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VESICA PISCIS=JUAN 21:11 = SEXO MASCULINO (ULTRA SECRETO "MASONICO" DETRAS DE LA MISA CATOLICA)
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Nebulosa Ojo de Gato
De Wikipedia, la enciclopedia libre
Nebulosa Ojo de Gato |
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SABIDURIA=SABADO=LETRA S=$
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LA DEMONIZACION DEL DINERO OBVIAMENTE TAMBIEN TIENE ORIGEN EN LA DEMONIZACION DEL ACTO SEXUAL.
SON LAS DOS CARAS DE LA MISMA MONEDA.
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53. Mateo 19:24: Otra vez os digo, que es más fácil pasar un CAMELLO por el ojo de una aguja, que entrar un rico en el reino de Dios.
54. Mateo 23:24: ¡Guías ciegos, que coláis el mosquito, y tragáis el CAMELLO!
53. Mateo 19:24: Otra vez os digo, que es más fácil pasar un CAMELLO por el ojo de una aguja, que entrar un rico en el reino de Dios.
54. Mateo 23:24: ¡Guías ciegos, que coláis el mosquito, y tragáis el CAMELLO!
JAVIER MILEI Y SU VISIÓN SOBRE EL RESENTIMIENTO DE LOS SOCIALISTAS
6 junio, 2017
El economista Javier Milei fue entrevistada por el diario La Nación en el marco de las entrevistas grabadas en video que lleva adelante el prestigioso matutino.
Dijo Milei “Fijate que en los últimos 40 años Argentina duplicó el tamaño del sector público con esta historia de la justicia social y la re distribución del ingreso”.
“La justicia social es una farsa. No hay nada más injusto que la justicia social, porque en realidad re distribuir el ingreso es un acto violento. Es un castigo al exitoso. Eso penaliza el crecimiento”.
“Suponete que yo tengo dos personas, una que básicamente no tiene más que segundo grado y un día estaba mirando a su mujer, y cuando la ve presta a ir a la cama se dice ‘pero yo tengo que inventar algo para que anden así las mujeres’, entonces inventa la bikini y se llena de plata”.
“Y al lado tenés otra persona que hizo su maestría, su doctorado, su post doctorado y se dedica a estudiar la patita trasera izquierda de las moscas”.
“Evidentemente el mercado ¿Que es lo que hace? El mercado premia a quien satisface mejor las necesidades de su prójimo. En un contexto que se relaciona con la escasez. Cuanto vos más exitoso sos en satisfacer las necesidades de tu prójimo, el mercado te premia y te llena de plata”.
“Entonces vos te encontrás con que el que inventó la bikini está lleno de plata y el otro que se mató estudiando está en una situación pobre, por decirlo de alguna manera”.
“Supongamos que el hombre de las bikinis tiene dos autos y el otro señor no tiene ninguno. Entonces se siente profundamente resentido porque mirá todo lo que estudió y no tiene auto y el otro tiene dos autos. Entonces ¿De que forma puede lograr para hacerse de un auto? La primera es buscar algo que satisfaga el mercado y de esa manera conseguir tener un auto”.
“Sin embargo hay otros mecanismos. Uno es ir y robarle una auto. Pero claro, eso es muy feo, ¿entonces que hace? Va y llama al matón del barrio para que lo intimide al hombre que inventó los bikinis para que le de un auto a él”.
“Entonces se siente tranquilo. La famosa re distribución del ingreso. La re distribución de la riqueza. Es decir un acto violento. Es una acto violento donde se castiga al exitoso y se premia el envidioso. Y cuando una economía entra en eso, que es básicamente la idea de la justicia social y el populismo te hundís. Y eso es lo que pasó en la economía argentina”.
“Vos tenés que se duplicó el tamaño del sector público en el PBI y el número de pobres se multiplicó por seis. Entonces cuando vos castigás al exitoso se castiga al proceso de acumulación de capital y ¿Sabés a quien termina perjudicando más? A los más vulnerables porque esos son los que no tienen capital. Y que necesitan del capital para ser más productivos y tener mejores salarios. Entonces la re distribución del ingreso lo único que hace es castigar a los más vulnerables”. Concluyó el economista Javier Milei.
http://infofarandula.com/javier-milei-socialistas/
EL RELATO BANANERO PARA LA "GILADA".
ENVIDIA, ENVIDIA, ENVIDIA O LA MISMA RELIGION DE JUDAS QUE QUIZO VENDER EL PERFUME MUY CARO, PARA DARLE A LOS POBRES, CON EL CUAL MAGDALENA UNGIO LOS PIES DE CRISTO EN BETANIA.
EL DIEZMO BIBLICO EN LA BIBLIA NO ES PROGRESIVO, OSEA QUE EL QUE DESDE EL QUE TIENE CIEN MIL MILLONES DE DOLARES HASTA EL POBRE, PAGA EL 10%. CONCRETAMENTE EL TODOPODEROSO NO ESTIMULO EL SOCIALISMO PROGRESIVO (EL QUE MAS TIENE MAS PAGA). OBVIAMENTE QUE UNO TIENE QUE AYUDAR AL POBRE, PERO ES UNO, NO EL ESTADO, PORQUE GENERA EL POPULISMO Y EL FEUDALISMO. EL QUE TIENE MAS, POR MEDIO DE LA OFRENDA, PUEDE AYUDAR OBVIAMENTE CON MAS DINERO, PERO PRETENDER DEMONIZAR AL RICO, EN FUNCION A LOS POBRES, ES POPULISMO BANANERO QUE TIENE ORIGEN EN LA ENVIDIA.
TODOS LOS VIVOS SON SOCIALISTAS CON LA PLATA DE OTRO.
¿CASUALIDAD O CAUSALIDAD?
