conoscenze su S. Giuseppe - aggiungendo
il proprio nome ad una lunga lista di devoti suoi predecessori: il
Beato Pio IX, S. Pio X, il Venerabile Pio XII, il Beato Giovanni XXIII, il Servo di Dio Paolo VI.
Significato del nome Giuseppe : “aggiunto [in famiglia]” (ebraico).
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Domenica 25 Marzo 2012
L'ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE (Solennità)
Annunciazione del Signore
Solennità
L’Annunciazione
del Signore è una delle principali feste mariane che la Chiesa ha
inserito nel calendario Liturgico. L'episodio è descritto nel Vangelo di
Luca (1, 26-38) : l'arcangelo Gabriele annuncia a Maria, vergine, sposa
di Giuseppe, il concepimento del Figlio dell'Altissimo.
Il saluto e l'annuncio dell'arcangelo “ave gratia plena Dominus tecum benedicta tu in mulieribus” (28) hanno dato origine alla preghiera dell'Ave Maria.
Celebrare
la festa dell'Annunciazione del Signore in un tempo liturgico in cui la
Chiesa tende verso la Pasqua, può apparire una stranezza. Va tuttavia
notato che il mistero dell'Incarnazione del Verbo eterno di Dio è
finalizzato al mistero pasquale, il mistero (progetto) di Cristo.
La
data esatta in cui avvenne l'Annunciazione è ignota, come pure quella
della nascita di Gesù. La sua ricorrenza è convenzionalmente fissata al
25 marzo, nove mesi esatti prima del Natale, in quanto la dottrina
cristiana fa coincidere l'Annunciazione con il momento del concepimento
miracoloso di Gesù. Come curiosità, il 25 Marzo era una data simbolica e
prestigiosa per l'inizio della nuova era cristiana (inizio anno), così
tante altre feste erano datate in questo giorno; oggi resta solo questa.
Quella
di oggi non è la festa di Maria, ma una solennità molto importante,
perché celebra l'annuncio dell'angelo a Maria, l'inizio
dell'incarnazione, il meraviglioso incontro tra il divino e l'umano, tra
il tempo e l'eternità. è il Signore che si incarna in Maria. è Dio che
sceglie, come Madre del proprio Figlio, una fanciulla ebrea, a Nazaret
in Galilea.
Nella
liturgia odierna, l'incarnazione è definita il grande segno dato da Dio
agli uomini e l'inizio del grande sacrificio, quello per cui Gesù dice
al Padre: “Ecco, io vengo a fare la tua volontà”. Si
tratta del sacrificio perfetto, unico e definitivo, sostitutivo delle
tante vittime sacrificali del Vecchio Testamento, che l'umanità offre a
Dio attraverso Cristo. Già in questa totale offerta di Gesù al Padre per
noi, si può cogliere il coinvolgimento pieno di Maria, che al termine
del colloquio con l'angelo dà il suo sì con una espressione molto
eloquente. Non dice solamente farò quanto hai detto, mi impegnerò a
compiere questo servizio. Ma esprime una consacrazione: “sia fatto di me – della mia persona – quello che hai detto”.
Maria
era cosciente di aderire ad una storia profetica, che sarebbe stata
completata da suo figlio, per il quale Dio stesso aveva scelto un nome,
quello di Gesù, che significa “Colui che salva, il Salvatore”.
L'annuncio
in Maria è un ascolto che accoglie e genera. Così realizza in se stessa
il mistero della fede, accettando Dio com'è. La povertà totale, “sono la serva del Signore”,
di chi rinuncia all'agire proprio per lasciare il posto a Dio, è in
grado di contenere l'Assoluto. è figura di ogni uomo e di tutta la
Chiesa che, nella fede, concepisce e genera l'incomprensibile: Dio
stesso.
Dall'omelia del Beato Giovanni Paolo II
Santa Messa nella Basilica dell'Annunciazione
Israele – Nazareth (Sabato, 25 Marzo 2000)
« Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola » (Angelus).
Carissimi Fratelli e Sorelle,
[...] 2.
Siamo qui riuniti per celebrare il grande mistero che si è compiuto qui
duemila anni fa. L'evangelista Luca colloca chiaramente l'evento nel
tempo e nello spazio: « Nel
sesto mese, l'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della
Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo
della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc
1, 26-27). Per comprendere però ciò che accadde a Nazareth duemila anni
fa, dobbiamo ritornare alla lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei.
Questo testo ci permette di ascoltare una conversazione tra il Padre e
il Figlio sul disegno di Dio da tutta l'eternità. « Tu non hai
voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non
hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo ... per fare, o Dio, la tua volontà»
(10, 5-7). La Lettera agli Ebrei ci dice che, obbedendo alla volontà
del Padre, il Verbo Eterno viene tra noi per offrire il sacrificio che
supera tutti i sacrifici offerti nella precedente Alleanza. Il suo è il
sacrificio eterno e perfetto che redime il mondo.
Il
disegno divino è rivelato gradualmente nell'Antico Testamento, in
particolare nelle parole del profeta Isaia, che abbiamo appena
ascoltato: « Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele » (7, 14). Emmanuele:
Dio con noi. Con queste parole viene preannunciato l'evento unico che
si sarebbe compiuto a Nazareth nella pienezza dei tempi, ed è questo
evento che celebriamo oggi con gioia e felicità intense. [...]
A
Nazareth, dove Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico, chiedo a
Maria di aiutare la Chiesa ovunque a predicare la «buona novella» ai
poveri, proprio come ha fatto Lui (cfr Lc 4, 18). In questo «anno di grazia del Signore», chiedo a Lei di insegnarci la via dell’umile e gioiosa obbedienza al Vangelo nel servizio dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, senza preferenze e senza pregiudizi.
« O Madre del Verbo Incarnato, non disprezzare la mia preghiera, ma benigna ascoltami ed esaudiscimi. Amen » (Memorare).
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Domenica 1° Aprile 2012
LA DOMENICA DELLE PALME (Dominica in Palmis)
Domenica delle Palme
(Dominica in Palmis)
Dall’omelia del Beato Giovanni Paolo II (13 aprile 2003):
1. “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (Mc 11,9).
La liturgia della Domenica delle Palme è quasi un solenne portale d'ingresso nella Settimana Santa. Associa due momenti tra loro contrastanti: l'accoglienza di Gesù a Gerusalemme e il dramma della Passione; l’“Osanna” festoso e il grido più volte ripetuto: “Crocifiggilo!”; il trionfale ingresso e l'apparente disfatta della morte sulla Croce. Anticipa così l’“ora” in cui il Messia dovrà soffrire molto, verrà ucciso e risusciterà il terzo giorno (cfr Mt 16,21), e ci prepara a vivere in pienezza il mistero pasquale.
