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De: Enzo Claudio (Mensaje original) |
Enviado: 30/11/2009 17:03 |
Un brano di Raoul Follereau definito l'Apostolo dei lebbrosi:
Che strano traffico con il buon Dio! Signore, dammi questo! Signore, concedimi questo! Signore, guariscimi!
Come se Dio non conoscesse, molto più di noi, quello che ci abbisogna.
Un piccino suggerisce forse alla mamma: "Preparami quella pappa" ?
Un malato al suo dottore: "Mi prescriva quella medicina" ?
Chi può assicurarci se quel che ci manca non sia peggiore di quel che abbiamo ?
Allora, tentiamo soltanto questa preghiera:
"Signore, non cessare di amarci, mai"
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Sabato 12 Febbraio 2011
Sabato della V settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 8,1-10Meditazione del giorno San Giovanni Crisostomo (circa 345-407), vescovo d'Antiochia poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa Omelie sul vangelo secondo Matteo, n° 82 ; PG 87, 737
Il nostro Pastore dà se stesso in cibo
« Chi può narrare i prodigi del Signore, far risuonare tutta la sua lode ? » (Sal 106,2). Quale pastore ha mai nutrito le sue pecore col proprio corpo ? Anzi ! Sovente le stesse madri mettono a bàlia i figli appena nati. Gesù invece non può accettare questo per le sue pecore ; egli ci nutre con il proprio sangue, e così ci fa diventare con lui un solo corpo.
Considerate, fratelli, che Cristo è nato dalla nostra sostanza umana. Ma, direte, cosa importa ? Questo non riguarda tutti gli uomini. Scusa, fratello mio, questo è per tutti loro un grande vantaggio. Se egli si è fatto uomo, se è venuto a prendere la nostra natura, questo riguarda la salvezza di tutti gli uomini. E se egli è venuto per tutti, è anche venuto per ognuno di noi. Forse direte : Perché dunque tutti gli uomini non hanno ricevuto il frutto che avrebbero dovuto ottenere da questa venuta ? Non accusate Gesù, che ha scelto questo mezzo per la salvezza di tutti. La colpa è di coloro che respingono questo beneficio. Nell'eucaristia infatti, Gesù Cristo si unisce a ognuno dei suoi fedeli. Li fa rinascere, li nutre di se stesso, non li abbandona a qualcun altro e così, li convince, una volta ancora, che lui ha davvero preso la nostra carne.
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Domenica 13 Febbraio 2011
VI Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A : Mt 5,17-37Meditazione del giorno Sant'Ireneo di Lione (circa130-circa 208), vescovo, teologo e martire Contre le eresie IV,13,3 ; SC 100, 525
La Loi enracinée dans nos cœurs
Ci sono dei precetti naturali della Legge che già conferiscono la giustizia; anche prima che la Legge fosse stata data a Mosè, degli uomini osservavano questi precetti, e sono stati giustificati dalla loro fede e sono stati graditi a Dio. Questo è confermato dalle parole: «Fu detto agli antichi: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore». E ancora: «Fu detto: Non uccidere. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio» (Mt 5,21)... e così via. Tutti questi precetti non implicano né la contraddizione, né l'abolizione dei precetti precedenti, ma il loro compimento e la loro estensione. Come ha detto il Signore stesso: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 5,20).
In cosa consiste questo superare? Prima nel credere non più soltanto nel Padre, ma anche nel Figlio suo, ormai manifestato. Lui infatti conduce l'uomo all'unione con Dio. Poi, nel fare, invece che dire senza fare – perché loro «dicono e non fanno» (Mt 23,3) –, e nell'evitare non soltanto le opere cattive, ma anche il desiderarle. Insegnando questo, non contraddiceva la Legge bensì compiva la Legge e radicava dentro di noi le prescrizioni della Legge... Prescrivere di astenersi non solo dagli atti vietati dalla Legge, ma persino dal loro desiderio, non indica un atteggiamento che contraddice e abolisce la Legge; ma che la compie e la estende.