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Venezia insolita
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(di Marisa Uberti) |
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III parte
Due passi attraverso i sestieri e cose insolite
Bellissimo passeggiare lungo la Riva degli Schiavoni, dove siamo approdati dopo aver preso un battello sulla sponda opposta. Questa prende il nome dal fatto che mercanti dalmati approdavano qui per commerciare (la Dalmazia era detta Schiavonia). Mentre si prosegue verso il sestiere Castello, ci si accorgerà che la gente comincia a diminuire, il paesaggio muta, si allarga, di fronte solo mare aperto e qualche isola in lontananza. Questo sestiere è l'unico a non affacciarsi sul Canal Grande. Dopo aver superato larghi e bianchi ponti, ci si ritrova in via Garibaldi, sulla quale si aprono stretti vicoletti. Nei pressi si incontra il Museo Storico Navale e, un po' più avanti, gli storici giardini dove ha sede la Biennale dell'Arte di Venezia (Esposizione Internazionale d'Arte Moderna). Questo sestiere è il più grande della città e quello posto più a est, una sorta di 'coda'. Proprio qui aveva sede nel medioevo il Castello (donde il nome del sestiere stesso), che sorgeva sulla limitrofa isola Olivolo (dal fatto che c'erano molti oliveti), oggi San Pietro in Castello. Qui vi sorgeva l'antica chiesa omonima, che fu basilica di Venezia (fino al 1807) prima di quella di san Marco. Un edificio quindi della massima importanza, oggi decaduto.
Da vedere la zona dell'Arsenale, nel Campo omonimo, ideato in parte dal Sansovino. Un bel ponte ligneo collega le sponde; l'edificio fortificato, oggi è sede della Marina Militare alla cui guardia, all'esterno, stanno due giganteschi leoni, uno accucciato e uno seduto, e varie statue. Nel medioevo l'Arsenale (noto fin dal 1100) era il punto nevralgico della potenza veneziana, dove si costruivano le potenti flotte navali e considerato il punto vitale della Serenissima, un vero centro strategico.
Nel sestiere si trovano numerosissime chiese (almeno 18). Impossibile visitarle tutte, chiaramente; pertanto segnaliamo quelle che abbiamo visto e cioè:la chiesa di San Giovanni in Bragora, che secondo alcuni studi sarebbe stata gestita dai Templari, e poi passata ai Giovanniti. All'esterno, molto semplice, si trova un fiore a quattro petali (anche una croce). La chiesa ha origini ben più datate, pare all'VIII secolo ad opera di San Magno ed è dedicata a San Giovanni Battista, dove -secondo una tradizione- sarebbero state portate le sue spoglie. L'etimo 'bragora' non si sa cosa significhi esattamente nel caso in questione. All'interno -che non conserva più alcuno stile medievale- accoglie tele di artisti importanti, tra cui un Battesimo di Cristo di Cima da Conegliano (1492-1494). Sulle orme dei Templari e dei Giovanniti, arriviamo alla Chiesa Priorale, dell'Ordine di Malta (poco più avanti c'è la farmacia 'alla Croce di Malta'), sulle cui origini c'è mistero e c'è pura scarsità di notizie su come fosse al tempo dell'insediamento dei Giovanniti. Numerose sono invece le notizie successive, così come i rimaneggiamenti che la chiesa ha subito nel corso del tempo. Era arricchita di pregevoli opere di illustri pittori ma, con la soppressione napoleonica, fu spogliata dei suoi quadri e dei suoi altari e destinata a magazzino di barche. Venne successivamente restaurata al culto.
Proseguendo la perlustrazione, ci si imbatte in un'enorme chiesa, visibilmente abbandonata, che risulta essere quella di san Lorenzo, una delle più antiche di Venezia, risalendo al VI secolo. Vi era il monastero femminile delle benedettine, accanto.
Senz'altro superba e di primaria importanza è la chiesa domenicana dei SS. Giovanni e Paolo (detta anche San Zanipolo), che è anche un sacrario, poichè vi si trovano molti sepolcri dei Dogi veneziani, i quali hanno tutti delle tombe fastose, a tratti anche tracotanti. Una bellissima scultura, situata in una delle cappelle absidali, rappresenta una donna seduta, pensosa, che regge uno specchio. Andando a vedere cosa vi si riflette, abbiamo avuto un brivido:la Morte. La sua.
Si conserva anche un piede di Santa Caterina da Siena, in una teca di vetro.
La chiesa dei SS. Giovanni e Paolo è, insieme a quella dei Frari, seconda solo a San Marco; all'esterno, nella parte bassa, si vedono caratteri gotico -bizantini (forse del XIII secolo); vi sono diversi sarcofagi riportanti croci patenti, e sulla facciata delle curiose quadruplici cinte, il cui significato al momento sfugge. Un'antica porta, oggi murata e di cui rimane soltanto l'architrave e gli stipiti, è ancora visibile sul lato di destra.
Nella piazza prospetta la statua equestre al condottiero bergamasco Bartolomeo Colleoni, omaggiato dalla Serenissima per il servizio che egli prestò, e la scenografica Scuola Grande di San Marco,oggi adibita ad Ospedale Civile (la facciata si scambia per una chiesa). All'interno, in una sezione apposita, a parte del nosocomio, si può ammirare (ma solo in particolari occasioni) la Biblioteca, mentre la cappella dell'ospedale, ovvero la chiesa di San Lazzaro dei Mendicanti, dove si ammira un'opera del Tintoretto (prima maniera) e una di Paolo Veronese, è aperta tutti i giorni al mattino.
Prendendo a sinistra del Campo SS. Giovanni e Paolo giungiamo alla bella chiesa di Santa Maria Formosa. Alla base c'è una tradizione che narra di un'apparizione mariana sotto le sembianze di una donna formosa (prosperosa), e risalirebbe al VII sec. Prima c'era una chiesa precedente. L'edificio attuale mostra le forme tardo-rinascimentali ed ha una particolarità: due facciate. Una affaccia sul rio ed una sul campo omonimo. Questa chiesa era sede di una curiosa cerimonia in antico (durò fino alla soppressione della Repubblica): il doge riceveva in omaggio un cappello di paglia, che gli veniva donato dalla confraternita dei Casselleri che qui avevano sede. Essi erano i fabbricanti della casse nuziali e nel 944 avevano fornito un consistente aiuto in occasione del Ratto degli Slavi, quando cioè degli slavi avevano tentato di rapire delle fanciulle veneziane. I Casselleri sventarono l'attacco e da allora venivano celebrati con la venuta del doge una volta all'anno.
Ritornando sui nostri passi si raggiunge, tra calle e callette, l'ultimo dei sestieri che ci restano da visitare:Cannaregio, cosiddetto per la presenza di fitti canneti. Incontriamo la chiesa di S. Maria dei Miracoli,bell'edificio rinascimentale che all'interno lascia a bocca aperta per via di un mirabile soffitto a cassettoni dove sono incastonati 50 ritratti di santi e profeti.