2. “Giubila, figlia di Gerusalemme! / Ecco, a te viene il tuo re” (Zc, 9,9). Nell'accogliere Gesù gioisce la Città in cui vive la memoria di Davide; la Città dei profeti, molti dei quali vi subirono il martirio per la verità; la Città della pace, che nel corso dei secoli ha conosciuto violenza, guerra, deportazione.
In qualche modo, Gerusalemme può essere considerata la Città-simbolo dell'umanità, specialmente nel drammatico inizio del terzo millennio che stiamo vivendo. Per questo i riti della Domenica delle Palme acquistano una loro particolare eloquenza. Risuonano consolanti le parole del profeta Zaccaria: “Esulta grandemente figlia di Sion, / giubila, figlia di Gerusalemme! / Ecco, a te viene il tuo re. / Egli è giusto e vittorioso, / umile, cavalca un asino / ... l'arco di guerra sarà spezzato, / annunzierà la pace alle genti” (9,9-10). Quest'oggi siamo in festa, perché entra in Gerusalemme Gesù, il Re della pace.
3. Allora, lungo la discesa del monte degli Ulivi, accorsero incontro a Cristo i ragazzi e i giovani di Gerusalemme, acclamando e agitando festanti rami di ulivo e di palma. [...]
5. “Ecco la tua madre!” (Gv 19,27) Gesù rivolge queste parole a ciascuno di voi, cari amici. Anche a voi chiede di prendere Maria come madre “nella vostra casa”, di accoglierla “tra i vostri beni”, perché “è Lei che, svolgendo il suo ministero materno, vi educa e vi modella fino a che Cristo non sia formato in voi pienamente”. Maria faccia sì che rispondiate generosamente alla chiamata del Signore, e perseveriate con gioia e fedeltà nella missione cristiana! [...]
6. “Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15,39). Abbiamo riascoltato la chiara professione di fede, in cui esce il centurione, “vistolo spirare in quel modo” (ivi). Scaturisce da quanto ha visto la sorprendente testimonianza del soldato romano, il primo a proclamare che quell'uomo crocifisso “era Figlio di Dio”.
Signore Gesù, anche noi abbiamo “visto” come hai patito e come sei morto per noi. Fedele sino all'estremo, ci hai strappati dalla morte con la tua morte. Con la tua Croce ci hai redenti.
Silenziosa testimone di questi attimi decisivi per la storia della salvezza sei tu, Maria, Madre addolorata.
Donaci i tuoi occhi per riconoscere nel volto del Crocifisso, sfigurato dal dolore, l'immagine del Risorto glorioso.
Aiutaci ad abbracciarlo e a fidarci di Lui, affinché siamo fatti degni delle sue promesse.
Aiutaci ad essergli fedeli oggi e per tutta la nostra vita. Amen! |
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Giovedì 5 Aprile
2012
IL TRIDUO PASQUALE : GIOVEDì SANTO
Triduo pasquale: Giovedì Santo
Estratto dalla Catechesi di Papa Benedetto XVI
(19 marzo 2008)
Cari fratelli e sorelle,
siamo giunti al Triduo Pasquale. Questi tre giorni vengono comunemente chiamati “santi” perché
ci fanno rivivere l’evento centrale della nostra Redenzione; ci
riconducono infatti al nucleo essenziale della fede cristiana: la
passione, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. Sono giorni che
potremmo considerare come un unico giorno: essi costituiscono il cuore
ed il fulcro dell'intero anno liturgico come pure della vita della
Chiesa. Al termine dell’itinerario quaresimale, ci apprestiamo anche noi
ad entrare nel clima stesso che Gesù visse allora a Gerusalemme.
Vogliamo ridestare in noi la viva memoria delle sofferenze che il
Signore ha patito per noi e prepararci a celebrare con gioia, domenica
prossima, “la
vera Pasqua, che il Sangue di Cristo ha coperto di gloria, la Pasqua in
cui la Chiesa celebra la Festa che è l’origine di tutte le feste”, come dice il Prefazio per il giorno di Pasqua nel rito ambrosiano.
Cari
fratelli e sorelle, in questi giorni singolari orientiamo decisamente
la vita verso un'adesione generosa e convinta ai disegni del Padre
celeste; rinnoviamo il nostro "sì" alla volontà divina come ha fatto
Gesù con il sacrificio della croce. I suggestivi riti del Giovedì Santo,
del Venerdì Santo, il silenzio ricco di preghiera del Sabato Santo e la
solenne Veglia Pasquale ci offrono l’opportunità di approfondire il
senso e il valore della nostra vocazione cristiana, che scaturisce dal
Mistero Pasquale e di concretizzarla nella fedele sequela di Cristo in
ogni circostanza, come ha fatto Lui, sino al dono generoso della nostra
esistenza.
Giovedì Santo :
la Chiesa fa memoria dell’Ultima Cena durante la quale il Signore, la
vigilia della sua passione e morte, ha istituito il Sacramento
dell’Eucaristia e quello del Sacerdozio ministeriale. In quella stessa
notte Gesù ci ha lasciato il comandamento nuovo, “mandatum novum”,
il comandamento dell’amore fraterno. Prima di entrare nel Triduo Santo,
ma già in stretto collegamento con esso, avrà luogo in ogni Comunità
diocesana, la Messa Crismale,
durante la quale il Vescovo e i sacerdoti del presbiterio diocesano
rinnovano le promesse dell’Ordinazione. Vengono anche benedetti gli olii
per la celebrazione dei Sacramenti: l’olio dei catecumeni, l’olio dei
malati e il sacro crisma. è un momento quanto mai importante per la vita
di ogni comunità diocesana che, raccolta attorno al suo Pastore,
rinsalda la propria unità e la propria fedeltà a Cristo, unico Sommo ed
Eterno Sacerdote.
Alla sera, nella Messa in Cena Domini
si fa memoria dell’Ultima Cena quando Cristo si è dato a tutti noi come
nutrimento di salvezza, come farmaco di immortalità: è il mistero
dell'Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana. In questo
Sacramento di salvezza il Signore ha offerto e realizzato per tutti
coloro che credono in Lui la più intima unione possibile tra la nostra e
la sua vita.
Col
gesto umile e quanto mai espressivo della lavanda dei piedi, siamo
invitati a ricordare quanto il Signore fece ai suoi Apostoli: lavando i
loro piedi proclamò in maniera concreta il primato dell'amore, amore che
si fa servizio fino al dono di se stessi, anticipando anche così il
sacrificio supremo della sua vita che si consumerà il giorno dopo sul
Calvario.