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Lunedì 14 Febbraio 2011
Santi Cirillo monaco e Metodio vescovo, Patroni d'Europa, festa : Lc 10,1-9Meditazione del giorno Giovanni Paolo II, papa dal 1978 al 2005 Ut unum sint, 19 - © Libreria Editrice Vaticana
Santi Cirillo e Metodio, apostoli degli slavi
La dottrina deve essere presentata in un modo che la renda comprensibile a coloro ai quali Dio stesso la destina. Nell'Epistola enciclica Slavorum apostoli, ricordavo come Cirillo e Metodio, per questo stesso motivo, si adoperassero a tradurre le nozioni della Bibbia e i concetti della teologia greca in un contesto di esperienze storiche e di pensiero molto diversi.
Essi volevano che l'unica parola di Dio fosse « resa così accessibile secondo le forme espressive, proprie di ciascuna civiltà ». Compresero di non poter dunque « imporre ai popoli assegnati alla loro predicazione neppure l'indiscutibile superiorità della lingua greca e della cultura bizantina, o gli usi e i comportamenti della società più progredita, in cui essi erano cresciuti ». Essi mettevano così in atto quella « perfetta comunione nell'amore [che] preserva la Chiesa da qualsiasi forma di particolarismo o di esclusivismo etnico o di pregiudizio razziale, come da ogni alterigia nazionalistica ».
Cirillo, in punto di morte, pregava così : « Signore Dio, fa' crescere la tua Chiesa, e raduna tutti gli uomini nell'unità ; stabilisci i tuoi eletti nella concordia della vera fede e della retta confessione di fede : fa' penetrare le tue parole nel loro cuore affinché si consacrino a ciò che è buono e ti è gradito. »
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Martedì 15 Febbraio 2011
Martedì della VI settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 8,14-21Meditazione del giorno Sant'Ilario di Poitiers (circa 315-367), vescovo, dottore della Chiesa Trattato sulla Trinità 1, 37-38
« Non intendete e non capite ancora ? Avete il cuore indurito ? »
Io sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento, esprima te... Noi, poveri come siamo, ti chiederemo ciò che ci manca e scruteremo con zelo tenace le parole dei tuoi profeti e dei tuoi apostoli, e busseremo a tutte le porte che sbarrano il riconoscimento della verità.
Ma dipende da te concedere l'oggetto della nostra preghiera, essere presente a quanto si chiede, aprire a chi bussa. La natura è presa da una strana pigrizia e non possiamo capire ciò che ti riguarda per la debolezza della nostra intelligenza.
Ma lo studio dei tuoi insegnamenti ci mette in grado di intendere la tua divinità, e la sottomissione alla fede ci innalza al di sopra della conoscenza naturale. Attendiamo dunque che tu dia slancio agl'inizi di questa impresa, causa per noi di trepidazione, che la consolidi con crescente successo e ci chiami a partecipare dello spirito dei profeti e degli apostoli, perché possiamo capire le loro parole nello stesso senso con cui essi le hanno pronunziate e le interpretiamo nel loro significato. Aprici dunque l'autentico significato delle parole, e donaci luce per comprendere, efficacia di parola, vera fede. Fa' che possiamo esprimere ciò che crediamo.
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Mercoledì 16 Febbraio 2011
Mercoledì della VI settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 8,22-26Meditazione del giorno San Teofilo di Antiochia (? - circa 186), vescovo Libro ad Autòlico 1, 2.7 : PG 6, 1026-1027, 1035
« Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio » (Mt 5, 8)
Come uno specchio risplendente, così deve essere pura l'anima dell'uomo. Quando invece lo specchio si deteriora, il viso dell'uomo non può più essere visto in esso. Allo stesso modo quando il peccato ha preso possesso dell'uomo, egli non può più vedere Dio...
Ma se vuoi, puoi essere guarito. Affidati al medico ed egli opererà gli occhi della tua anima e del tuo cuore. Chi è questo medico ? è Dio, il quale per mezzo del Verbo e della Sapienza guarisce e dà la vita. Dio, per mezzo del Verbo e della Sapienza, ha creato tutte le cose ; infatti : « Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera » (Sal 32, 6). La sua Sapienza è infinita : « Il Signore ha fondato la terra con la sapienza, ha consolidato i cieli con intelligenza » (Pr 3, 19)...
