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De: Enzo Claudio (Mensaje original) |
Enviado: 30/11/2009 17:03 |
Un brano di Raoul Follereau definito l'Apostolo dei lebbrosi:
Che strano traffico con il buon Dio! Signore, dammi questo! Signore, concedimi questo! Signore, guariscimi!
Come se Dio non conoscesse, molto più di noi, quello che ci abbisogna.
Un piccino suggerisce forse alla mamma: "Preparami quella pappa" ?
Un malato al suo dottore: "Mi prescriva quella medicina" ?
Chi può assicurarci se quel che ci manca non sia peggiore di quel che abbiamo ?
Allora, tentiamo soltanto questa preghiera:
"Signore, non cessare di amarci, mai"
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Lunedì 12 Aprile 2010
Lunedì della II settimana di Pasqua : Jn 3,1-8Meditazione del giorno San Serafino di Sarov (1759-1833), monaco russo Colloqui con Motovilov
« Nascere da acqua e da Spirito »
Il giorno di Pentecoste, il Signore mandò solennemente lo Spirito Santo con un rombo di tempesta... Questa grazia folgorante dello Spirito Santo è stata conferita a noi tutti, fedeli di Cristo, nel sacramento del battesimo. Essa è stata sigillata dalla cresima, l'unzione fatta con il sacro crisma sulle membra principali del nostro corpo... Si dice : « Il sigillo del dono dello Spirito ». Ora, dove apponiamo i nostri sigilli, se non sui recipienti il cui contenuto è particolarmente prezioso ? E cosa c'è di più prezioso al mondo, e di più sacro, dei doni dello Spirito Santo mandati dall'alto durante il sacramento del battesimo ?
Questa grazia battesimale è così grande, così importante, così vivificante per l'uomo, da non poter essergli tolta, anche se diventasse eretico, fino alla morte, cioè al termine della sua prova temporanea fissata dalla Provvidenza affinché egli abbia una possibilità di raddrizzarsi... Quando un peccatore, ricondotto alla vita dalla sapienza divina sempre in cerca della nostra salvezza, si è deciso di volgersi verso Dio per sfuggire alla perdizione, deve seguire la via del pentimento... e sforzarsi, operando nel nome di Cristo, di acquistare lo Spirito Santo, il quale, dentro di noi, prepara il Regno di Dio.
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Martedì 13 Aprile 2010
Martedì della II settimana di Pasqua : Jn 3,7-15Meditazione del giorno Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein] (1891-1942), carmelitana, martire, compatrona d'Europa Poesia Pentecoste 1942
« Non sai di dove viene e dove va »
Chi sei, dolce luce che mi colmi e illumini le tenebre del mio cuore ? Mi guidi come la mano di una madre, e se mi lasciassi, non potrei fare un solo passo di più. Sei lo spazio che avvolge il mio essere e lo mette al tuo riparo. Se fosse abbandonato da te, sprofondarebbe nell'abisso del non essere, dal quale l'hai tirato per sollevarlo verso la luce. Tu, più vicino a me di me stessa, più intimo dell'intimo della mia anima, e tuttavia inafferrabile e ineffabile, al di sopra di ogni nome, Spirito Santo, Amore eterno
Non sei forse la dolce manna che dal cuore del Figlio trabocca nel mio cuore, cibo degli angeli e dei beati ? Lui che si è rialzato dalla morte alla vita ha svegliato anche me dal sonno della morte per una vita nuova. E giorno dopo giorno continua a darmi una vita nuova, la cui pienezza, un giorno, mi inonderà interamente, vita nata dalla tua vita, si, te stesso, Spirito Santo, Vita eterna !
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Mercoledì 14 Aprile 2010
Mercoledì della II settimana di Pasqua : Jn 3,16-21Meditazione del giorno Clemente d'Alessandria (150-circa 215), teologo Il Pedagogo 1, 6 ; SC 70, 207-211
« Chi opera la verità viene alla luce »
Battezzati, veniamo illuminati ; illuminati, siamo adottati come figli ; adottati, siamo condotti alla perfezione ; perfetti, siamo resi immortali. « Io ho detto, dice, voi sete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo ! » (Sal 81, 6 ; cfr Gv 10, 34)
Il battesimo è chiamato con diversi nomi : grazia, illuminazione, perfezione, lavacro. Lavacro perché per suo mezzo togliamo i peccati. Grazia, con cui vengono rimesse le pene dovute ai peccati. Illuminazione, che ci fa guardare alla santa e salvifica luce che è Dio. Diciamo poi che è perfetto quello a cui non manca niente. Sarebbe davvero assurdo dire che la grazia di Dio non sia perfetta e completa in tutti i sensi : Colui che è perfetto può dare solo cose perfette...