Secondo
una bella tradizione, i fedeli chiudono il Giovedì Santo con una veglia
di preghiera e di adorazione eucaristica per rivivere più intimamente
l’agonia di Gesù al Getsemani. [...]
Per & la Catechesi completa è Triduo Pasquale
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Venerdì 6 Aprile
2012
IL TRIDUO PASQUALE : VENERDì SANTO
Triduo pasquale: Venerdì Santo
Estratto dalla Catechesi di Papa Benedetto XVI
(19 marzo 2008) :
Cari fratelli e sorelle,
[...]
Al termine dell’itinerario quaresimale, ci apprestiamo anche noi ad
entrare nel clima stesso che Gesù visse allora a Gerusalemme. Vogliamo
ridestare in noi la viva memoria delle sofferenze che il Signore ha
patito per noi e prepararci a celebrare con gioia, domenica prossima, “la
vera Pasqua, che il Sangue di Cristo ha coperto di gloria, la Pasqua in
cui la Chiesa celebra la Festa che è l’origine di tutte le feste”, come dice il Prefazio per il giorno di Pasqua nel rito ambrosiano. [...]
Venerdì Santo:
è la giornata che fa memoria della passione, crocifissione e morte di
Gesù. In questo giorno la liturgia della Chiesa non prevede la
celebrazione della Santa Messa, ma l’assemblea cristiana si raccoglie
per meditare sul grande mistero del male e del peccato che opprimono
l’umanità, per ripercorrere, alla luce della Parola di Dio e aiutata da
commoventi gesti liturgici, le sofferenze del Signore che espiano questo
male.
Dopo
aver ascoltato il racconto della passione di Cristo, la comunità prega
per tutte le necessità della Chiesa e del mondo, adora la Croce e si
accosta all’Eucaristia, consumando le specie conservate dalla Messa in Cena Domini del giorno precedente.
Come
ulteriore invito a meditare sulla passione e morte del Redentore e per
esprimere l’amore e la partecipazione dei fedeli alle sofferenze di
Cristo, la tradizione cristiana ha dato vita a varie manifestazioni di
pietà popolare, processioni e sacre rappresentazioni, che mirano ad
imprimere sempre più profondamente nell’animo dei fedeli sentimenti di
vera partecipazione al sacrificio redentivo di Cristo.
Fra queste spicca la Via Crucis,
pio esercizio che nel corso degli anni si è arricchito di molteplici
espressioni spirituali ed artistiche legate alla sensibilità delle
diverse culture.
Sono così sorti in molti Paesi santuari con il nome di “Calvaria”,
ai quali si giunge attraverso un’erta salita che richiama il cammino
doloroso della Passione, consentendo ai fedeli di partecipare all’ascesa
del Signore verso il Monte della Croce, il Monte dell’Amore spinto fino
alla fine. [...]
Per & la Catechesi completa è Triduo Pasquale
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Sabato 7 Aprile 2012
IL TRIDUO PASQUALE : SABATO SANTO
Triduo pasquale: Sabato Santo
Estratto dalla Catechesi di Papa Benedetto XVI
(19 marzo 2008) :
Cari fratelli e sorelle,
[...]Vogliamo ridestare in noi la viva memoria delle sofferenze che il Signore ha patito per noi e prepararci a celebrare con gioia, domenica prossima, “la vera Pasqua, che il Sangue di Cristo ha coperto di gloria, la Pasqua in cui la Chiesa celebra la Festa che è l’origine di tutte le feste”, come dice il Prefazio per il giorno di Pasqua nel rito ambrosiano
Sabato Santo: il sabato santo è segnato da un profondo silenzio. Le Chiese sono spoglie e non sono previste particolari liturgie. Mentre attendono il grande evento della Risurrezione, i credenti perseverano con Maria nell’attesa pregando e meditando. C’è bisogno in effetti di un giorno di silenzio, per meditare sulla realtà della vita umana, sulle forze del male e sulla grande forza del bene scaturita dalla Passione e dalla Risurrezione del Signore. Grande importanza viene data in questo giorno alla partecipazione al Sacramento della riconciliazione, indispensabile via per purificare il cuore e predisporsi a celebrare intimamente rinnovati la Pasqua. Almeno una volta all’anno abbiamo bisogno di questa purificazione interiore di questo rinnovamento di noi stessi. Questo Sabato di silenzio, di meditazione, di perdono, di riconciliazione sfocia nella Veglia Pasquale, che introduce la domenica più importante della storia, la domenica della Pasqua di Cristo. Veglia la Chiesa accanto al nuovo fuoco benedetto e medita la grande promessa, contenuta nell’Antico e nel Nuovo Testamento, della liberazione definitiva dall’antica schiavitù del peccato e della morte. Nel buio della notte viene acceso dal fuoco nuovo il cero pasquale, simbolo di Cristo che risorge glorioso. Cristo luce dell’umanità disperde le tenebre del cuore e dello spirito ed illumina ogni uomo che viene nel mondo. Accanto al cero pasquale risuona nella Chiesa il grande annuncio pasquale: Cristo è veramente risorto, la morte non ha più alcun potere su di Lui. Con la sua morte Egli ha sconfitto il male per sempre ed ha fatto dono a tutti gli uomini della vita stessa di Dio. Per antica tradizione, durante la Veglia Pasquale, i catecumeni ricevono il Battesimo, per sottolineare la partecipazione dei cristiani al mistero della morte e della risurrezione di Cristo. Dalla splendente notte di Pasqua, la gioia, la luce e la pace di Cristo si espandono nella vita dei fedeli di ogni comunità cristiana e raggiungono ogni punto dello spazio e del tempo [...]
L’amore è più forte dell’odio, ha vinto e dobbiamo associarci a questa vittoria dell’amore. Dobbiamo quindi ripartire da Cristo e lavorare in comunione con Lui per un mondo fondato sulla pace, sulla giustizia e sull’amore. In quest’impegno, che tutti ci coinvolge, lasciamoci guidare da Maria, che ha accompagnato il Figlio divino sulla via della passione e della croce e ha partecipato, con la forza della fede, all'attuarsi del suo disegno salvifico. Con questi sentimenti, formulo fin d’ora i più cordiali auguri di lieta e santa Pasqua a tutti voi, ai vostri cari e alle vostre Comunità.
Per & la Catechesi completa è Triduo Pasquale |
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Domenica 8 Aprile 2012
LA PASQUA DI RISURREZIONE DEL SIGNORE
Pasqua di Risurrezione del Signore
Dal Messaggio « Urbi et Orbi » di Sua Santità Benedetto XVI
Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero!