Se capisci queste cose, o uomo, e se vivi in purezza, santità e giustizia, puoi vedere Dio. Ma prima di tutto vadano innanzi nel tuo cuore la fede e il timore di Dio e allora comprenderai tutto questo. Quando avrai deposto la tua mortalità e ti sarai rivestito dell'immortalità, allora vedrai Dio secondo i tuoi meriti. Egli infatti fa risuscitare insieme con l'anima anche la tua carne, rendendola immortale e allora, se ora credi in lui, divenuto immortale, vedrai l'Immortale.
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Giovedì 17 Febbraio 2011
Giovedì della VI settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 8,27-33
Meditazione del giorno San Cirillo di Gerusalemme (313-350), vescovo di Gerusalemme, dottore della Chiesa Catechesi 13, 1-4 : PG 33, 771-778
« E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire. »
Non dobbiamo vergognarci della croce del Salvatore, ma anzi gloriarcene. Perché se è vero che la parola della croce è « scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani » (1 Cor 1, 18.23), per noi è fonte di salvezza. Se per quelli che vanno in perdizione è stoltezza, per noi che siamo stati salvati è fortezza di Dio. Infatti non era un semplice uomo colui che diede la vita per noi, bensì il Figlio di Dio, Dio fatto uomo. Se una volta quell'agnello, immolato secondo la prescrizione di Mosè, teneva lontano l'angelo sterminatore, non dovrebbe avere maggior efficacia per liberaci dai peccati « l'Agnello che toglie il peccato del mondo » (Gv 1, 29) ?
Sì, Gesù ha veramente sofferto per tutti gli uomini. La croce non era un simulacro. Altrimenti anche la redenzione sarebbe stato un simulacro. La morte non era un'illusione ; la Passione fu reale. Cristo è stato veramente crocifisso ; non dobbiamo vergognarcene. È stato crocifisso ; non dobbiamo negarlo. Anzi, lo dico con fierezza... Riconosco la croce perché ho conosciuto la risurrezione. Se il crocifisso fosse rimasto nella morte, forse non avrei riconosciuto la croce e l'avrei nascosta, come pure avrei nascosto il mio Maestro. Invece la risurrezione ha fatto seguito alla croce, e non mi vergogno di parlare di essa.
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Venerdì 18 Febbraio 2011
Venerdì della VI settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 8,34-38#Mc 9,1-1
Meditazione del giorno San Francesco Saverio (1506-1552), missionario gesuita Lettere ; 10 maggio 1546, 30 gennaio 1548
Un grande missionario pronto a perdere la propria vita
Nell'espormi a ogni sorta di pericoli di morte, ripongo tutta la mia fiducia e la mia speranza in Dio Nostro Signore, col desiderio di conformarmi, a seconda delle mie povere capacità, alla parola di Cristo, nostro Redentore e nostro Signore : « Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà ; ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà ». Benché il senso generale di questa parola del Signore sia facile da capire, tuttavia quando si esamina il proprio caso personale e ci si dispone a volere perdere la propria vita per Dio, allora i pericoli si presentano alla nostra immaginazione. Si presenta il fatto che si potrebbe perdere la vita... Tutto diviene così oscuro, che il latino [del testo biblico], pur chiarissimo in sè, viene anch'esso ad oscurarsi.
Infatti, secondo me, in tal caso, qualunque sia la propria scienza, ciascuno potrà capire soltanto se Dio Nostro Signore, nella sua infinita misericordia, si degna di spiegarglielo, nel suo caso particolare. Allora si riconosce la condizione della nostra carne, e quanto essa sia debole...
Tuttavia, in queste isole, le consolazioni spirituali abbondano ; perché tutti questi pericoli, queste sofferenze abbracciate volontariamente per il solo amore e il solo servizio di Dio Nostro Signore sono dei tesori e delle fonti inesauribili di grandi gioie spirituali. Non ricordo di essere stato altrove così largamente e continuamente consolato come lo sono qui.