Chi è rigenerato e illuminato, come indica la stessa parola, è immediatamente liberato dalle tenebre e nello stesso momento riceve la luce... Tolti i nostri peccati che coprivano lo Spirito divino come una nuvola, l'occhio del nostro spirito liberato, viene allo scoperto, luminoso, quell'occhio che solo può farci contemplare le cose divine.
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Giovedì 15 Aprile 2010
Giovedì della II settimana di Pasqua : Jn 3,31-36Meditazione del giorno Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa Confessioni XI, 2.3
« Colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura »
Dio mio, luce dei ciechi e virtù dei deboli, e anche luce dei veggenti e virtù dei forti ; volgi la tua attenzione sulla mia anima e ascolta chi grida dall'abisso (Sal 29, 1). Se non fossero presenti anche nell'abisso le tue orecchie, dove ci volgeremmo ? A chi grideremmo ?
« Tuo è il giorno e tua la notte » (Sal 73, 16), al tuo cenno trasvolano gli istanti. Concedimene un tratto per le mie meditazioni sui segreti della tua legge, non chiuderla a chi bussa (Mt 7, 7). Non senza uno scopo, certo, facesti scrivere tante pagine di fitto mistero ; né mancano, quelle foreste, dei loro cervi (Sal 28, 9), che vi si rifugiano e ristorano, vi spaziano e pascolano, vi si adagiano e ruminano. O Signore, compi la tua opera in me, rivelandomele.
Ecco, la tua voce è la mia gioia, la tua voce una voluttà superiore a tutte le altre. Dammi ciò che amo. Perché io amo, e tu mi hai dato di amare. Non abbandonare i tuoi doni, non trascurare la tua erba assetata. Ti confesserò quanto scoprirò nei tuoi libri. Oh, « udire la voce della tua lode » (Sal 25, 7), abbeverarsi di te, contemplare le meraviglie della tua legge (Sal 118, 18) fin dall'inizio, quando creasti il cielo e la terra, e fino al regno eterno con te nella tua santa città.
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Venerdì 16 Aprile 2010
Venerdì della II settimana di Pasqua : Jn 6,1-15Meditazione del giorno Giovanni Paolo II Lettera apostolica per l'Anno dell'Eucaristia : Mane nobiscum domine, § 15-16
« Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie li distribuì loro »
Non c'è dubbio che la dimensione più evidente dell'Eucaristia sia quella del convito. L'Eucaristia è nata, la sera del Giovedì Santo, nel contesto della cena pasquale. Essa pertanto porta inscritto nella sua struttura il senso della convivialità: «Prendete e mangiate... Poi prese il calice e... lo diede loro dicendo: Bevetene tutti...» (Mt 26, 26.27). Questo aspetto ben esprime il rapporto di comunione che Dio vuole stabilire con noi e che noi stessi dobbiamo sviluppare vicendevolmente.
Non si può tuttavia dimenticare che il convito eucaristico ha anche un senso profondamente e primariamente sacrificale. In esso Cristo ripresenta a noi il sacrificio attuato una volta per tutte sul Golgota. Pur essendo presente in esso da risorto, Egli porta i segni della sua passione, di cui ogni Santa Messa è «memoriale», come la Liturgia ci ricorda con l'acclamazione dopo la consacrazione: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione...». Al tempo stesso, mentre attualizza il passato, l'Eucaristia ci proietta verso il futuro dell'ultima venuta di Cristo, al termine della storia. Questo aspetto «escatologico» dà al Sacramento eucaristico un dinamismo coinvolgente, che infonde al cammino cristiano il passo della speranza.