Formulo di cuore a voi tutti l’augurio pasquale con le parole di sant’Agostino: “Resurrectio Domini, spes nostra – la risurrezione del Signore è la nostra speranza” (Agostino, Sermo 261, 1). Con questa affermazione, il grande Vescovo spiegava ai suoi fedeli che Gesù è risorto perché noi, pur destinati alla morte, non disperassimo, pensando che con la morte la vita sia totalmente finita; Cristo è risorto per darci la speranza (cfr ibid.).
In effetti, una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa: che cosa c’è dopo la morte? A quest’enigma la solennità odierna ci permette di rispondere che la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita. E questa nostra certezza non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su uno storico dato di fede: Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso. Gesù è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna. Quest’annuncio sta nel cuore del messaggio evangelico. Lo dichiara con vigore san Paolo: “Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”. E aggiunge: “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini” (1 Cor 15,14.19). Dall’alba di Pasqua una nuova primavera di speranza investe il mondo; da quel giorno la nostra risurrezione è già cominciata, perché la Pasqua non segna semplicemente un momento della storia, ma l’avvio di una nuova condizione: Gesù è risorto non perché la sua memoria resti viva nel cuore dei suoi discepoli, bensì perché Egli stesso viva in noi e in Lui possiamo già gustare la gioia della vita eterna.
La risurrezione pertanto non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua “pasqua”, il suo “passaggio”, che ha aperto una “nuova via” tra la terra e il Cielo (cfr Eb 10,20). Non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile: Gesù di Nazaret, figlio di Maria, che al tramonto del Venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba. Infatti all’alba del primo giorno dopo il sabato, Pietro e Giovanni hanno trovato la tomba vuota. Maddalena e le altre donne hanno incontrato Gesù risorto; lo hanno riconosciuto anche i due discepoli di Emmaus allo spezzare il pane; il Risorto è apparso agli Apostoli la sera nel Cenacolo e quindi a molti altri discepoli in Galilea.
L’annuncio della risurrezione del Signore illumina le zone buie del mondo in cui viviamo. Mi riferisco particolarmente al materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana. È un fatto che se Cristo non fosse risorto, il “vuoto” sarebbe destinato ad avere il sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione. Ma proprio oggi prorompe con vigore l’annuncio della risurrezione del Signore, ed è risposta alla ricorrente domanda degli scettici, riportata anche dal libro di Qoèlet: “C’è forse qualcosa di cui si possa dire: / Ecco, questa è una novità?” (Qo 1,10). Sì, rispondiamo: nel mattino di Pasqua tutto si è rinnovato. “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa” (Sequenza pasquale). Questa è la novità! Una novità che cambia l’esistenza di chi l’accoglie, come avvenne nei santi. Così, ad esempio, è accaduto per san Paolo.
Più volte, nel contesto dell’Anno Paolino, abbiamo avuto modo di meditare sull’esperienza del grande Apostolo. Saulo di Tarso, l’accanito persecutore dei cristiani, sulla via di Damasco incontrò Cristo risorto e fu da Lui “conquistato”. Il resto ci è noto. Avvenne in Paolo quel che più tardi egli scriverà ai cristiani di Corinto: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17). Guardiamo a questo grande evangelizzatore, che con l’entusiasmo audace della sua azione apostolica, ha recato il Vangelo a tante popolazioni del mondo di allora. Il suo insegnamento e il suo esempio ci stimolano a ricercare il Signore Gesù. Ci incoraggiano a fidarci di Lui, perché ormai il senso del nulla, che tende ad intossicare l’umanità, è stato sopraffatto dalla luce e dalla speranza che promanano dalla risurrezione. Ormai sono vere e reali le parole del Salmo: “Nemmeno le tenebre per te sono tenebre / e la notte è luminosa come il giorno” (139[138],12). Non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma la presenza amorosa di Dio. Addirittura il regno stesso della morte è stato liberato, perché anche negli “inferi” è arrivato il Verbo della vita, sospinto dal soffio dello Spirito (v. 8).
Se è vero che la morte non ha più potere sull’uomo e sul mondo, tuttavia rimangono ancora tanti, troppi segni del suo vecchio dominio. Se mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male, ha però bisogno di uomini e di donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore. [...]
Resurrectio Domini, spes nostra! La risurrezione di Cristo è la nostra speranza! Questo la Chiesa proclama oggi con gioia: annuncia la speranza, che Dio ha reso salda e invincibile risuscitando Gesù Cristo dai morti; comunica la speranza, che essa porta nel cuore e vuole condividere con tutti, in ogni luogo, specialmente là dove i cristiani soffrono persecuzione a causa della loro fede e del loro impegno per la giustizia e la pace; invoca la speranza capace di suscitare il coraggio del bene anche e soprattutto quando costa. Oggi la Chiesa canta “il giorno che ha fatto il Signore” ed invita alla gioia. Oggi la Chiesa prega, invoca Maria, Stella della Speranza, perché guidi l’umanità verso il porto sicuro della salvezza che è il cuore di Cristo, la Vittima pasquale, l’Agnello che “ha redento il mondo”, l’Innocente che “ha riconciliato noi peccatori col Padre”. A Lui, Re vittorioso, a Lui crocifisso e risorto, noi gridiamo con gioia il nostro Alleluia ! © Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
Video messaggio di Pasqua e indulgenza plenaria è URBI ET ORBI |
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Lunedì 9 Aprile
2012
LA MADONNA DELL'ARCO
Madonna dell’Arco
(Lunedì dell’Angelo)
Fra
i tanti Santuari che costellano il territorio italiano, dedicati alla
Madonna e fra i tanti titoli che le sono stati attribuiti nei secoli, ve
n’è uno che la venera sotto il titolo di Madonna dell’Arco. Il
Santuario omonimo e il culto popolare tributatole fa parte dei tre
maggiori poli della devozione mariana in Campania: Madonna del Rosario
di Pompei, Madonna di Montevergine e Madonna dell’Arco.