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Sabato 19 Febbraio 2011
Sabato della VI settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 9,2-13
Meditazione del giorno Giovanni Paolo II, papa dal 1978 al 2005 Vita consecrata, 75
Contemplare e seguire il Cristo Trasfigurato
Continuamente Cristo chiama a sé nuovi discepoli, uomini e donne, per comunicare loro, mediante l'effusione dello Spirito (cfr Rm 5, 5), l'agape divina, il suo modo d'amare, e per sospingerli così a servire gli altri nell'umile dono di sé, alieno da calcoli interessati. A Pietro, che estasiato dalla luce della Trasfigurazione esclama : « Signore, è bello per noi restare qui » (Mt 17, 4), è rivolto l'invito a tornare sulle strade del mondo, per continuare a servire il Regno di Dio.
« Scendi, Pietro ! desideravi riposare sul monte : scendi ; predica la Parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e importuna, rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua capacità di insegnare. Lavora, affaticati molto, accetta anche sofferenze e supplizi, affinché, mediante il candore e la bellezza delle buone opere, tu possegga nella carità ciò che è simboleggiato nel candore delle vesti del Signore » (S Agostino, discorso 78, 6).
Lo sguardo fisso sul volto del Signore non attenua nell'apostolo l'impegno per l'uomo ; al contrario lo potenzia, dotandolo di una nuova capacità di incidere sulla storia, per liberarla da quanto la deturpa.
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Domenica 20 Febbraio 2011
VII Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A : Mt 5,38-48
Meditazione del giorno Sant'Aelredo di Rievaulx ( 1110-1167), monaco cistercense inglese Dallo « Specchio della carità »Lib. 3, 5; PL 195, 582 (trad. dal breviario)
« Amate i vostri nemici »
Non c'è niente che ci spinga ad amare i nemici, cosa in cui consiste la perfezione dell'amore fraterno, quanto la dolce considerazione di quelle ammirabile pazienza per cui egli, « il più bello tra i figli dell'uomo » (Sal 44, 3) offrì il suo bel viso agli sputi dei malvagi. Lasciò velare dai malfattori quegli occhi, al cui cenno ogni cosa ubbidisce. Espose i suoi fianchi ai flagelli. Sottopose il capo, che fa tremare i Principati e le Potestà, alle punte acuminate delle spine. Abbandonò se stesso all'obbrobrio e agli insulti. Infine sopportò pazientememte la croce, i chiodi, la lanciam il fiele e l'aceto, lui in tutto dolce, mite e clemente. Alla fine fu condotto via come una pecora al macello, e como un agnello se ne stette silenzioso davanti al tosatore e non aprì bocca (cfr. Is 53, 7).
Chi al sentire quellq voce meravigliosa piena di dolcezza, piena di carità, piena di inalterabile pacatezza: « Padre, perdonali » non abbraccerebbe subito i suoi nemici con tutto l'affetto? « Padre », dice, « perdonali » (Lc 23, 34). Che cosa si poteva aggiungere di dolcezza, di carità ad una siffatta preghiera?
Tuttavia egli aggiunse qualcosa. Gli sembrò poco pregare, volle anche scusare. « Padre, disse, perdonali, perché non sanno quello che fanno ». E invero sono grandi peccatori, ma poveri conoscitori. Perciò: « Padre, perdonali ». Lo crocifiggono, ma non sanno chi crocifiggono... Lo ritengono un transgressore della legge, un presuntuoso che si fa Dio, lo stimano un seduttore del popolo. «Ma io ho nascosto da loro il moi volto, non riconobbero la mia maestà ». Perciò: « Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno ».
Se l'uomo vuole amare se stesso di amore autentico non si lasci corrompere da nessun piacere della carne, rivolga ogni suo affetto alla dolcezza del pane eucaristico. Inoltre per riposare pià perfettamente e soavemente nella gioia della carità fraterna, abbracci di vero amore anche i nemici. Perché questo fuoco divino non intiepidisca di fronte alle ingiustizie, guardi sempre con gli occhi della mente la pazienza e la pacatezza del suo amato Signore e Salvatore.