Tutte queste dimensioni dell'Eucaristia si rannodano in un aspetto che più di tutti mette alla prova la nostra fede: è il mistero della presenza «reale». Con tutta la tradizione della Chiesa, noi crediamo che, sotto le specie eucaristiche, è realmente presente Gesù... Proprio la sua presenza dà alle altre dimensioni — di convito, di memoriale della Pasqua, di anticipazione escatologica — un significato che va ben al di là di un puro simbolismo. L'Eucaristia è mistero di presenza, per mezzo del quale si realizza in modo sommo la promessa di Gesù di restare con noi fino alla fine del mondo.
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Sabato 17 Aprile 2010
Sabato della II settimana di Pasqua : Jn 6,16-21Meditazione del giorno San Pietro Crisologo (circa 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chiesa Discorsi 50, 1.2.3 ; PL 52, 339-340
« Subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti »
Cristo sale su una barca : non è forse stato lui ad aver messo in secca il letto del mare, dopo aver respinto le sue acque, affinché Israele camminasse sull'asciutto in mezzo al mare, come in una valle (Es 14, 29) ? Non è forse stato lui ad aver rassodato sotto i piedi di Pietro, le onde del mare, affinché l'acqua fosse sotto i suoi passi un cammino saldo e sicuro (Mt 14, 29) ?
Sale sulla barca. Per attraversare il mare di questo mondo fino alla fine dei tempi, Cristo sale sulla barca della sua Chiesa per condurre in una traversata tranquilla, quanti credono in lui, fino alla patria del cielo, e fare di coloro con i quali egli è in comunione nella sua umanità, i cittadini del suo Regno. Cristo, certo, non ha bisogno della barca ; invece la barca ha bisogno di Cristo. Infatti, senza questo pilota celeste, la barca della Chiesa, agitata dalle onde, non giungerebbe mai al porto.
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Dpmenica 18 Aprile 2010
III Domenica di Pasqua - Anno C : Jn 21,1-19Meditazione del giorno Giovanni Paolo II Omelia a Pariggi 30/05/80 (© Libreria Editrice Vaticana)
« Mi ami-tu ? »
«Ami tu»?... «Mi ami tu»? Per sempre, fino alla fine della sua vita, Pietro doveva avanzare sul cammino, accompagnato da questa triplice domanda: «Mi ami tu?». E avrebbe misurato tutte le sue attività sulla risposta che aveva allora dato. Quando fu convocato davanti al sinedrio. Quando fu messo in prigione a Gerusalemme, prigione dalla quale non doveva uscire... e dalla quale tuttavia uscì. E... ad Antiochia, e poi più lontano ancora, da Antiochia a Roma. E quando a Roma ebbe perseverato fino alla fine dei suoi giorni, conobbe la forza di quelle parole secondo le quali un Altro lo avrebbe condotto dove egli non voleva... E sapeva anche che, grazie alla forza di quelle parole, la Chiesa era assidua «nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere»... e che «il Signore aggiungeva ogni giorno alla comunità quelli che erano salvati» (At 2,42.48)...
Pietro non può mai staccarsi da questa domanda: «Mi ami tu?». Egli la porta con sé ovunque vada. La porta attraverso i secoli, attraverso le generazioni. Nel mezzo di popoli nuovi e di nuove nazioni. Attraverso lingue e razze sempre nuove. La porta lui solo, e tuttavia non è più solo. Altri la portano con lui... Ci sono stati, ci sono molti uomini e donne che hanno saputo e che sanno ancora oggi che tutta la loro vita ha valore e significato solo ed esclusivamente nella misura in cui essa è una risposta alla medesima domanda: «Ami tu? Mi ami tu?» Essi hanno dato, e danno la loro risposta in maniera totale e perfetta - una risposta eroica - o talora in maniera comune, ordinaria. Ma in ogni caso essi sanno che la loro vita, la vita umana in generale, ha valore e significato nella misura in cui è la risposta a questa domanda: «Ami tu?» Solo grazie a questa domanda la vita vale la pena di essere vissuta.