Immettendosi sulla Strada Nuova (che fu voluta da Napoleone e andò a sostituire il complesso di campi e campielli che vi si trovavano), proseguendo verso l' ovest della città (cioè verso la Stazione Ferroviaria) ci delizieremo tra bazar, negozi, palazzi più o meno antichi, alcuni anche fatiscenti, e le onnipresenti chiese. In Campo S. Sofia non vedremo subito la chiesa omonima, che rimane incastrata tra le case, ma un carugio permette di girarle attorno e ritrovarsi sul davanti. Una parte dell'edificio venne distrutto per far posto alla strada Nuova. Sul Canal Grande prospettano edifici famosi come la Cà d'Oro (1421-1440), un tempo rivestita in facciata del nobile metallo. Prendiamo a destra per dirigerci verso l'estremo Campo della Madonna dell'Orto, dove c'è l'omonima chiesa. Bellissima lo è anche all'esterno, gotico e forse unico esempio a Venezia. Dentro racchiude la tomba di Tintoretto e molte sue opere. Pochi passi e si incontra l'antica chiesa di Sant'Alvise (e l'omonimo campo), il cui sobrio esterno stride con lo sfolgorante sfoggio di colori dell'interno. L'unica navata ha infatti affreschi magnifici e una volta con una curiosa geometria a triplice quadrato concentrico...
Ci accorgiamo che qualcosa è cambiato nuovamente, siamo rimasti soli, la gente non c'è più, perchè qui non viene quasi nessun turista. Ci troviamo sulla sponda più settentrionale della città, vediamo il mare aperto, ma dall'altra parte rispetto alla Punta della Dogana. Abbiamo percorso Venezia da parte a parte, fantastico! Le vie, qui, corrono parallele e a tratti sembra di essere sprofondati nella città fantasma. Ma ci piace! E' intrigante la scoperta di nuovi tasselli di questo mosaico veneziano. Siamo quasi nella zona del Ghetto ebraico, che è il più antico d'Europa perchè a Venezia i Giudei giunsero precocemente. Si notano alcuni simboli ma soprattutto massiccia è la presenza delle sinagoghe (ben cinque) e molto importante è il Museo della Comunità Israelitica, che allestisce oggetti della tradizione ebraica dall'antichità in poi.
Proseguiamo lungo le Fondamenta della Misericordia e arriviamo al Campo dei Mori, più animato. Facciamo la conoscenza di alcune statue abbigliate all'orientale: sono quelle dei fratelli Mastelli, arrivati in città nel 1112 dando vita al Fondaco degli Arabi o Mori. Una leggenda narra che fu S. Maria Maddalena a pietrificarli per la loro cupidigia!
Due passi ancora ed ecco la casa di Tintoretto, con la relativa bottega, che risulta essere tutt'ora funzionante.
Ripreso il cammino verso la Stazione Ferroviaria, superiamo il Ponte delle Guglie, costruito nel 1580 ma rifatto nel 1823, quando furono apposte delle piccole piramidi, o guglie, che danno il nome al ponte, unico ad averle. Giriamo subito a destra perchè dobbiamo visitare l'ultima delle zone di nostro interesse: la più antica porta di terraferma di Venezia. Il movimento di gente anche qui è molto ridotto, rispetto al ponte delle Guglie, molti proseguono verso la Lista di Spagna, mentre noi ci infiliamo in questo settore.
Vogliamo vedere il ponte dei Tre Archi, l'unico a Venezia ad avere, appunto, tre arcate. Nei pressi c'è la chiesa di San Giobbe, purtroppo trovata chiusa, che ha accanto un bel chiostro, ma è interdetto al pubblico (forse per lavori). Lungo la strada incontriamo alcuni residui simboli sugli edifici, alcuni 'sandali del pellegrino', alcuni toponimi che ci fanno supporre come qui potesse trovarsi un luogo di assistenza per i pellegrini medievali.
Una grande chiesa, ormai riadattata, prospetta anche sulla sponda opposta. Non vi sono indicazioni o informazioni sul posto.
Dopo aver raggiunto la punta estrema anche di questo lato di Venezia, dove ha sede l'università, e aver ammirato il paesaggio marittimo nel quale è compreso il ponte ferroviario che si getta sulla terraferma, ritorniamo indietro e riprendiamo Lista di Spagna, affollata di persone. Chi viene, chi va, chi è del posto, tanti individui con le loro storie personali e la loro vivacità. Rumori, suoni, sapori, arrivano ai sensi ma ci estraniamo ancora e andiamo a visitare una delle chiese più enigmatiche di Venezia, spesso trascurata dai passanti. Si trova in Campo S. Maria Maddalena e si tratta del tempio omonimo.
La chiesa della Maddalena è antica, risalendo al XIII secolo (1222), ma fu interamente rifatta nelle forme attuali molti secoli dopo. Risale infatti al 1780 il disegno di Tommaso Temanza, a pianta circolare, che attualmente ammiriamo. Sull'area pare sorgesse già un edificio religioso, appartenente alla famiglia Balbo, che secondo alcune fonti aveva tra le proprie fila un Cavaliere Templare. In origine l'edificio aveva anche un campanile(nato come torre di avvistamento), ma è stato distrutto perchè troppo pericolante. La sua funzione di chiesa parrocchiale cessò nel 1781 e nel 1820 venne chiusa. Attualmente è una chiesa rettoriale dipendente dalla parrocchia di San Marcuola. L'aspetto esterno è molto armonico e quasi severo. Il portale è formato da un alto timpano triangolare sorretto da due lesene binate e capitello ionico.
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EN VENECIA ESTA EL SECRETO
RAMERA=$ =SERPIENTE= SABADO= SABIDURIA= LETRA S= SOPHIA=SNAKE =SERPENT
S=SERPIENTE
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EL FIN DEL CAPITALISMO ES EL HIJO
$=SANTO GRIAL
SIN $, NO HAY HIJO
$= FUTURO
SIN PROPIEDAD PRIVADA NO HAY FAMILIA
SEXO=$=HIJO
EL EGO DE BABILONIA LA RAMERA, NO LE PERMITE ENTENDER EL HIJO
28 DE DICIEMBRE=DIA DE LOS INOCENTES
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Message 27 de 38 de ce thème |
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EL PROBLEMA DE BABILONIA, ES LA ENVIDIA, DEL DINERO AJENO.