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Lunedì 21 Febbraio 2011
Lunedì della VII settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 9,14-29
Meditazione del giorno Beato Charles de Foucauld (1858-1916), eremita e missionario nel Sahara Scritti spirituali ; Meditazioni sul Vangelo
« Credo, aiutami nella mia incredulità »
La virtù che viene ricompensata da Nostro Signore, la virtù che viene lodata da lui, è quasi sempre la fede. Qualche volta, egli loda l'amore, come per la Maddalena ; qualche volta, loda l'umiltà. Ma questi esempi sono rari ; quasi sempre è la fede che riceve da lui ricompensa e lodi... Perché ?... Senza dubbio perché la fede è la virtù, se non la più elevata (la carità passa avanti), almeno la più importante, perché essa è il fondamento di tutte le altre, compresa la carità, e anche perché è la più rara...
Avere veramente la fede, quella fede che ispira ogni azione, quella fede nel soprannaturale che spoglia il mondo della sua maschera e rivela Dio in ogni cosa ; che fa scomparire ogni impossibilità ; che toglie da queste parole : inquietudine, pericolo, timore, ogni loro senso ; che fa camminare nella vita con calma, pace, gioia profonda, come un bambino tenuto per mano da sua madre ; che stabilisce l'anima in un distacco assoluto da ogni cosa sensibile, della quale vede con chiarezza la nullità e la puerilità ; che dà una tale fiducia nella preghiera, la fiducia del figlio quando domanda una cosa giusta a suo padre. Quella fede che ci mostra che « al di là del fare ciò che piace a Dio, tutto è menzogna » ; quella fede che fa vedere tutto con una luce diversa – gli uomini come immagini di Dio – mio Dio, dammela ! Mio Dio, credo, ma aumenta la mia fede ! Mio Dio, fa' che io creda, che io ami. Ti lo domando nel nome del Nostro Signore Gesù Cristo. Amen.
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Martedì 22 Febbraio 2011
LA CATTEDRA DI SAN PIETRO APOSTOLO (festa) : Mt 16,13-19Meditazione del giorno Concilio Vaticano II Costituzione dogmatica sulla Chiesa, « Lumen gentium » §22 - Copyright © Libreria Editrice Vaticana
« Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa »
Come san Pietro e gli altri apostoli costituiscono, per volontà del Signore, un unico collegio apostolico, similmente il romano Pontefice, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli apostoli, sono uniti tra loro. Già l'antichissima disciplina, in virtù della quale i vescovi di tutto il mondo vivevano in comunione tra loro e col vescovo di Roma nel vincolo dell'unità, della carità e della pace e parimenti la convocazione dei Concili per decidere in comune di tutte le questioni più importanti [mediante una decisione che l'opinione dell'insieme permetteva di equilibrare significano il carattere e la natura collegiale dell'ordine episcopale, che risulta manifestamente confermata dal fatto dei Concili ecumenici tenuti lungo i secoli. La stessa è pure suggerita dall'antico uso di convocare più vescovi per partecipare all elevazione del nuovo eletto al ministero del sommo sacerdozio. Uno è costituito membro del corpo episcopale in virtù della consacrazione sacramentale e mediante la comunione gerarchica col capo del collegio e con le sue membra.
Il collegio o corpo episcopale non ha però autorità, se non lo si concepisce unito al Pontefice romano, successore di Pietro, quale suo capo, e senza pregiudizio per la sua potestà di primato su tutti, sia pastori che fedeli. Infatti il romano Pontefice, in forza tutta la Chiesa, ha su questa una potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente. D'altra parte, l'ordine dei vescovi, il quale succede al collegio degli apostoli nel magistero e nel governo pastorale, anzi, nel quale si perpetua il corpo apostolico, è anch'esso insieme col suo capo il romano Pontefice, e mai senza questo capo, il soggetto di una suprema e piena potestà su tutta la Chiesa sebbene tale potestà non possa essere esercitata se non col consenso del romano Pontefice. Il Signore ha posto solo Simone come pietra e clavigero della Chiesa, e lo ha costituito pastore di tutto il suo gregge (cfr. Gv 21,15 ss); ma l'ufficio di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro (cfr. Mt 16,19), è noto essere stato pure concesso al collegio degli apostoli, congiunto col suo capo (cfr. Mt 18,18; 28,16-20). Questo collegio, in quanto composto da molti, esprime la varietà e l'universalità del popolo di Dio; in quanto poi è raccolto sotto un solo capo, significa l'unità del gregge di Cristo.