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Lunedì 19 Aprile 2010
Lunedì della III settimana di Pasqua : Jn 6,22-29Meditazione del giorno Beato Henri Suso (circa 1295-1366), domenicano Vita, cap. 50
Alla ricerca di Gesù
A proposito della domanda: «Che cos'è Dio?», tutti i maestri che sono esistiti fino ad oggi non hanno potuto spiegarlo; Egli infatti è al di là di ogni pensiero e di ogni intelletto. Eppure, un uomo zelante che cerca con perizia una qualche conoscenza di Dio, vi riesce, anche se in un modo molto lontano... In questo modo l'hanno cercato alcuni maestri pagani virtuosi di un tempo, in particolare Aristotele. Egli ha scrutato il corso della natura...; ha cercato con ardore e ha trovato. Ha dedotto dalla natura che doveva necessariamente esistere un unico sovrano, Signore di tutte le creature, e questo noi chiamiamo Dio...
L'essere di Dio è una sostanza così spirituale che l'occhio mortale non può contemplarla in sé stessa; possiamo invece vederla nelle sue opere. Come dice San Paolo, le creature sono uno specchio che riflette Dio (Rm 1,20). Rimaniamo lì un istante...; guarda al di sopra di te e intorno a te, quanto il cielo è vasto e alto nella sua corsa rapida, con quale nobiltà il suo Signore l'ha agghindato di sette pianeti e come è stato adornato di una moltitudine de stelle. Quando, d'estate, il sole brilla gioiosamente e senza nuvole, quanti frutti, quanti benefici esso apporta alla terra! Come i prati sono di un bel verde, come i fiori sono ridenti, come risuona nel bosco e nella campagna il dolce canto degli uccelli, e tutti gli animali che si erano nascosti durante il duro inverno, si affrettano fuori e si rallegrano! Come, fra gli uomini, giovani e anziani si mostrano gioiosi di quella gioia che porta loro tanta felicità. O Dio, se sei tanto amabile nelle tue creature, quanto devi essere bello e amabile in te stesso!
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Martedì 20 Aprile 2010
Martedì della III settimana di Pasqua : Jn 6,30-35Meditazione del giorno San Giustino (circa 100 -160), filosofo, martire Prima Apologia, 67.66 ; PG 6, 427-431
«Il pane del cielo, quello vero »
Nel giorno chiamato "del Sole" [la domenica] ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: "Amen".
Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato. Infatti noi li prendiamo non come pane comune e bevanda comune; ma come Gesù Cristo, il nostro Salvatore incarnatosi, per la parola di Dio, prese carne e sangue per la nostra salvezza, così abbiamo appreso che anche quel nutrimento, consacrato con la preghiera che contiene la parola di Lui stesso e di cui si nutrono il nostro sangue e la nostra carne per trasformazione, è carne e sangue di quel Gesù incarnato. Infatti gli Apostoli, nelle loro memorie chiamate vangeli, tramandarono che fu loro lasciato questo comando da Gesù, il quale prese il pane e rese grazie dicendo: "Fate questo in memoria di me, questo è il mio corpo". E parimenti, preso il calice e rese grazie disse: "Questo è il mio sangue"; e ne distribuì soltanto a loro (Mt 26,26s; 1 Cor 11,23s)... Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti.
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Mercoledì 21 Aprile 2010
Mercoledì della III settimana di Pasqua : Jn 6,35-40Meditazione del giorno Beato Giovanni XXIII (1881-1963), papa OR 20/09/59
« Chi viene a me non avrà più fame »
Il problema economico costituisce l'incognita terribile della nostra epoca. Il problema del pane quotidiano, del benessere, è l'incertezza angosciosa che ci opprime in mezzo alle folle agitate ed insoddisfatte, ed a volte, purtroppo, affamate. è per noi un dovere unire i nostri sforzi, fare i sacrifici necessari secondo la dottrina cattolica nata dal Vangelo e le istruzioni chiare e solenni della Chiesa, per contribuire alla ricerca di una soluzione giusta per tutti. Ma invano ci sforzeremo di riempire di pane gli stomaci e di soddisfare gli altri desideri, a volte sfrenati, se non riusciremo a nutrire le anime col pane di vita, pane vero, sostanziale, divino ; a nutrirle cioè di Cristo, del quale hanno fame e per mezzo del quale soltanto, si potrà riprendere il cammino « fino al monte di Dio » (1 Re 19, 8).