¿DE DONDE SACO MARIA MAGDALENA LOS 300 DENARIOS PARA COMPRAR EL PERFUME?
OBVIAMENTE QUE ERA UNA MUJER QUE TENIA DINERO |
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Message 28 de 38 de ce thème |
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BABILONIA LA RAMERA ES SOCIALISTA CON LA PLATA DE OTRO
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Message 29 de 38 de ce thème |
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. Juan 16:21 La mujer cuando da a luz, tiene dolor, porque ha llegado su HORA; pero después que ha dado a luz un niño, ya no se acuerda de la angustia, por el gozo de que haya nacido un hombre en el mundo.
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Message 30 de 38 de ce thème |
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DAN/ DINERO / TRANSFIGURACION DE CRISTO / SERPIENTE / $$$$$$$$
13 HIJOS MAS DINA, LA UNICA HIJA MUJER
JABOB=ISRAEL=VENCEDOR
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Message 31 de 38 de ce thème |
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LA BIBLIA SE ESTUDIA TEXTO Y CONTEXTO O EL MARCO DEL TEXTO. POR ESO LA MAYORIA DE LAS DENOMINACIONES CAEN EN LA MENTIRA DE LA CREENCIA DE QUE CRISTO ES UN DIOS TODOPODEROSO, PORQUE DESGRACIADAMENTE SE BASAN EN UNOS POCOS VERSICULOS NEGANDO EL MARCO DE LA BIBLIA. SI SE ESTUDIARA EL MARCO, OBVIAMENTE EL MUNDO ENTENDERIA DE QUE CRISTO FUE UN HOMBRE 100%, QUE NO TUVO PREEXISTENCIA, CASADO CON UNA MUJER Y OBVIAMENTE CON UN HIJO. EL DRAMA DE BABILONIA ES QUE NO ESTUDIA EL MARCO.
1 Pedro 5:13: La iglesia que está en Babilonia, elegida juntamente con vosotros, y Marcos mi HIJO, os saludan.
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Message 32 de 38 de ce thème |
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SARA=SERPIENTE=$
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Génesis 8:22 Mientras la tierra permanezca, no cesarán la sementera y la siega, el frío y el calor, el verano y el invierno, y el día y la noche. (EL MISMO DISEÑO DEL VATICANO-OCHO PUNTAS-PLAZA DE SAN PEDRO)
DINERO=MUJER=$=SARA
EL PSEUDOCRISTIANISMO LE TIENE PANICO A LA MUJER.
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EN VENECIA ESTA EL SECRETO
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Obviamente que Dios es Dios de vivos..
Puesto que en la fe nadie muere..
Y los patriarcas Abraham, Isaac, Jacob ..
Caminaron por fe..
Dios le cambio el nombre de abram a abraham..
Porque es el primer viviente según el pacto de la circuncisión..
El primer hombre de fe, el padre de naciones..
Y ese pacto de Dios con Abraham sigue vigente hasta hoy..
Porque en la fe de Abraham son salvas todas las naciones..
Y para dejar tranquilo a Barilochense le digo :
Dios también le cambió el nombre a la mujer de Abraham..
De Saraí ( princesa ) pasó a llamarse Sara que significa madre de naciones..
16. Y la bendeciré, y también te daré de ella hijo; sí, la bendeciré, y vendrá a ser madre de naciones; reyes de pueblos vendrán de ella.
Para que no diga que Dios no ama a sus hijas..
Saludos
El Ungido
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Message 33 de 38 de ce thème |
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SARA=SERPIENTE=$=ESPACIO/TIEMPO
DINOSAURIO
DINO / DINA / DIANA / DAN (TRANSFIGURACION DE CRISTO EN EL MONTE HERMON EN LA TRIBU DE DAN)
SAURIO / SAR (PRINCIPE EN HEBREO)
LA TRANSFIGURACION DE CRISTO EN EL MONTE HERMON, CERCA DE CESAREA DE FILIPO
C-SAR ES LA CLAVE DE LA TRASLACION EN EL TIEMPO
NOTEN EL NEXO DE DAN, CON LA SERPIENTE (VENECIA) Y EL CABALLO (PLAZA SAN MARCOS)
Génesis 8:22 Mientras la tierra permanezca, no cesarán la sementera y la siega, el frío y el calor, el verano y el invierno, y el día y la noche. (EL MISMO DISEÑO DEL VATICANO-OCHO PUNTAS-PLAZA DE SAN PEDRO)
DINERO=MUJER=$=SARA
EL PSEUDOCRISTIANISMO LE TIENE PANICO A LA MUJER.
EN VENECIA ESTA EL SECRETO
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Obviamente que Dios es Dios de vivos..
Puesto que en la fe nadie muere..
Y los patriarcas Abraham, Isaac, Jacob ..
Caminaron por fe..
Dios le cambio el nombre de abram a abraham..
Porque es el primer viviente según el pacto de la circuncisión..
El primer hombre de fe, el padre de naciones..
Y ese pacto de Dios con Abraham sigue vigente hasta hoy..
Porque en la fe de Abraham son salvas todas las naciones..
Y para dejar tranquilo a Barilochense le digo :
Dios también le cambió el nombre a la mujer de Abraham..
De Saraí ( princesa ) pasó a llamarse Sara que significa madre de naciones..
16. Y la bendeciré, y también te daré de ella hijo; sí, la bendeciré, y vendrá a ser madre de naciones; reyes de pueblos vendrán de ella.
Para que no diga que Dios no ama a sus hijas..
Saludos
El Ungido
LA CLAVE DEL EXPERIMENTO FILADELFIA
EN VENECIA ESTA EL SECRETO
RAMERA=$ =SERPIENTE= SABADO= SABIDURIA= LETRA S= SOPHIA=SNAKE =SERPENT
S=SERPIENTE
68. Juan 4:10 Respondió Jesús y le dijo: Si conocieras el don de Dios, y quién es el que te dice: Dame de beber; tú le pedirías, y él te daría agua VIVA.
69. Juan 4:11 La mujer le dijo: Señor, no tienes con qué sacarla, y el pozo es hondo. ¿De dónde, pues, tienes el agua VIVA?