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Mercoledì 23 Febbraio 2011
Mercoledì della VII settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 9,38-40
Meditazione del giorno Pio XII, papa dal 1939 al 1958 Enciclica Mystici Corporis Christi - Copyright © Libreria Editrice Vaticana
« Glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri »
È di somma opportunità che teniamo di mira lo stesso Gesù come insuperabile modello di amore verso la Chiesa. Anzitutto, cerchiamo d'imitare l'estensione di tale amore. Unica è la Sposa di Cristo, e questa è la Chiesa: eppure l'amore dello Sposo divino ha tale ampiezza che, senza escludere alcuno, nella sua Sposa abbraccia tutto il genere umano. La causa infatti per cui il Salvator nostro sparse il suo sangue, fu appunto per riconciliare con Dio nella croce tutti gli uomini, per quanto diversi di nazione e di stirpe, e farli congiungere in un unico Capo. Il vero amore della Chiesa esige quindi non solo che siamo vicendevolmente solleciti l'uno dell'altro (Rm 12,5), come membri dello stesso Corpo, che godono della gloria degli altri membri e soffrono dell'altrui dolore (1 Cor 12,26), ma che altresì negli altri uomini, sebbene non ancora a noi congiunti nel Corpo della Chiesa, riconosciamo fratelli di Cristo secondo la carne, chiamati insieme con noi alla medesima eterna salvezza.
Purtroppo, specialmente oggigiorno, non mancano coloro che nella loro superbia esaltano l'avversione, l'odio, il livore come qualcosa che elevi e nobiliti la dignità e il valore umano. Noi però, mentre vediamo con dolore i funesti frutti di tale dottrina, seguiamo il nostro pacifico Re, che ci insegnò ad amare non solo quelli che non sono della nostra nazione e della nostra stirpe (Lc 10,33-37), ma persino i nemici (Lc 6,27-35). Noi, con l'animo penetrato del soavissimo sentimento di san Paolo, con lui esaltiamo quale e quanta sia la lunghezza, la larghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo (Ef 3,18); quell'amore, cioè, che nessuna diversità d'origine e di costumi può fiaccare, che neppure l'immensa distesa dell'oceano può attenuare; e che finalmente neppure le guerre, siano esse intraprese per causa giusta o ingiusta, potranno mai distruggere.
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Giovedì 24 Febbraio 2011
Giovedì della VII settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 9,41-50Meditazione del giorno Paolo VI, papa dal 1963 al 1978 Costituzione apostolica « Paenitemini » 17 febbraio 1966 - Copyright © Libreria Editrice Vaticana
Il sale della penitenza
Seguendo perciò il divino Maestro, ogni cristiano deve rinnegare se stesso, prendere la propria croce, partecipare ai patimenti di Cristo; trasformato in tal modo in una immagine della sua morte, egli è reso capace di meritare la gloria della risurrezione. Seguendo inoltre il Maestro, dovrà non più vivere per se stesso, ma per colui che lo amò e diede se stesso per lui, e dovrà anche vivere per i fratelli, dando compimento «nella sua carne a ciò che manca alle tribolazioni di Cristo... a pro del suo corpo che è la Chiesa»(Gal 2,20; Col 1, 24).
Inoltre, essendo la Chiesa intimamente legata a Cristo, la penitenza del singolo cristiano ha pure un suo proprio ed intimo rapporto con tutta la comunità umana: non solo infatti è in seno alla Chiesa che egli riceve, nel Battesimo, il dono fondamentale della «metànoia», ma tale dono viene restaurato e rinvigorito, in quelle membra del corpo di Cristo che sono cadute nel peccato, attraverso il Sacramento della Penitenza, «ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita con il peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, con l'esempio e con la preghiera» (Cf Conc. Vat. II, Lumen Gentium, n. 11). è nella Chiesa infine che la piccola opera penitenziale imposta singolarmente nel Sacramento, viene resa partecipe in modo speciale dell'infinita espiazione di Cristo, mentre, per una disposizione generale della Chiesa, il penitente può intimamente unire alla soddisfazione sacramentale stessa ogni altra sua azione, ogni patimento e ogni sofferenza.