L’inizio
del culto è legato ad un episodio avvenuto verso la metà del XV secolo;
era un lunedì di Pasqua, il giorno della cosiddetta “Pasquetta”,
cioè la famosa gita fuori porta di una volta, e nei pressi di
Pomigliano d’Arco, alcuni giovani stavano giocando in un campetto a
“palla a maglio”, oggi diremmo a bocce. Ai margini del campetto sorgeva
un’edicola (la pia usanza di erigere edicole sacre lungo le vie, sui
muri delle case, sull'ingresso dei pôderi, è antichissima) sulla quale
era dipinta una immagine della Madonna con il Bambino Gesù, ma più
propriamente era dipinta sotto un arco di acquedotto; da questi archi
vengono i nomi di Madonna dell’Arco e Pomigliano d’Arco. Nello svolgersi
del gioco, la palla finiva contro un vecchio tiglio, i cui rami
ricoprivano in parte il muro affrescato, il giocatore che aveva
sbagliato il colpo, in pratica perse la gara; al colmo dell’ira il
giovane riprese la palla e bestemmiando la scagliava violentemente
contro l’immagine sacra, colpendola sulla guancia che prese a
sanguinare. La notizia del miracolo si diffuse nella zona, arrivando
fino al conte di Sarno, un nobile del luogo, con il compito di
“giustiziere”; dietro il furore del popolo, il conte imbastì un processo
contro il giovane bestemmiatore, condannandolo all’impiccagione. La
sentenza fu subito eseguita e il giovane venne impiccato al tiglio,
vicino all’edicola, che però due ore dopo, ancora con il corpo
penzolante, rinsecchì sotto lo sguardo della folla sbigottita. Questo
episodio miracoloso suscitò il culto alla Madonna dell’Arco, che si
sparse subito in tutta l’Italia Meridionale; folle di fedeli accorsero
verso il luogo del prodigio, per cui fu necessario costruire, con le
offerte dei fedeli, una cappella per proteggere la sacra immagine dalle
intemperie.
Un
secolo dopo il 2 aprile 1589, avvenne un secondo episodio prodigioso,
era anche questa volta un lunedì dopo Pasqua, ormai consacrato alla
festa della Madonna dell’Arco :
una donna, Aurelia Del Prete, si stava recando alla cappella per
ringraziare la Madonna, sciogliendo così un voto fatto dal marito,
guarito da una grave malattia agli occhi. Mentre avanzava lentamente
nella folla dei fedeli, le scappò di mano un porcellino che aveva
acquistato alla fiera, nel cercare di prenderlo, sfuggente fra le gambe
della gente, ebbe una reazione inconsulta: giunta davanti alla
chiesetta, gettò a terra l’ex voto del marito, lo calpestò maledicendo
la sacra immagine, chi l’aveva dipinta e chi la venerava. La folla
inorridì, il marito cercò invano di fermarla, minacciandole la caduta
dei piedi con i quali aveva profanato il voto alla Madonna; le sue
parole furono profetiche: la moglie cominciò ad avere dolori atroci ai
piedi che si gonfiavano e annerivano a vista d’occhio. Nella notte tra
il 20 e 21 aprile 1590, notte di venerdì santo, “senza più dolore e senza una goccia di sangue”
si staccò di netto un piede e durante il giorno anche l’altro. I piedi
furono esposti in una gabbietta di ferro e ancora oggi sono visibili nel
Santuario, perché la grande risonanza dell’avvenimento fece affluire
una grande folla di pellegrini, devoti, curiosi, che volevano vederli
per cui si rese necessario
costruire, grazie alle generose offerte, una grande chiesa, di cui fu
nominato rettore S. Giovanni Leonardi da parte del Pp Clemente VIII
(Ippolito Aldobrandini, 1592-1605).
Il
1° maggio 1593 fu posta la prima pietra dell’attuale Santuario e già
dall’anno seguente subentrarono a gestirlo e lo sono tuttora, i padri
Domenicani. Vari prodigi si sono ripetuti intorno alla sacra effige, che
riprese a sanguinare nel 1638 per diversi giorni; nel 1675 la si vide
circondata da stelle, fenomeno osservato anche da Pp Benedetto XIII
(Pietro Francesco Orsini, 1724-1730).
Il
Santuario raccoglie nelle sue sale e sulle pareti, migliaia di ex voto
d’argento, ma soprattutto migliaia di tavolette votive dipinte,
rappresentanti i miracoli ricevuti dagli offerenti, che costituiscono
oltre la testimonianza della devozione, una interessantissima carrellata
storica e di costume dei secoli trascorsi.
Il
culto della Madonna dell’Arco è sostenuto da antica devozione popolare,
propagata da Associazioni laicali, sparse in tutta la zona campana, ma
soprattutto napoletana, i suoi componenti si chiamano “battenti” o “fujenti” cioè coloro che fuggono, corrono; le Compagnie di questi devoti sono dette “paranze” e hanno un’organizzazione con sedi, presidenti, tesorieri, portabandiera e soci.
Hanno
bandiere, labari, vestono di bianco, uomini, donne e bambini, con una
fascia rossa e blu a tracolla che li caratterizza. Organizzano
pellegrinaggi, di solito il lunedì dell’Angelo, che, partendo dai vari
luoghi dove hanno sede, portano dei simulacri a spalla abbastanza grandi
da impiegare trenta, quaranta uomini e sempre tutti a piedi e a volte
di corsa. Percorrono, così, molti km per convergere al Santuario, molti
sono a piedi nudi; lungo la strada si raccolgono offerte per il
Santuario, cosa che fanno già da un paio di mesi prima, girando a gruppi
con bandiere, banda musicale e vestiti devozionali per i rioni,
quartieri e strade di città e paesi. Se il Santuario, con l’annesso
grandioso convento dei Domenicani, è il centro del culto, in molte
strade ed angoli di Napoli e dei paesi campani, sono sorte cappelline,
edicole, chiese dedicate alla Madonna dell’Arco, che ognuno si fa carico
di custodire, accudire e abbellire, così da continuare la devozione
tutto l’anno e vicino alla propria casa.
Per approfondimenti & è Il Portale della Madonna dell'Arco
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Domenica
15 Aprile 2012
LA DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA
Domenica della Divina Misericordia
Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) ha voluto che la seconda Domenica di Pasqua fosse denominata Domenica della Divina Misericordia (Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Decreto Misericors et miserator, 5 Maggio 2000).
Il culto della Divina Misericordia è legato a èSuor Faustina Kowalska, la mistica polacca proclamata santa nel corso dell’Anno Santo del 2000, di cui il Beato è stato un fervente devoto, come testimonia la sua seconda Enciclica Dives in misericordia scritta nel 1980 e dedicata alla Divina misericordia.
Nel citato Decreto sono previsti tutti i casi per beneficiare della
Indulgenza plenaria o parziale :
« [...] Il
Sommo Pontefice pertanto, animato da ardente desiderio di favorire al
massimo nel popolo cristiano questi sensi di pietà verso la Divina
Misericordia, a motivo dei ricchissimi frutti spirituali che da ciò si
possono sperare, nell’Udienza concessa il giorno 13 giugno 2002 ai
sottoscritti Responsabili della Penitenzieria Apostolica, Si è degnato
di largire Indulgenze nei termini che seguono:
Si concede l'Indulgenza plenaria alle consuete condizioni
(Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo
l'intenzione del Sommo Pontefice) al fedele che nella Domenica seconda
di Pasqua, ovvero della Divina Misericordia,
in qualunque chiesa o oratorio, con l'animo totalmente distaccato
dall'affetto verso qualunque peccato, anche veniale, partecipi a
pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, o almeno
reciti, alla presenza del SS. Sacramento dell'Eucaristia, pubblicamente
esposto o custodito nel tabernacolo, il Padre Nostro e il Credo, con l'aggiunta di una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p. e. “Gesù Misericordioso, confido in Te”).