Invano chiederemo agli economisti e ai legislatori nuove forme di vita sociale, se sottraiamo agli occhi del popolo, il sorriso dolce e materno di Maria, le cui braccia sono aperte per accogliere tutti i suoi figli. Sul suo seno, la superbia si abbassa, i cuori si placano nella santa poesia della pace cristiana e dell'amore. Congiungiamo i nostri sforzi affinché non siano mai separati dal cuore dell'uomo ciò che Dio, nella dottrina cattolica e nella storia del mondo, ha così meravigliosamente unito : l'eucaristia e la Vergine.
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Giovedì 22 Aprile 2010
Giovedì della III settimana di Pasqua : Jn 6,44-51Meditazione del giorno San Pier Damiani (1007-1072), eremita poi vescovo, dottore della Chiesa Discorsi, 45 ; PL 144,743 et 747
« Questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia »
La Vergine Maria ha dato alla luce Gesù Cristo, l'ha riscaldato nelle sue braccia, l'ha avvolto in fasce e l'ha circondato di cure materne. è proprio lo stesso Gesù di cui riceviamo ora il corpo e beviamo il sangue redentore nel sacramento dell'altare. Questo ritiene vero la fede cattolica, questo insegna fedelmente la Chiesa.
Nessuna lingua umana potrà mai glorificare abbastanza colei dalla quale ha preso carne, lo sappiamo, « il mediatore fra Dio e gli uomini » (1 Tm 2,5). Nessun omaggio umano è all'altezza di colei il cui grembo purissimo ha dato il frutto che è il cibo delle nostre anime : colui, in altri termini, che rende testimonianza a se stesso con le parole : « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno ». Infatti, noi che eravamo stati cacciati dal paradiso di delizie a causa di un cibo, per mezzo di un cibo ritroviamo le gioie del paradiso. Eva ha preso un cibo, e siamo stati condannati a un digiuno eterno ; Maria ha dato un cibo, e la porta del banchetto del cielo ci è stata aperta.
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Venerdì 23 Aprile 2010
Venerdì della III settimana di Pasqua : Jn 6,52-59Meditazione del giorno San [Padre] Pio di Pietrelcina (1887-1968), cappuccino Lettere di Padre Pio, Vicenza 1969, p.55
« Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna »
– Padre, quanto indegno di fare la comunione mi sento ! Ne sono veramente indegno !
Risposta : – è vero. Non siamo degni di un tale dono ; ma una cosa è prenderne parte indegnamente in stato di peccato, tutt'altra cosa è non esserne degni. Tutti ne siamo indegni ; ma è Gesù ad invitarci, è lui a desiderarlo. Siamo dunque umili e riceviamolo col cuore pieno di amore.
– Padre, perché piange quando si comunica ?
Risposta : – Se la Chiesa ha lanciato questo grido : « Egli non disdegnò il seno della Vergine », parlando dell'incarnazione del Verbo nel seno dell'Immacolata, cosa dire di noi che siamo peccatori ? Ma Cristo ha detto : « Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete in voi la vita ». Per cui, avviciniamo alla mensa della comunione con molto amore e grande rispetto. Che tutta la giornata serva, dapprima a prepararci ad essa, poi a rendere grazie.
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Sabato 24 Aprile 2010
Sabato della III settimana di Pasqua : Jn 6,60-69Meditazione del giorno San Girolamo (347-420), sacerdote, traduttore della Bibbia, dottore della Chiesa Lettera 53 a Paolino
« Le parole che vi ho dette sono spirito e vita »
Leggiamo le Sante Scritture : secondo me, il Vangelo è il corpo di Gesù, le Sante Scritture sono la sua dottrina. Certamente, la parola « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue » trova tutta la sua attuazione nel mistero eucaristico ; ma il vero corpo di Cristo e il suo vero sangue sono anche la parola delle Scritture, la dottrina divina. Quando ci avviciniamo ai santi misteri, se un frammento viene a cadere per terra, siamo inquieti. Quando ascoltiamo la parola di Dio, se pensiamo a qualcos'altro mentre essa entra nei nostri orecchi, quanta responsabilità ne abbiamo !