70. Juan 7:38 El que cree en mí, como dice la Escritura, de su interior correrán ríos de agua VIVA.
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SAN ROLMEN, EL COMUNISTA, PERO CON LA PLATITA DE OTRO
QUE BUEN RELIGIOSO ES EL AMIGO ROLMEN
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Las parábolas de Jesús enseñan verdades eternas, pero también ofrecen sorprendentes lecciones prácticas, en torno a asuntos mundanos. En el Evangelio según San Mateo (capítulo 25, versos 14-30), encontramos de Jesús la Parábola de los Talentos. Al igual que como todas las parábolas bíblicas, tiene muchas capas de significado. Su esencia cuenta cómo usar el don de la gracia dado por Dios. En lo referente al mundo material, es una historia de acerca del capital, la inversión, la empresariedad y el uso apropiado de los recursos económicos escasos. Constituye una refutación directa de aquellos quienes ven una contradicción entre el éxito en los negocios y vivir una vida Cristiana.
Un hombre rico, quien iba a hacer un largo viaje, llamó a sus tres siervos a que vinieran juntos. Les dijo que serían los encargados de cuidar sus bienes, mientras estuviera afuera. El patrón había valorado cuidadosamente las habilidades naturales de cada uno de los sirvientes. A uno de los siervos le dio cinco talentos, dos a otro y uno al tercero ─a cada uno conforme con su capacidad. Luego, el dueño se fue en su viaje.
Los sirvientes ingresaron a un mundo abierto a la empresa y a la inversión. El primero, quien había recibido cinco talentos, fue a hacer negocios e hizo otros cinco talentos. El siervo que había recibido dos, ganó también otros dos. Pero, el sirviente que había recibido uno fue y cavó en la tierra, y escondió el dinero de su señor.
El dueño regresó para hacer cuentas con ellos. Llegando el que había recibido cinco talentos, lo hizo público. “Mi señor,” dijo él, “usted me confió cinco talentos; ¡vea, he hecho cinco más!
¡Bien hecho, buen y fiel siervo!” respondió el dueño. Sobre poco has sido fiel, sobre mucho te pondré. ¡Entra en el gozo de tu señor!”
Llegando también el que había recibido dos talentos, dijo, “Mi señor, dos talentos me entregaste; aquí tienes, ¡sobre ellos he ganado otros dos talentos! El señor alabó al siervo de una manera similar.
Pero, llegando también el que había recibido un talento, se acercó a su amo. “Mi señor,” dijo él, “te conocía que eras hombre duro; que siegas donde no sembraste y recoges donde no esparciste; por lo cual tuve miedo, y fui y escondí tu talento en la tierra. ¡Aquí tienes lo que es tuyo!”
La respuesta del dueño fue rápida y severa: “¡Siervo malo y perezoso! Sabías que siego donde no sembré y que recojo donde no esparcí; por eso, deberías haber dado mi dinero a los banqueros y, al venir yo, hubiera recibido lo que es mío con los intereses.”
El señor ordenó que le quitaran el talento al sirviente perezoso y que se lo dieran al que tenía los diez talentos. “Porque al que no tiene,” dijo el señor, “aun lo que tiene le será quitado. Al siervo inútil echadle en las tinieblas de afuera; ¡allí será el llanto y el crujir de dientes!”
Esa no es la historia que a menudo escuchamos desde los púlpitos. Nuestros tiempos todavía ensalzan la ética socialista, en donde obtener una ganancia es sospechoso y se desaprueba la empresariedad. Aun así, la historia transmite un significado ético inmediatamente obvio e incluso lecciones más profundas, para entender la rendición de cuentas de los humanos en la vida económica.
UNA MIRADA MÁS DE CERCA
La palabra “talento” en esta parábola tiene dos sentidos. Es una unidad monetaria: era la de mayor denominación en esa época. El académico de la Biblia, John R. Donovan, S.J., nos dice que un sólo talento era equivalente al salario de un trabajador ordinario durante 15 años. De forma que sabemos que la cantidad dada a cada siervo era considerable.
Interpretados con mayor amplitud, los talentos se refieren a varios dones que Dios nos ha dado para nuestro uso. Esta definición abraza a todos los regalos naturales, espirituales y materiales. Incluye a nuestras habilidades y recursos naturales -nuestra salud, educación- tanto como nuestras posesiones, dinero y oportunidades.
Una de las lecciones más sencillas derivadas de esta parábola, es que no es inmoral obtener ganancias a partir de nuestros recursos, buen juicio y trabajo. La alternativa a la ganancia es la pérdida y ciertamente la pérdida de riqueza, especialmente cuando se debe a la ausencia de iniciativa, no constituye una buena administración.
La parábola de San Mateo presupone un entendimiento local del manejo apropiado del dinero. Según la ley rabínica, al entierro se le consideraba como la mejor seguridad en contra del robo. Si una persona a quien se le había confiado dinero, la enterraba tan pronto como llegaba a su posesión, estaría libre de cualquier obligación si a aquél le sucedía algo. Lo opuesto era cierto para el dinero que estaba envuelto en una tela. En este caso, la persona era responsable de cubrir cualquier pérdida, debido al manejo inadecuado del depósito.
Aun así, en esta historia, el amo puso a su entendimiento patas arriba. Consideró que enterrar al talento -y por tanto salir tablas- constituía una pérdida, porque pensó que el capital debería ganar una tasa de rendimiento razonable. Desde este punto de vista, el tiempo es dinero (o interés).
La parábola también posee una lección crítica acerca de cómo usar nuestras capacidades y recursos dados por Dios. En el libro del Génesis, Dios le dio a Adán la Tierra con la cual mezclar su trabajo para su propio uso. En la parábola, de manera similar, el amo esperaba que sus siervos buscaran obtener una ganancia material. En vez de pasivamente preservar lo que les había dado, esperaba que ellos invirtieran el dinero. El amo estaba enojado ante la timidez del siervo que había recibido un único talento. Dios nos ordena usar nuestros talentos para fines productivos. La parábola enfatiza la necesidad de trabajar y de ser creativos, en oposición a la ociosidad. LA BÚSQUEDA DE LA SEGURIDAD
A través de la historia, la gente ha tratado de construir instituciones a fin de que brinden una seguridad perfecta, tal como lo hizo el siervo que fracasó. Tales esfuerzos van, desde los estados de bienestar greco-romanos, hasta el totalitarismo pleno del Soviet, así como a las comunas Luditas de los años de los sesentas. De tiempo en tiempo, estos esfuerzos han sido abrazados como soluciones Cristianas a inseguridades futuras. No obstante, en la Parábola de los Talentos, el coraje en vistas de un futuro desconocido le es reconocido al primer siervo, a quien se le había dado la mayor parte. Él había comerciado los cinco talentos y, al así hacerlo, adquirió cinco más. Habría sido más seguro para el sirviente invertir el dinero en el banco para recibir interés. Por su fe en su amo, a él le es permitido conservar aquello que se le había confiado y lo que ganó y es invitado a regocijarse con su amo.