Si concede l'Indulgenza parziale al fedele che, almeno con cuore contrito, elevi al Signore Gesù Misericordioso una delle pie invocazioni legittimamente approvate.
Inoltre
i naviganti, che compiono il loro dovere nell'immensa distesa del mare;
gli innumerevoli fratelli, che i disastri della guerra, le vicende
politiche, l'inclemenza dei luoghi ed altre cause del genere, hanno
allontanato dal suolo patrio; gli infermi e coloro che li assistono e
tutti coloro che per giusta causa non possono abbandonare la casa o
svolgono un'attività non differibile a vantaggio della comunità,
potranno conseguire l'Indulgenza plenaria nella Domenica della Divina Misericordia,
se con totale detestazione di qualunque peccato, come è stato detto
sopra, e con l'intenzione di osservare, non appena sarà possibile, le
tre consuete condizioni, reciteranno, di fronte ad una pia immagine di
Nostro Signore Gesù Misericordioso, il Padre Nostro e il Credo, aggiungendo una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p.e. "Gesù Misericordioso, confido in Te").
Se neanche questo si potesse fare, in quel medesimo giorno potranno ottenere l'Indulgenza plenaria quanti
si uniranno con l'intenzione dell'animo a coloro che praticano nel modo
ordinario l'opera prescritta per l'Indulgenza e offriranno a Dio
Misericordioso una preghiera e insieme le sofferenze delle loro
infermità e gli incomodi della propria vita, avendo anch'essi il
proposito di adempiere non appena possibile le tre condizioni prescritte
per l'acquisto dell'Indulgenza plenaria.
I
sacerdoti, che svolgono il ministero pastorale, soprattutto i parroci,
informino nel modo più conveniente i loro fedeli di questa salutare
disposizione della Chiesa,
si prestino con animo pronto e generoso ad ascoltare le loro
confessioni, e nella Domenica della Divina Misericordia, dopo la
celebrazione della Santa Messa o dei Vespri, o durante un pio esercizio
in onore della Divina Misericordia, guidino, con la dignità propria del
rito, la recita delle preghiere qui sopra indicate; infine, essendo “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7),
nell'impartire la catechesi spingano soavemente i fedeli a praticare
con ogni possibile frequenza opere di carità o di misericordia, seguendo
l'esempio e il mandato di Cristo Gesù, come è indicato nella seconda
concessione generale dell'Enchiridion Indulgentiarum (Manuale delle indulgenze). »
Il presente Decreto ha vigore perpetuo. Nonostante qualunque contraria disposizione.
Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 29 giugno 2002, nella solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo 2002.
Luigi De Magistris Arcivescovo tit. di Nova Pro-Penitenziere Maggiore
Gianfranco Girotti, O.F.M. Conv. Reggente
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Martedì 8 Maggio
2012
LA BEATA MARIA VERGINE DI POMPEI
Beata Maria Vergine di Pompei
L’icona
della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei (alta cm 120 e larga cm
100) presenta l’immagine della Madonna in trono con Gesù in braccio; ai
suoi piedi, san Domenico e santa Caterina da Siena. La Vergine reca
nella mano sinistra la corona del Rosario che porge a santa Caterina,
mentre Gesù, poggiato sulla sua gamba destra, la porge a san Domenico.
In questo quadro si possono riconoscere tre grandi spazi. Lo spazio in
alto, nel quale l’umile ma solenne figura di Maria in trono invita la
Chiesa a portarsi verso il mistero della Trinità. Lo spazio in basso è
quello della Chiesa, il corpo mistico, la famiglia che ha in Gesù il suo
capo, nello Spirito il suo vincolo, in Maria il suo membro eminente e
la sua Madre. Lo spazio laterale, rappresentato dagli archi, porta al
mondo, alla storia, verso cui la Chiesa ha il debito di essere
“sacramento”, offrendo il servizio dell’annuncio evangelico per la
costruzione di una degna città dell’uomo. La via che unisce questi spazi
è il Rosario, sintesi orante della scrittura, posta quasi come
fondamento ai piedi del trono, e consegnato dal Figlio e dalla Madre
come via di meditazione e assimilazione del Mistero.
Quest’icona
fu data a Bartolo Longo, ora beato, da Suor Maria Concetta De Litala,
del Convento del Rosariello a Porta Medina di Napoli; la religiosa
l’aveva avuta in custodia da padre Alberto Radente, confessore del
Beato, che l’aveva comprata da un rigattiere. Per
trasportarla a Pompei, il Longo l’affidò al carrettiere Angelo Tortora
che, avvoltala in un lenzuolo, l’appoggiò su di un carro di letame: era
il 13 novembre 1875. Il quadro, però, necessitava di un restauro e fu
posto alla venerazione dei fedeli soltanto il 13 febbraio 1876. Nello
stesso giorno, a Napoli, avvenne il primo miracolo per intercessione
della Madonna di Pompei: la dodicenne Clorinda Lucarelli, giudicata
inguaribile dall’illustre prof. Antonio Cardarelli, guarì perfettamente
da terribili convulsioni epilettiche. In seguito, Bartolo Longo affidò
l’icona al pittore napoletano Federico Maldarelli per un ulteriore
restauro, chiedendogli anche di trasformare l’originaria Santa Rosa in
Santa Caterina da Siena. Nel 1965, fu effettuato, al Pontificio Istituto
dei Padri Benedettini Olivetani di Roma, un restauro altamente
scientifico, durante il quale, sotto i colori sovrapposti nei precedenti
interventi, furono scoperti i colori originali che svelarono la mano di
un valente artista della scuola di Luca Giordano (XVII secolo). Nello
stesso anno, il 23 aprile, il Quadro fu incoronato dal Servo di
Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978) nella Basilica di
San Pietro. Nel 2000, per il 125° anniversario, il Quadro ha sostato per
cinque giorni nel Duomo di Napoli, dove è stato venerato da migliaia di
fedeli. Il ritorno a Pompei è stato fatto a piedi, seguendo il
tracciato del 1875, con diverse soste nelle città della provincia. Per
tutto il giorno centinaia di migliaia di persone hanno affollato il
percorso di trenta chilometri che separa Pompei dal capoluogo. Quando,
in piena notte, il Quadro arrivò al Santuario di Pompei, fu accolto da
una città in festa. Il 16 ottobre 2002, il Quadro ritornò a piazza San
Pietro, per esplicita richiesta del Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) che, accanto alla “bella immagine venerata a Pompei”, firmò la Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae, con la quale introdusse i cinque nuovi Misteri della Luce.