La carne del Signore essendo vero cibo e il suo sangue vera bevanda, il nostro unico bene è mangiare la sua carne e bere il suo sangue, non soltanto nel mistero eucaristico, ma anche nella lettura della Scrittura.
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Domenica 25 Aprile 2010
IV Domenica di Pasqua - Anno C : Jn 10,27-30Meditazione del giorno Basilio di Seleucia ( ?-circa 468), vescovo Discorsi, 26, 2 ; PG 85, 299-308
« Io sono il buon pastore » (Gv 10,11)
Abele, il primo pastore provocò l'ammirazione del Signore che accolse volentieri il suo sacrificio e gradì il donatore più ancora del dono che egli gli stava facendo (Gen 4, 4). La Scrittura approva anche Giacobbe, pastore dei greggi di Laban, notando quanto egli si era preso cura di essi : « Di giorno mi divorava il caldo e di notte il gelo » (Gen 31, 40). E Dio ricompensò quell'uomo del suo lavoro. Anche Mosè fu pastore, sui monti di Madian, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio, piuttosto che conoscere i piaceri [nel palazzo di Faraone]. Dio, ammirando questa sua scelta, si lasciò vedere da lui, in compenso (Es 3, 2). E dopo la visione, Mosè non abbandona la sua responsabilità di pastore, ma con il suo bastone, comanda agli elementi (Es 14, 16) e pasce il popolo d'Israele. Anche Davide fu pastore, ma il suo bastone diventò scettro regale ed egli ricevette la corona. Non stupirti che tutti questi buoni pastori siano così vicini a Dio. Il Signore stesso non si vergogna di essere chiamato « pastore » (Sal 22 ; 79). Dio non si vergogna di pascere gli uomini, e nemmeno di averli creati.
Ma guardiamo ora il nostro pastore, Cristo ; guardiamo il suo amore per gli uomini e la sua mansuetudine nel condurli ai pascoli. Gioisce delle pecore che lo circondano e cerca quelle che si smarriscono. Né monti, né foreste gli sono di ostacolo ; corre nella valle dell'ombra per giungere al luogo dove si trova la pecora smarrita... Fu visto negli inferi per dare il segnale del ritorno ; per questa via si prepara a stringere amicizia con le pecore. Ora, ama Cristo chi accoglie con attenzione le sue parole.
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Lunedì 26 Aprile 2010
Lunedì della IV settimana di Pasqua : Jn 10,1-10Meditazione del giorno Teodoro di Mopsuestia ( ?-428), vescovo di Mopsuestia in Cilicia e teologo / Commento su Giovanni ; CSCO 115-116
« Chi entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce »
Il guardiano di questo ovile, è il beato Mosè, che lo stabilì sui precetti della Legge per permettere a coloro che conducono la loro esistenza secondo queste norme di vivervi al sicuro. Il pastore... conduce gli uomini come delle pecore ai pascoli della retta dottrina, mostrando loro il cibo delle parole, quelle di cui devono nutrirsi prima, quelle di cui devono nutrirsi dopo. Mostra loro quale è il senso profondo di queste parole, come occorre capire le Scritture, e anche da quali dottrine ci si deve allontanare, dottrine che altri forse insegneranno per ingannarli, per la dispersione delle pecore...
«Ricerchiamo dunque, dice il Signore ai farisei, chi, di voi o di me, entra per la porta prescritta dalla Legge, chi compie con zelo i precetti della Legge, a chi Mosè, guardiano dell'ovile, apre veramente la porta, a chi concede lode e onore a motivo delle sue opere, chi viene dichiarato vero pastore. Se nel suo libro Mosè fa l'elogio di chi compie le precetti della Legge, certamente il compimento di questi precetti non si trova in voi bensì in me...
«Senza fare nulla di ciò che è utile alle pecore, ricercate solo il vostro vantaggio. Per questo motivo, non avete nessuna autorità per cacciare qualcuno... Io, a buon diritto e a giusto titolo, sono chiamato pastore, poiché prima ho osservato la Legge con cura; poi sono entrato per la porta prescritta dalla Legge, che mi è stata mostrata dal guardiano in persona; in fine ho compiuto con zelo quanto occorre fare per il bene delle pecore.»
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