Esto implica una obligación moral de confrontar la incertidumbre de una manera empresarial. Nadie hace esto mejor que el empresario. Mucho tiempo antes de saber si habrá un rendimiento en sus inversiones o ideas, él arriesga su tiempo y propiedad. Debe pagar salarios mucho antes de que tenga alguna idea de haber predicho exactamente los eventos futuros. Mira al futuro con coraje y sentido de oportunidad. Al crear nuevas empresas, abre alternativas para que los trabajadores escojan entre ganar un salario y desarrollar sus habilidades.
Entonces, ¿por qué los empresarios son a menudo castigados como pobres siervos de Dios? Muchos líderes religiosos hablan y actúan como si fuera inmoral el uso por el empresario de sus recursos y talentos naturales a fin de obtener una ganancia, noción que debería de dejarse de lado a la luz de la Parábola de los Talentos. El siervo ocioso habría evitado este destino funesto siendo más empresario. Si se hubiera esforzado para comerciar con el dinero de su señor y regresar con menos de un talento, no habría sido tratado tan duramente, pues él habría laborado en nombre de su dueño.
EMPRESARIEDAD Y CODICIA
La religión debería de empezar a reconocer a la empresariedad por lo que es –una vocación. La habilidad para tener éxito en los negocios, intercambio de acciones o invertir en la banca, constituye un talento. Tal como con otros dones, no deberá ser malgastado, sino usado plenamente a la gloria de Dios. Los críticos ligan al capitalismo con la codicia, no obstando que la naturaleza fundamental de la vocación empresarial está enfocada en la necesidad de los clientes. Para tener éxito, el empresario debe servir a otros.
La codicia es un peligroso espiritual que nos amenaza a todos, independientemente de nuestra riqueza o vocación. El término tiene un elemento proporcional, significando que hay un deseo excesivo o insaciable de la ganancia material, a pesar del estatus financiero. Este deseo es excesivo cuando, en las profundidades del ser de una persona, se sobrepasan los intereses morales y espirituales. Esta parábola hace bien claro que la riqueza como tal no es injusta –dado que el primer siervo recibió más que el segundo y que el tercero. Y, cuando lograr una ganancia es el objetivo del talento empresarial, no es codicia. Es el uso apropiado del don.
Además de condenar a las ganancias, los líderes religiosos a menudo favorecen una nivelación social y una redistribución del ingreso. El cuidado universal de la salud, un gasto mayor en el bienestar social e impuestos más altos sobre los ricos, todos, son promovidos en nombre de la ética Cristiana. El objetivo último de tales constructos es la igualdad, como si todas las desigualdades que existen entre las personas son de alguna manera inherentemente injustas. No obstante, eso no es lo que Jesús nos dice en la Parábola de los Talentos. El amo confió en cada uno de sus siervos, de acuerdo con la habilidad de cada uno de ellos. Uno recibió cinco, en tanto que el otro, sólo uno. Aquel que recibió lo menos, no recibe simpatía de parte de su dueño por su carencia de recursos, en comparación con lo que les fue dado a sus colegas.
Podemos inferir de esta parábola, que la nivelación del dinero o la reasignación de recursos no es un interés moral apropiado. Los talentos y materias primas de los individuos, que cada uno de nosotros posee, no son inherentemente injustos; siempre habrá desigualdades incontroladas entre las personas. Un sistema moral es uno que reconoce esto y que permite que cada persona use sus talentos a plenitud. Todos tenemos la responsabilidad de emplear las facultades con las cuales se nos ha dotado.
También podemos aplicar la lección de esta parábola a la política social de nuestro país. En nuestro sistema vigente, el esfuerzo de los trabajadores es gravado para brindar apoyo a muchos que no trabajan. A menudo escuchamos que “no hay trabajos” para muchos de nuestros pobres. Sin embargo, siempre hay trabajo por hacer. Un hombre con dos manos que laboran puede encontrar empleo por un dólar la hora. Él toma una decisión de no trabajar. Es más, nuestro sistema de bienestar desestimula al trabajo. Creó un incentivo perverso para formar parte de la red de bienestar, a menos que surja un empleo que le pague al menos tanto como la ayuda gubernamental. Dios le ordena a toda la gente que use los talentos que se les han dado, a pesar de que, en nombre de la caridad, nuestro sistema de bienestar estimula a las personas para que dejen atrofiar sus habilidades naturales o que del todo se mantengan alejados de descubrir sus talentos.
Así, estimulamos al pecado. La Parábola de los Talentos implica que la inactividad -o el desperdicio del talento empresarial- incita la ira de Dios. Después de todo, el siervo humilde no ha desperdiciado el dinero de su señor; tan sólo lo escondió en la tierra, algo que era permisible según la ley rabínica. La rapidez de la reacción del amo es sorprendente. Lo llama “malo y perezoso” y lo proscribe por siempre. Aparentemente no es tan sólo la pereza la que provoca tal ira sobre su cabeza. Tampoco ha mostrado contrición y le ha echado la culpa a su amo por su timidez. Su excusa para no invertir el dinero es que él veía a su amo como un hombre duro y exigente, aun cuando se le habían dado recursos generosos El académico de la Biblia, John Meir, comenta que, “por temor a fracasar, ha rehusado incluso a tratar de tener éxito.”
Esta parábola también nos dice algo acerca de la macroeconomía. El amo se fue de viaje dejando tras sí un total de ocho talentos; al regreso, se habían convertido en quince. La parábola no es la historia de un juego de suma cero. La ganancia de una persona no es a expensas de otra. El negocio exitoso del primer siervo no afecta los prospectos del tercer siervo. Eso es así en la economía de hoy. A diferencia de lo mucho que a menudo se predica desde el púlpito, el éxito del rico no surge a expensas del pobre.