Il
quadro della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei, sempre più
oggetto di profonda venerazione in tutto il mondo, è custodito
sull’altare maggiore del Santuario di Pompei. La costruzione del
Santuario ebbe inizio, per opera di Bartolo Longo, il 9 maggio 1876 e
terminò nel 1887.
Nel 1893 il Longo offrì a Pp Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Pecci, 1878-1903)
la proprietà del Santuario con tutte le opere pompeiane; qualche anno
più tardi rinunziò anche all’amministrazione che il Papa gli aveva
lasciato. L’interno del Santuario è a croce latina, tutta lavorata in
marmo, ori, mosaici dorati, quadri ottocenteschi, con immensa cripta, il
trono circondato da colonne, sulla crociera vi è l’enorme cupola di 57
metri tutta affrescata.
Oltre alla costruzione di un massiccio campanile alto 80 metri, il Santuario fu ampliato tra
il 1933 e il 1939, passando da una a tre navate, mantenendo la
struttura a croce latina. Il progetto fu ideato dall’architetto e
sacerdote Monsignor Spirito Maria Chiapetta, che ne diresse anche i
lavori. Le due navate minori, che hanno tre altari per ogni lato, si
prolungano sin dietro l’abside in un ambulacro arricchito da quattro
cappelline semicircolari. L’insieme delle costruzioni è armonizzato da
strutture contrastanti, in perfetto equilibrio di masse, studiato in
modo da non subire effetti di spostamento per qualsiasi causa.
L’interno, di 2.000 mq, può accogliere circa 6.000 persone. La cubatura
totale è di 40.000 metri.
Il
fondatore del Santuario, Bartolo Longo, aveva trovato una zona paludosa
e malsana, a causa dello straripamento del vicino fiume Sarno,
abbandonata praticamente dal 1659. Alla sua morte, avvenuta il 5 ottobre
1926, lasciò una città ripopolata, salubre, tutta ruotante attorno al
Santuario e alle sue numerose opere, a cui poi si affiancò il turismo
per i ritrovati scavi della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio.
Bartolo Longo è stato elevato agli onori dell'altare dal Beato Giovanni Paolo II, il 26 ottobre 1980.
è
sua l’iniziativa della supplica, da lui compilata, alla Madonna del
Rosario di Pompei che si recita solennemente e con gran concorso di
fedeli, l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.
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SUPPLICA ALLA MADONNA DI POMPEI
Per la recita con il Papa Benedetto XVI è Benedetto XVI Supplica alla Madonna
O
augusta Regina delle Vittorie, o Sovrana del cielo e della terra, al
cui nome si rallegrano i cieli e tremano gli abissi, o Regina
gloriosa del Rosario, noi devoti figli tuoi, raccolti nel tuo tempio di
Pompei (in questo giorno solenne), effondiamo gli affetti del nostro
cuore e con confidenza di figli ti esprimiamo le nostre miserie.
Dal
trono di clemenza, dove siedi Regina, volgi, o Maria, il tuo sguardo
pietoso su di noi, sulle nostre famiglie, sull'Italia, sull'Europa, sul
mondo. Ti prenda compassione degli affanni e dei travagli che
amareggiano la nostra vita. Vedi, o Madre, quanti pericoli nell'anima e
nel corpo, quante calamità ed afflizioni ci costringono.
O
Madre, implora per noi misericordia dal tuo Figlio divino e vinci con
la clemenza il cuore dei peccatori. Sono nostri fratelli e figli tuoi
che costano sangue al dolce Gesù e contristano il tuo sensibilissimo
Cuore. Mostrati a tutti quale sei, Regina di pace e di perdono.
Ave Maria
è
vero che noi, per primi, benché tuoi figli, con i peccati torniamo a
crocifiggere in cuor nostro Gesù e trafiggiamo nuovamente il tuo cuore.
Lo
confessiamo: siamo meritevoli dei più aspri castighi, ma tu ricordati
che, sul Golgota, raccogliesti, col Sangue divino, il testamento del
Redentore moribondo, che ti dichiarava Madre nostra, Madre dei
peccatori.
Tu
dunque, come Madre nostra, sei la nostra avvocata, la nostra speranza. E
noi, gementi, stendiamo a te le mani supplichevoli, gridando:
misericordia!
O
Madre buona, abbi pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre
famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri defunti,
soprattutto dei nostri nemici e di tanti che si dicono cristiani, eppur
offendono il cuore amabile del tuo Figliuolo. Pietà oggi imploriamo per
le nazioni traviate, per tutta l'Europa, per tutto il mondo, perché
pentito ritorni al tuo cuore.
Misericordia per tutti, o Madre di misericordia.
Ave Maria
Degnati
benevolmente, o Maria, di esaudirci! Gesù ha riposto nelle tue mani
tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie.
Tu
siedi, coronata Regina, alla destra del tuo Figlio, splendente di
gloria immortale su tutti i cori degli angeli. Tu distendi il tuo
dominio per quanto sono distesi i cieli, a te la terra e le creature
tutte sono soggette. Tu sei l'onnipotente per grazia, tu dunque puoi
aiutarci. Se tu non volessi aiutarci, perché figli ingrati ed
immeritevoli della tua protezione, non sapremmo a chi rivolgerci. Il tuo
cuore di Madre non permetterà di vedere noi, tuoi figli, perduti. Il
bambino che vediamo sulle tue ginocchia e la mistica corona che miriamo
nella tua mano, ci ispirano fiducia che saremo esauditi. E noi
confidiamo pienamente in te, ci abbandoniamo come deboli figli tra le
braccia della più tenera fra le madri, e, oggi stesso, da te aspettiamo
le sospirate grazie.
Ave Maria
Un'ultima
grazia noi ora ti chiediamo, o Regina, che non puoi negarci (in questo
giorno solennissimo). Concedi a tutti noi l'amore tuo costante e in modo
speciale la materna benedizione.
Non
ci staccheremo da te finché non ci avrai benedetti. Benedici, o Maria,
in questo momento il Sommo Pontefice. Agli antichi splendori della tua
corona, ai trionfi del tuo Rosario, onde sei chiamata Regina delle
Vittorie, aggiungi ancor questo, o Madre: concedi il trionfo alla
religione e la pace all'umana società. Benedici i nostri vescovi, i
sacerdoti e particolarmente tutti coloro che zelano l'onore del tuo
Santuario. Benedici infine tutti gli associati al tuo tempio di Pompei e
quanti coltivano e promuovono la devozione al santo Rosario.