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Venerdì 25 Febbraio 2011
Venerdì della VII settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 10,1-12
Meditazione del giorno Giacomo di Saroug (circa 449-521), monaco e vescovo siriano Hexameron ; Omelia per il sesto giorno
« I due saranno una carne sola »
« Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza » dice Dio (Gen 1,26). Un semplice comandamento aveva fatto sorgere gli altri esseri della creazione : « Sia la luce ! » o « Sia il firmamento ! » Questa volta invece, Dio non dice « Siano gli uomini », ma dice : « Facciamo l'uomo ». Infatti riteneva conveniente che fosse plasmata dalle proprie mani questa sua immagine, superiore ad ogni altra creatura. Questa opera gli era particolarmente vicina ; la amava di un grande amore... Adamo è l'immagine di Dio perché porta l'impronta del Figlio Unigenito...
In un certo modo, Adamo è stato creato allo stesso tempo uno e duplice ; Eva si trovava nascosta in lui. Prima ancora che esistassero, l'umanità era destinata al matrimonio, che li avrebbe ricondotti, uomo e donna, a un solo corpo, come era in principio. Nessun litigio, nessuna discordia doveva sorgere fra loro. Avrebbero avuto un solo pensiero, una sola volontà... Il Signore ha plasmato Adamo con polvere e acqua ; dalla carne, dalle ossa, e dal sangue di Adamo ha tratto Eva. Il torpore del primo uomo anticipava i misteri della crocifissione. Il costato aperto, era il colpo di lancia portato al Figlio Unigenito ; il sonno, la morte di croce ; il sangue e l'acqua, la fecondità del battesimo (Gv 19,34)... L'acqua e il sangue però che sgorgarono dal fianco del Salvatore sono all'origine del mondo secondo lo Spirito.
Adamo non ha sofferto per il prelievo fatto nella sua carne ; ciò che gli era stato rubato, gli è stato reso, trasfigurato dalla bellezza. Il soffio dei venti, il mormorio degli alberi, il canto degli uccelli chiamavano i fidanzati : « Alzatevi, avete dormito abbastanza ! Vi aspetta la festa nuziale » ... Accanto a lui, Adamo visse Eva, che era sua carne e sue ossa, sua figlia, sua sorella, sua sposa. Si alzarono, avvolti di un vestito di luce, nel giorno che sorrideva loro. Erano nel Paradiso.
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Sabato 26 Febbraio 2011
Sabato della VII settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mc 10,13-16
Meditazione del giorno Santa Teresa del Bambin Gesù (1873-1897), carmelitana, dottore della Chiesa Scritto autobiografico C
« Lasciate che i bambini vengano a me »
Lei lo sa, Madre, ho sempre desiderato essere una santa, ma ahimè, ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c'è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli, e il granello di sabbia oscura calpestata sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità; diventare più grande mi è impossibile, debbo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in Cielo per una via ben diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova.
Siamo in un secolo d'invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch'io trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole pronunciate dalla Sapienza eterna: «Se qualcuno è piccolissimo, venga a me» (Pr 9,4).
Allora sono venuta, pensando di aver trovato quello che cercavo, e per sapere, o mio Dio, quello che voi fareste al piccolissimo che rispondesse al vostro appello, ho continuato le mie ricerche, ed ecco ciò che ho trovato: «Come una madre carezza il suo bimbo, così vi consolerò, vi porterò sul mio cuore, e vi terrò sulle mie ginocchia!» (Is 66,13). Ah, mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia, l'ascensore che deve innalzarmi fino al Cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più. Dio mio, avete superato la mia speranza, ed io voglio cantare le vostre misericordie.
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