Si al hacerse rico el más exitoso de los sirvientes habría dañado a los otros, el dueño no lo habría alabado. Un uso sabio de los recursos en la inversión y de ahorrar ganando intereses, no sólo es correcto desde el punto de vista individual; también de la misma forma ayuda a otros en la economía. Una marea creciente levanta a todos los botes, solía decir John Kennedy. Similarmente, la riqueza del mundo desarrollado no recae sobre las espaldas de las naciones en desarrollo. La Parábola de los Talentos implica una economía libre y abierta.
A menudo, cristianos orientados hacia la izquierda citarán las palabras de Jesús: “Que difícil es entrar al Reino de Dios. Es más fácil pasar un camello por el ojo de una aguja, que entrar un rico en el Reino de Dios.” Sus discípulos se quedaron atónitos ante esto y se preguntaron, entonces, quién podría ser salvado. Jesús respondió a sus temores: “Para los hombres esto es imposible; más para Dios todo es posible.” Esto no significa que nuestro éxito material nos mantendrá alejados del cielo, pero ello implica, a la vez, la necesidad de ordenar nuestras vidas apropiadamente, antes que todas nuestras preocupaciones materiales. Nuestra preocupación por Dios debe venir justamente tal como los siervos pensaron acerca del interés de su dueño, al buscar obtener ganancias. Permanece siendo cierto que, a pesar de todos nuestros bienes y escrituras mundanas, descansamos plenamente en Dios para lograr la salvación.
Pero, para la conducción de las cosas de la economía, descansamos fuertemente en el empresariado, la inversión, la asunción de riesgos y la expansión de la riqueza y la prosperidad. Debemos de dale un ojo crítico a la forma en que la cultura trata a la empresa. Las revistas de negocios todo el tiempo tienen historias de negocios exitosos. El héroe es, a menudo, el empresario quien mira hacia el futuro, con coraje y alegría, quien en mucho es como el sirviente capaz, al que se le dan cinco talentos. No obstante, al mismo tiempo, la fe religiosa popular continúa ensalzando y promoviendo un comportamiento endémico del siervo ocioso, que fuera apartado por el amo.
La Cristiandad es a menudo culpada por los proyectos socialistas fracasados en todo el mundo. Y, en muchos casos, cristianos equivocados se han involucrado en edificar constructos socialistas. La lección de la Parábola de los Talentos necesita ser mejor entendida. El sueño socialista no es uno moral. Simplemente institucionaliza al comportamiento réprobo del siervo menor. En donde Dios ordena acción creativa, el socialismo estimula la ociosidad. En donde Él demanda fe y esperanza en el futuro, el socialismo promete una forma vulgar de seguridad. Cuando la Parábola de los Talentos implica la moralidad de la libertad de comerciar, invertir y obtener ganancias, el socialismo la niega.
Toda la gente de fe necesita trabajar para cerrar el abismo que existe entre la religión y el entendimiento económico. La parábola de Jesús es un buen lugar para empezar a incorporar la moralidad de la empresa y del libre mercado dentro de la ética Cristiana.
https://misesreport.com/la-parabola-de-los-talentos-la-biblia-y-los-empresarios/ |
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salt lake city=alchemy (salt)=dollar=$= LOT S WIFE (SODOMA AND GOMORRA)
Cathedral of the Madeleine
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The Cathedral of the Madeleine is a Roman Catholic church in Salt Lake City, Utah, United States. It was completed in 1909 and currently serves as the cathedral, or mother church, of the Diocese of Salt Lake City. It is the only cathedral in the U.S. under the patronage of St. Mary Magdalene.
Description[edit]
The cathedral was built under the direction of Lawrence Scanlan, the first bishop of Salt Lake City, who dedicated it to St. Mary Magdalene.[2] It was designed by architects Carl M. Neuhausen and Bernard O. Mecklenburg. The exterior is predominantly a Neo-Romanesque design, while the inside displays more Neo-Gothic details. Construction began in 1900 and was completed in 1909. It was dedicated by James Cardinal Gibbons, Archbishop of Baltimore.
It is theorized that Bishop Scanlan chose Mary Magdalene as the patron saint of the Diocese of Salt Lake because her feast day is on July 22, two days before Pioneer Day, a celebration commemorating the arrival of the Mormon pioneers in Salt Lake Valley, so that Catholics would have something to celebrate alongside the region's dominant faith.[3]
The interior of the cathedral was created under the direction of Joseph S. Glass, the second bishop of Salt Lake. Bishop Glass enlisted John Theodore Comes, one of the preeminent architects in the country, to decorate the interior of the cathedral. His plans for the interior were largely based upon the Spanish Gothic style. The colorful murals and polychrome were added at this time, as were the ornate shrines. In 1916, Bishop Glass also changed the name of the cathedral to the French spelling after visiting her purported tomb.[2]
In the 1970s, the exterior of the building was restored, and between 1991 and 1993, the interior of the cathedral was renovated and restored under Bishop William K. Weigand. This included not only the removal of dust and dirt and restoration of the interior but also changes to the liturgical elements of the cathedral to bring them into conformity with certain widespread changes in liturgical practice that developed after the Second Vatican Council.
This included constructing a new altar, moving the cathedra, creating a separate chapel for the Blessed Sacrament, and adding an ample baptismal font. The Blessed Sacrament Chapel also contains the tomb of Bishop Scanlan.[4] Resting atop the tomb is a case containing a small relic of Saint Mary Magdalene. The cathedral in Salt Lake City and the Basilica of Saint-Maximin-la-Sainte-Baume in France are the only cathedrals in the world holding first-class relics of the saint and are named in her honor.[5] The major restoration of the interior of the cathedral was accomplished through the vision of Monsignor M. Francis Mannion.[6]
The cathedral is home to the only co-educational Catholic Choir School in the United States. The Madeleine Choir School, established in 1996, now serves over 400 students in Pre-Kindergarten through Grade Eight.[7] The Cathedral Choir has recorded several CDs and routinely tours both nationally and internationally. In addition to singing daily services at the Cathedral of the Madeleine, choristers have sung at St. Peter's Basilica (Vatican City), Notre Dame de Paris (France), and in churches across the United States of America, Spain, Italy, France, Belgium, and Germany, among other places.[8]
Composer Amédée Tremblay notably served as the church's organist from 1920 to 1925.[9]
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Cathedral of the Madeleine, looking east
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Interior of the cathedral
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Jordan River (Utah)
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The Jordan River, in the state of Utah, United States, is a river about 51 miles (82 km) long. Regulated by pumps at its headwaters at Utah Lake, it flows northward through the Salt Lake Valley and empties into the Great Salt Lake. Four of Utah's six largest cities border the river: Salt Lake City, West Valley City, West Jordan, and Sandy. More than a million people live in the Jordan Subbasin, part of the Jordan River watershed that lies within Salt Lake and Utah counties. During the Pleistocene, the area was part of Lake Bonneville.