O Rosario
benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore
che ci unisci agli angeli, torre di salvezza, negli assalti
dell'inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo
mai più.
Tu ci sarai conforto nell'ora dell'agonia, a te l'ultimo bacio della vita che si spegne.
E
l'ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o
Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei
peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti.
Sii ovunque, benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Amen.
Salve Regina
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Domenica
13 Maggio 2012
LA BEATA MARIA VERGINE DI FATIMA (memoria facoltativa)
Beata Maria Vergine di Fatima
(memoria facoltativa)
Il
13 maggio del 1917 tre bambini pascolavano un piccolo gregge nella Cova
da Iria, frazione di Fatima, comune di Villa Nova de Ourém, oggi
Diocesi di Leiria-Fatima. Si chiamavano Lucia de Jesus, di 10 anni e i
suoi cugini Francesco e Giacinta Marto, di 9 e 7 anni (beatificati dal
Servo di Dio Pp Giovanni Paolo II il 13 maggio 2000).
Verso
mezzogiorno, dopo aver recitato il rosario, come facevano abitualmente,
si intrattennero a costruire una piccola casa con pietre raccolte sul
luogo, dove oggi sorge la Basilica.
All´improvviso
videro una grande luce; pensando che si trattasse di un lampo decisero
di andarsene, ma sopraggiunse un altro lampo che illuminò il luogo e
videro sopra un piccolo elce (dove ora si trova la Cappellina delle
Apparizioni) una “Signora più splendente del sole” dalle cui mani pendeva un rosario bianco.
La Signora disse ai tre Pastorelli che era necessario pregare molto e li invitò a tornare alla Cova da Iria :
«...Sono
venuta a chiedervi di venire qui per sei mesi di seguito, il 13, a
questa stessa ora. In seguito, vi dirò chi sono e che cosa voglio. Dopo
ritornerò ancora qui una settima volta...Recitate il rosario tutti i
giorni per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra..»
I bambini così fecero nei giorni 13 giugno :
«...Gesù
vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare. Egli vuole stabilire
nel mondo la devozione al mio Cuore immacolato. A tutti coloro che
aderiranno a questa devozione, io prometto la salvezza; le loro anime
saranno gradite a Dio come fiori deposti da me sul Suo trono... » ;
13 luglio :
«... Se
si darà ascolto alle mie richieste, la Russia si convertirà e si avrà
la pace... Il santo Padre mi consacrerà la Russia che si convertirà, e
verrà concesso al mondo un periodo di pace. Quando reciterete il
Rosario, dopo ogni decina dite: “O
Gesù mio! Perdonateci, liberateci dal fuoco dell'inferno, portate in
Cielo tutte le anime, specialmente quelle che più ne hanno bisogno.”... »;
19 agosto (l´apparizione ebbe luogo nella località "dos Valinhos"
a circa 500 metri da Aljustrel, perché il giorno 13 i bambini furono
sequestrati dal sindaco e portati a Villa Nova de Ourém) :
«... Voglio che continuiate ad andare alla Cova da Iria il 13, e che continuiate a recitare il rosario tutti i giorni... »;
13 settembre : «... Continuate a dire il rosario per ottenere la fine della guerra... ».
Nell´ ultima apparizione, il 13 ottobre, alla presenza di circa 70.000 persone, la Signora disse «... Voglio
dirti che si costruisca qui una cappella in mio onore. Io sono Nostra
Signora del Rosario. Che si continui sempre a recitare il rosario tutti i
giorni. La guerra sta per finire e i militari rientreranno presto a
casa...»
Dopo l´apparizione, tutti i presenti furono testimoni del miracolo promesso
ai tre bambini nei mesi di luglio e di settembre: il sole, simile ad un
disco d´argento, che poteva essere fissato senza difficoltà, girava su
se stesso come una ruota di fuoco e sembrava che volesse precipitare
sulla terra. La notizia dell’accadimento comparve in prima pagina sul quotidiano O Século, di Lisbona, il 15 ottobre 1917.
Più
tardi, quando Lucia era già Religiosa di S. Dorotea, la Madonna le
apparve nuovamente, in Spagna (il 10 dicembre 1925 e il 15 febbraio
1926, nel Convento di Pontevedra e ancora nella notte tra il 13 e il 14
giugno del 1929 nel Convento di Tuy) chiedendo la devozione dei primi
cinque sabati del mese (recitare il rosario meditandone i misteri,
confessarsi e ricevere la S. Comunione, in riparazione dei peccati
commessi contro il Cuore Immacolato di Maria) e la consacrazione della
Russia al Suo Cuore Immacolato. Questa richiesta la Madonna l’aveva già
annunciata il 13 luglio 1917.
Alcuni
anni più tardi, Lucia rivelò ancora che, tra i mesi di aprile e di
ottobre del 1916, apparve ai tre Veggenti un Angelo per tre volte: due
volte alla "Loca do Cabeço"
e una volta al pozzo nell´orto della casa di Lucia. In queste
Apparizioni l´Angelo li aveva invitati alla preghiera e alla penitenza.
Dal
1917 non hanno mai cessato di andare alla Cova da Iria migliaia e
migliaia di pellegrini di tutto il mondo; inizialmente soprattutto nei
giorni 13 di ogni mese, in seguito durante i periodi di ferie estivi e
invernali e adesso sempre di più nei fine settimana e nei giorni
feriali, per un totale annuale di circa quattro milioni di pellegrini.
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La Consacrazione del Mondo al Cuore Immacolato di Maria, ebbe luogo in Piazza S. Pietro, in Vaticano, il 25 Marzo 1984. Per quell’occasione, il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), chiese la presenza della statua della Madonna di Fatima, venerata nella Cappellina delle Apparizioni.
Davanti alla statua, il Papa ripeté l’Atto di Affidamento e di Consacrazione che aveva fatto a Fatima il 13 Maggio del 1982 di cui le ultime parole, rivolte alla Madonna, furono :
« Accogli,
o Madre di Cristo, questo grido carico della sofferenza di tutti gli
uomini! Carico della sofferenza di intere società! Aiutaci con la forza
dello Spirito Santo a vincere tutti i peccati: il peccato dell’uomo e il
“peccato del mondo”, infine il peccato in tutte le sue manifestazioni.
Che si riveli, ancora una volta, nella storia del mondo l’infinita
potenza salvifica della Redenzione: la forza infinita dell’Amore
misericordioso! Che esso fermi il male! Che esso trasformi le coscienze!
Che si manifesti per tutti, nel Tuo Cuore Immacolato, la luce della
Speranza! » .
Per approfondimenti è Santuário di Fátima
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