Members of the Desert Archaic Culture were the earliest known inhabitants of the region; an archaeological site found along the river dates back 3,000 years. Mormon pioneers led by Brigham Young were the first European American settlers, arriving in July 1847 and establishing farms and settlements along the river and its tributaries. The growing population, needing water for drinking, irrigation, and industrial use in an arid climate, dug ditches and canals, built dams, and installed pumps to create a highly regulated river.
Although the Jordan was originally a cold-water fishery with 13 native species, including Bonneville cutthroat trout, it has become a warm-water fishery where the common carp is most abundant. It was heavily polluted for many years by raw sewage, agricultural runoff, and mining wastes. In the 1960s, sewage treatment removed many pollutants. In the 21st century, pollution is further limited by the Clean Water Act, and, in some cases, the Superfund program. Once the home of bighorn sheep and beaver, the contemporary river is frequented by raccoons, red foxes, and domestic pets. It is an important avian resource, as are the Great Salt Lake and Utah Lake, visited by more than 200 bird species.
Big Cottonwood, Little Cottonwood, Red Butte, Mill, Parley's, and City creeks, as well as smaller streams like Willow Creek at Draper, Utah, flow through the sub-basin. The Jordan River Parkway along the river includes natural areas, botanical gardens, golf courses, and a 40-mile (64 km) bicycle and pedestrian trail, completed in 2017.[6]
The Jordan River is Utah Lake's only outflow. It originates at the northern end of the lake between the cities of Lehi and Saratoga Springs. It then meanders north through the north end of Utah Valley for approximately 8 miles (13 km) until it passes through a gorge in the Traverse Mountains, known as the Jordan Narrows. The Utah National Guard base at Camp Williams lies on the western side of the river through much of the Jordan Narrows.[7][8] The Turner Dam, located 41.8 miles (67.3 km) from the river's mouth (or at river mile 41.8) and within the boundaries of the Jordan Narrows, is the first of two dams of the Jordan River. Turner Dam diverts the water to the right or easterly into the East Jordan Canal and to the left or westerly toward the Utah and Salt Lake Canal. Two pumping stations situated next to Turner Dam divert water to the west into the Provo Reservoir Canal, Utah Lake Distribution Canal, and Jacob-Welby Canal. The Provo Reservoir Canal runs north through Salt Lake County, Jacob-Welby runs south through Utah County. The Utah Lake Distribution Canal runs both north and south, eventually leading back into Utah Lake.[9] Outside the narrows, the river reaches the second dam, known as Joint Dam, which is 39.9 miles (64.2 km) from the river's mouth. Joint Dam diverts water to the east for the Jordan and Salt Lake City Canal and to the west for the South Jordan Canal.[10][11][12]
Map of the Salt Lake Valley
The river then flows through the middle of the Salt Lake Valley, initially moving through the city of Bluffdale and then forming the border between the cities of Riverton and Draper.[7] The river then enters the city of South Jordan where it merges with Midas Creek from the west. Upon leaving South Jordan, the river forms the border between the cities of West Jordan on the west and Sandy and Midvale on the east. From the west, Bingham Creek enters West Jordan. Dry Creek, an eastern tributary, combines with the main river in Sandy. The river then forms the border between the cities of Taylorsville and West Valley City on the west and Murray and South Salt Lake on the east. The river flows underneath Interstate 215 in Murray. Little and Big Cottonwood Creeks enter from the east in Murray, 21.7 miles (34.9 km) and 20.6 miles (33.2 km) from the mouth respectively. Mill Creek enters on the east in South Salt Lake, 17.3 miles (27.8 km) from the mouth. The river runs through the middle of Salt Lake City, where the river travels underneath Interstate 80 a mile west of downtown Salt Lake City and again underneath Interstate 215 in the northern portion of Salt Lake City. Interstate 15 parallels the river's eastern flank throughout Salt Lake County. At 16 miles (26 km) from the mouth, the river enters the Surplus Canal channel. The Jordan River physically diverts from the Surplus Canal through four gates and heads north with the Surplus Canal heading northwest. Parley's, Emigration, and Red Butte Creeks converge from the east through an underground pipe, 14.2 miles (22.9 km) from the mouth.[7] City Creek also enters via an underground pipe, 11.5 miles (18.5 km) from the river's mouth. The length of the river and the elevation of its mouth varies year to year depending on the fluctuations of the Great Salt Lake caused by weather conditions. The lake has an average elevation of 4,200 feet (1,300 m) which can deviate by 10 feet (3.0 m).[3] The Jordan River then continues for 9 to 12 miles (14 to 19 km) with Salt Lake County on the west and North Salt Lake and Davis County on the east until it empties into the Great Salt Lake.[7][8][11]
Discharge[edit]
The United States Geological Survey maintains a stream gauge in Salt Lake City that shows annual runoff from the period 1980–2003 is just over 150,000 acre-feet (190,000,000 m3) per year or 100 percent of the total 800,000 acre-feet (990,000,000 m3) of water entering the Jordan River from all sources. The Surplus Canal carries almost 60 percent of the water into the Great Salt Lake, with various irrigation canals responsible for the rest. The amount of water entering the Jordan River from Utah Lake is just over 400,000 acre-feet (490,000,000 m3) per year. Inflow from the 11 largest streams feeding the Jordan River, sewage treatment plants, and groundwater each account for approximately 15 percent of water entering the river.[13]
Watershed[edit]
Map of the entire Jordan River Basin
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